Una severa analisi sulla sanità locale e nazionale e sulla cosiddetta “povertà sanitaria” che, anche a Reggio, avanza. È quella della Cisl Emilia Centrale condotta anche grazie ad un osservatorio sui tempi d’attesa insieme coi pensionati della Fnp. Si registrano attese sino a due anni per interventi programmati e liste bloccate.
“Per le prestazioni sanitarie ci attese che riteniamo ormai inaccettabili – spiega Rosamaria Papaleo, segretaria generale Cisl Emilia Centrale –. Riceviamo continue segnalazioni di persone che non riescono a prendere appuntamenti per le visite o prestazioni specialistiche, perché le agende sono bloccate in quanto piene. Registriamo maggiori segnalazioni di criticità dai cittadini per oculistica, dermatologia, endocrinologia nonostante i dati ufficiali della regione indichino, a giugno, una risposta positiva rispettivamente del 97%, 95% e 78% alle richieste di appuntamenti. Probabilmente i dati regionali colgono solo una parte della realtà: trovando le agende bloccate molte persone rinunciano così a curarsi e quindi non figurano nelle statistiche oppure ricorrono al privato con aggravio di costi per le famiglie”.
Un dato drammatico e semplice, che rispecchia i tagli effettuati alla Sanità nei decenni passati. Questo fenomeno si abbatte soprattutto a danno dei più poveri (aumentati a Reggio del 30% dopo la pandemia), degli anziani (in provincia gli over 60 sono il 28% della popolazione; ma gli over 50 che hanno bisogno dei principali screening sono ben il 43% dei 530 mila abitanti della provincia) e di chi ha patologie significative: drammatico l’anno della pandemia quando a Reggio Emilia si diagnosticarono 700 nuove diagnosi di tumori per i mancati accessi al sistema sanitario.
Se poi il tema, come denunciato dal direttore dall’Ausl reggiana, è l’eccessivo “consumo” di prestazioni sanitarie cosiddette improprie, perché senza sintomi, “noi crediamo – prosegue Papaleo – che non si debba colpevolizzare il cittadino. Chi ha paura è normale che sia indotto a rivolgersi alle strutture pubbliche che ritiene in grado di dargli una risposta. Il problema è farsi carico di questa paura e indirizzarla verso le giuste risposte”.
Da qui il focus sulla Sanità locale e nazionale messo in campo dalla Cisl Emilia Centrale insieme alle categorie del pubblico impiego, la Fp, e dei pensionati, Fnp, che si terrà giovedì 22 luglio alle ore 17, presso l’Aula Magna dell’Università di Modena e Reggio, dal titolo “Il Sistema sanitario nazionale un patrimonio di tutti da tutelare e potenziare”. Intervengono autorità ed esperti del settore: il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, l’ex ministra e deputata Beatrice Lorenzin, l’assessore alle Politiche per la salute della Regione Emilia Romagna, Raffaele Donini, introdotti dai saluti di Filippo Pieri, segretario generale Cisl Emilia Romagna e dall’intervento della stessa Rosamaria Papaleo che aggiunge: “La Sanità italiana non sia un luogo di scontro politico. Noi proponiamo un grande patto per la Sanità pubblica universalistica tra tutti i soggetti interessati, è assurdo il taglio del fondo sanitario, previsto dal Def, che passerà dal 6,9% sul Pil del 2022 al 6,2% previsto per il 2025-26 (meno 13 miliardi)”.
Cartabellotta (Gimbe): “Spese sanitarie, difficoltà per 600.000 famiglie”
Parole che trovano conferma nell’analisi di Nino Cartabellotta della fondazione Gimbe: “Il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è stato gravemente colpito dall’emergenza Covid-19, è precipitata una situazione già precaria a causa del consistente definanziamento (circa 37 miliardi di euro) subìto nel decennio 2010-2019. Gli investimenti sono stati completamente assorbiti dall’emergenza e sono emersi nuovi bisogni di salute come il long-Covid e la salute mentale. Il personale sanitario è demotivato e ci sono gravi diseguaglianze di accesso alle cure”.
Spesa sanitaria: “su questo fronte nel 2021 si sono spesi 168 miliardi di euro, di cui quasi il 22% a carico delle famiglie: ogni nucleo familiare dedica quasi il 6% del budget a questo capitolo. E nel 2020, la spesa privata per le famiglie è aumentata, causando difficoltà finanziarie per oltre 600mila famiglie. Le persone sono costrette a rivolgersi al privato o a fronteggiare lunghi tempi di attesa nelle strutture pubbliche sino a rinunciare alle prestazioni come è accaduto per l’11,1% dei cittadini nel 2021”.
Per la Cisl è ora “necessario rafforzare e rendere visibili ai cittadini tutte quelle strutture di medicina territoriale, case della comunità, servizi di medicina generale che possano dare una prima risposta assistenziale a necessità non gravi od urgenti. Quindi uno sforzo senza precedenti sulla attrattività verso le professioni sanitarie dal punto di vista economico, delle condizioni di lavoro, della disponibilità di case in affitto a buon mercato”.