Pur avendo confermato la legittimità del Payback per i dispositivi sanitari, la Corte Costituzionale ha comunque riconosciuto l’eccessiva gravosità del provvedimento, intervenendo per ridurre le somme dovute per gli anni 2015-2018 di circa la metà rispetto a quanto originariamente previsto.
Una decisione che non soddisfa le associazioni di riferimento delle imprese del biomedicale – CNA, Confindustria Emilia Area Centro e Lapam Confartigianato – che hanno recentemente presentato emendamenti alla legge di bilancio, con l’obiettivo di abolire questo provvedimento, ritenuto iniquo ed ingiustificato sotto un profilo sia commerciale che legale.
«La politica – affermano le tre associazioni – rifiutandosi di intervenire su questo punto, si prenderebbe una precisa responsabilità: quella di mettere a rischio la sopravvivenza di un sistema produttivo che contribuisce per quasi il 2% al PIL nazionale e la capacità di approvvigionamento del Sistema Sanitario; spingendo le imprese a fornire maggiormente il sistema sanitario privato, dove il payback non si applica. Il tutto a scapito dell’offerta qualitativa del sistema sanitario pubblico. Per questi motivi riteniamo che le nostre richieste rispondano a logiche tutt’altro che corporativistiche, ma legate solamente al buon senso e all’equità. Va da sé che i pericoli maggiori li corra la filiera del nostro territorio, la più importante del Paese».