Per circa quattro anni una donna è stata vittima di gravi maltrattamenti da parte del compagno, che la sottoponeva a continui atti di violenza fisica e psicologica, anche durante la gravidanza e in presenza della figlia minore. Le vessazioni erano quotidiane: insulti, minacce, aggressioni con pugni, schiaffi e calci. In più occasioni, approfittando di un momento in cui la donna dormiva, l’uomo avrebbe anche abusato sessualmente di lei.
L’episodio più grave si è verificato alla fine di gennaio di quest’anno quando l’uomo, con la complicità della madre, avrebbe strattonato la compagna tirandole con forza i capelli fino a farla cadere a terra, per poi colpirla ripetutamente con pugni e calci. L’aggressione le ha provocato lesioni giudicate guaribili in sette giorni. Dopo questa violenta aggressione l’uomo, con la complicità dei propri genitori, avrebbe privato la compagna della libertà personale, rinchiudendola a chiave, insieme alla figlia minore, in una camera da letto per circa due giorni. Durante questo periodo, alle due sarebbe stato negato il cibo, concessa soltanto acqua, e veniva loro consentito di uscire dalla stanza esclusivamente per espletare i bisogni fisiologici. Solo grazie a un momento di distrazione dei presenti, la donna e la bambina sono riuscite a fuggire e a lanciare l’allarme chiamando il 112.
Gravi presunte condotte delittuose quelle compiute da un 37enne abitante a Correggio per le quali i carabinieri della locale stazione, a cui la vittima ha raccontato gli episodi maltrattanti, al termine delle indagini lo hanno denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e sequestro di persona. Per i fatti di fine gennaio sono coinvolti anche i suoi genitori: la madre 60enne è chiamata a rispondere in concorso dei reati di lesioni personali e sequestro di persona, mentre al padre, 70enne, viene contestato il sequestro di persona.
La Procura reggiana, condividendo con le risultanze investigative dei carabinieri della stazione di Correggio, chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Reggio Emilia la misura cautelare non custodiale del divieto di espatrio con il ritiro del passaporto, del divieto di avvicinamento alle vittime, peraltro collocate in struttura protetta, applicandogli il dispositivo di controllo a distanza e prescrivendogli di non avvicinarsi a meno di 1.000 metri dalle vittime e di non comunicare con loro in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo.