Il 25 per cento del fabbisogno del Piano provinciale delle attività estrattive sarà “congelato” per tre anni in attesa di verificare gli effetti della crisi sull’edilizia. Lo ha deciso la giunta della Provincia di Modena, su proposta del presidente Emilio Sabattini, approvando il provvedimento con il quale si risponde alle osservazioni presentate da cittadini, imprese e forze politiche, così come alle riserve formulate dalla Regione.
Tra le novità anche l’accoglimento di un’osservazione del Comune di Castelfranco per la riduzione di un milione di metri cubi del prelievo nell’area di Piumazzo e l’introduzione di norme più vincolanti per i ripristini con almeno il 50 per cento dei terreni che dovranno essere rinaturalizzati, con una quota del 20 per cento riservata a bosco di pianura. Verrà istituito, inoltre, un tavolo di garanzia con la partecipazione di rappresentanti dei comitati.
«Per il Piano adottato in giugno dal Consiglio provinciale – spiega il presidente Sabattini – si tratta di una conferma dell’impostazione e delle tutele già previste, a cominciare dal vincolo delle profondità massime (tra i 10 e i 15 metri), e di un miglioramento con il quale si tiene conto della mutata situazione economica non rinunciando, però, a scommettere sul futuro e sulla ripresa e quindi sulla realizzazione delle infrastrutture indispensabili per lo sviluppo. Insieme ai Comuni – aggiunge Sabattini – verranno definiti anche strumenti per la riduzione al minimo dei disagi provocati dai mezzi pesanti».
Il Piano adottato in giugno ha valore anche come Piano comunale per i 18 Comuni che hanno sottoscritto l’Intesa con la Provincia, tra cui Modena, Castelfranco, San Cesario, Sassuolo e Spilamberto dove sono presenti i poli estrattivi principali. In questi giorni i Consigli comunali saranno chiamati ad approvare l’Intesa e, quindi, il Consiglio provinciale approverà definitivamente il Piano. In seguito, i Comuni dovranno approvare l’Intesa con le singole imprese e il Piano di coltivazione delle cave.
Il meccanismo del “congelamento” del fabbisogno riguarda gli inerti (il 25 per cento corrisponde a cinque milioni e 58 mila metri cubi di ghiaie e tre milioni e 450 mila di argille) e prevede che i Comuni non potranno autorizzare più del 75 per cento dei volumi disponibili nei singoli poli estrattivi. «Fra tre anni – spiega Alberto Caldana, assessore provinciale all’Ambiente – si torneranno a verificare i fabbisogni: se saranno confermati potranno essere “scongelati” due anni dopo, in caso contrario si procederà con la variante».
Il Piano provinciale, sulla base delle previsioni dello sviluppo economico e demografico dei prossimi anni, individua un fabbisogno stimato massimo di inerti di oltre 23 milioni di metri cubi per l’edilizia e circa 27 per le infrastrutture tra cui spiccano la costruzione dell’autostrada Cispadana, la bretella Campogalliano -Sassuolo e la terza corsia dell’A22 Abetone Brennero nel territorio modenese.
«Tra le caratteristiche del Piano che vengono confermate – aggiunge Caldana – c’è il principio dell’autosufficienza; la previsione di nessun nuovo polo estrattivo di ghiaie, che saranno sostituite da materiali alternativi; la qualificazione delle aree vicino ai fiumi attraverso lo spostamento di gran parte dei frantoi; il recupero ambientale delle cave dismesse e il loro riutilizzo, anche per aumentare la capacità delle casse di espansione dei fiumi; l’aumento delle tutele ambientali con una attenzione particolare alla riqualificazione delle aste fluviali di Secchia e Panaro e della montagna con una completa razionalizzazione delle attività estrattive, concentrando i poli e dimezzando le aree dove in passato era possibile scavare».
Rispetto ai ripristini, inoltre, con l’uso naturalistico di almeno il 50 per cento delle aree «viene introdotta una maggiore qualità degli interventi – sottolinea Caldana – e la verifica riguarderà anche gli impegni assunti dalle imprese. E per imporre il ripristino abbiamo mantenuto nel Piano anche zone dove le escavazioni sono terminate: se fossero state escluse, non avremmo gli strumenti per poterlo fare. In accordo con i Comuni, invece, potenzieremo i controlli anche utilizzando nuove tecnologie».
Previsti 28 poli estrattivi in 20 Comuni
I poli estrattivi di interesse provinciale previsti dal Piano sono in tutto 28 sparsi in una ventina di comuni. A questi si aggiungono 19 ambiti estrattivi comunali di ridotte dimensioni e 31 ambiti comunali non perimetrati, anche questi di modeste dimensioni, che hanno una valenza esclusivamente locale.
I poli principali si trovano nei comuni di Modena, Castelfranco Emilia, San Cesario, Savignano, più quattro nuovi poli di argilla nei comuni di Mirandola, Finale Emilia e San Felice sul Panaro previsti in vista dei lavori della Cispadana.
Come spiega Alberto Caldana, assessore provinciale all’Ambiente, «si tratta in parte di poli già esistenti dai quali estrarre materiali sulla base dei fabbisogni stimati e programmati che però potrebbero ridursi nel tempo. Non è detto insomma che tutti i poli previsti funzioneranno a pieno regime, mentre di certo una decina chiuderanno per esaurimento. Inoltre, le profondità fino a cui sarà possibile scavare restano inferiori rispetto a quelle previste dalle altre Province della regione non superando mai i 15 metri e, comunque, sempre con un margine di due metri dal livello di falda».
In base al percorso di razionalizzazione previsto dal Piano, tra i poli per cui è prevista la chiusura spiccano il polo 7 di tra Modena e San Cesario che sarà rinaturalizzato e diventerà parte del sistema delle casse di espansione del Panaro e il polo di limi sabbiosi ai Prati di San Clemente a Modena che una volta chiuso diventerà parte della nuova cassa di espansione del Naviglio. Chiuderanno anche alcuni poli a Sassuolo (via Ancora) e a Campogalliano grazie al potenziamento delle attività nel polo di Marzaglia.
Una volta terminate le operazioni, le imprese hanno l’obbligo di finanziare il recupero dal punto di vista ambientale le aree interessate dalle escavazioni.