Il Collettivo studentesco universitario ‘LettereInMovimento’ della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia aveva già espresso tutto il proprio disappunto e disapprovazione rispetto al grave episodio razzista che aveva colpito la donna ivoriana andata a partorire all’Ospedale Fatebenefratelli di Napoli. Sospettata di essere clandestina, era stata denunciata dal presidio sanitario. Il Collettivo ‘LettereInMovimento’ continua la sua lotta in difesa dell’essere umano in quanto tale.

Visto il crescente clima di intolleranza e paura del diverso che si sta sviluppando in Italia, il Collettivo LettereInMovimento si è fatto promotore di un incontro tra l’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Modena e la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia al quale hanno aderito i docenti Augusto Carli, Antonello La Vergata e Andrea Panaccione, tutti docenti dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, il Presidente dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Modena dott. Nicolino D’Autilia ed il Segretario della Federazione Italiana Medici Pediatri dott. ssa Maria Grazia Catellani.
All’ordine del giorno è stata la presentazione ed analisi del “Manifesto contro il razzismo e la xenofobia”, approvato dal Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo modenese reggiano, teso alla riaffermazione dei diritti degli individui in quanto esseri umani.

Nel corso dell’incontro sono stati presentati alcuni princìpi generali nonché gli obiettivi che i soggetti firmatari del Manifesto desiderano raggiungere.
Il prof. Augusto Carli, docente all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, ha inoltre illustrato il senso e il significato di alcune importanti affermazioni espresse dal Commissario ai Diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa, in occasione della sua recente visita in Italia (14 aprile 2009), dalle quali si evince una chiara valutazione negativa della situazione italiana, sia in riferimento al clima generalizzato di intolleranza verso la diversità che per la inaccettabilità delle condizioni di vita vigenti in molti campi Rom/Sinti.

Sono dieci i punti cardine sui quali si sviluppa il “Manifesto contro il razzismo e la xenofobia”:
1. Il rispetto della persona e la disponibilità al dialogo vanno garantiti a tutti i soggetti migranti presenti sul territorio italiano, indipendentemente dal loro status civile e politico (migranti, rifugiati politici, asilanti, sans papiers o altro) e dal possesso o meno della cittadinanza italiana. I soggetti vanno anzitutto considerati come cittadini del mondo.
2. Va usata una oculata pianificazione linguistica nel denominare, descrivere e riferire fatti e persone in cui sono coinvolti soggetti migranti. Si denuncia e si rifiuta l’uso e l’abuso della parola “straniero”, offensiva e inadeguata per intendere con un unico termine di derivazione fascista un’ampia tipologia di soggetti che non hanno l’italiano come lingua materna. Si propone una dizione più aderente alla realtà come quella di “Migrante”.
3. Va diffuso e incrementato il valore della diversità linguistica e culturale e il suo pianificato intervento formativo per il raggiungimento di una sviluppata competenza interculturale cui dovrebbe essere educata tutta la popolazione autoctona.
4. Va sollecitata la diffusione della “Carta di Roma” come codice etico contro la xenofobia e il razzismo. Ad essa dovrebbero attenersi tutti gli organi e le istituzioni preposti sia alla diffusione dell’informazione (giornali e diffusori massmediatici) che alla formazione dei cittadini. Va ugualmente promossa la diffusione e la discussione della recente Decisione quadro dei ministri della Giustizia della UE, che colpisce “coloro che incitano pubblicamente e intenzionalmente alla violenza e all’odio … contro un gruppo di persone o un membro di tale gruppo definito in base alla razza, al colore, alla religione, discendenza, origini nazionali o etniche”, ricordando che i governi nazionali sono tenuti a recepire entro due anni tale Decisione nei rispettivi ordinamenti.
5. Va favorito e pubblicizzato il contatto con le istituzioni che si occupano statutariamente dei soggetti migranti, soprattutto con il “Forum Sociale Europeo delle Migrazioni”. Ciò per progettare e coordinare campagne a tutto raggio in favore dei diritti dei migranti e contro le politiche repressive e securitarie.
6. Va sollecitata la denuncia pubblica di tutte quelle campagne di criminalizzazione dello “straniero” che, ostacolando lo sviluppo della competenza interculturale, vanno invece a costruire la “sindrome dell’invasione” come risultato di una irrazionale immagine negativa dei migranti.
7. Vanno documentati gli episodi di razzismo e di xenofobia e vanno segnalate e appoggiate le più significative forme di contrasto e di denuncia di tali episodi, allo scopo di superare atteggiamenti non solo di complicità, ma anche di indifferenza e di acquiescenza.
8. Va promossa e approfondita – nella normale attività didattica e attraverso specifiche iniziative culturali concordate con gli studenti – la comprensione delle radici del razzismo nella storia del nostro paese: dalle “imprese” coloniali alle leggi del 1938, dall’affermarsi di personalità e indirizzi razzistici nelle varie scienze e discipline (eugenetica, demografia, antropologia, storia romana, storia coloniale, ecc.) ai progetti ideologici di creazione dell’uomo nuovo o di trasformazione guerriera del carattere degli italiani. La profondità di tali radici significa anche la possibilità di persistenza e di riadattamento a nuove situazioni e dimostra l’inconsistenza e soprattutto la pericolosità del mito e delle rappresentazioni del “bravo italiano”.
9. Va ricordato che la “costruzione” del migrante come “nemico” diventa funzionale a nascondere la questione politica della sicurezza, della coesione e della giustizia sociale per tutta la popolazione.
10. Va infine tenuto presente che il razzismo e la xenofobia non sono futili e casuali esternazioni individuali, bensì segni di un profondo e pervasivo degrado sociale. Restare in silenzio significa contribuire a legittimare e a sviluppare gravi forme di intolleranza collettiva.