Sono 38 i pazienti con tampone positivo ricoverati in Azienda Ospedaliero – Universitaria, sei dei quali in terapia intensiva, tutti al Policlinico. Tra questi, 28 pazienti sono ricoverati per le conseguenze del Covid-19, mentre i restanti 10 sono assistiti per altre patologie, con riscontro occasionale di tampone positivo. Attualmente il 74% degli assistiti per COVID-19 presso l’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena non è vaccinato.
L’età media dei pazienti con ciclo vaccinale completo è più elevata rispetto a quelli non vaccinati: 77,2 anni contro i 53,4. Se si considera il totale dei pazienti ricoverati per COVID dal 20 di luglio, si ha la conferma del dato precedente: dei 44 pazienti, l’età media è pari a 50,2 anni nei non vaccinati e 74,1 nei vaccinati: conseguentemente, questi ultimi per la loro fragilità si presentavano con una situazione di risposta immunitaria relativamente debole. Ciò ha determinato un aumento del rischio di accesso in Terapia Intensiva, dove infatti nello stesso periodo sono stati ricoverati tre pazienti con età media pari a 77,6 anni. La media è invece di 54 anni per i pazienti non vaccinati.
“Questo dato – spiega il Direttore Generale dell’AOU di Modena dottor Claudio Vagnini – da un lato deve farci comprendere che non siamo ancora fuori dal guado e che è necessario continuare a prestare attenzione. In un contesto in cui la variante Delta è ormai maggioritaria e si diffonde con una contagiosità superiore alle altre varianti, i vaccini stanno dimostrando la loro efficacia nel mantenere basso il numero dei ricoveri. I pazienti più gravi che abbiamo ricoverato sono soprattutto fragili o anziani e anche in questo caso il ruolo dei vaccini nel ridurre i rischi è decisivo. Il messaggio che mi sento di dare, quindi, è che il vaccino funziona ma che dobbiamo essere uniti per proteggere le categorie più fragili che, pur vaccinate, rimangono le più suscettibili al virus. Vacciniamoci, quindi, per proteggere gli altri oltre a noi stessi. Le autocertificazioni, il Green Pass, l’uso della mascherina, il distanziamento: sono tutte precauzioni che sostengono l’azione dei vaccini nel ridurre la circolazione del virus, soprattutto a tutela dei più fragili. Solo con l’azione combinata dei vaccini e dei comportamenti potremo convivere con questo virus che, purtroppo, non sembra destinato a scomparire in tempi brevi”.
Come indicato dalla recente letteratura scientifica – commenta il prof. Massimo Girardis, Direttore della Terapia Intensiva del Policlinico e professore dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – il vaccino è efficace anche contro la variante delta nel ridurre lo sviluppo della forma più grave della malattia e, quindi, il ricovero in ospedale. Le percentuali di efficacia osservate oscillano tra l’70% e il 90%. Questo vuol dire che i vaccinati, se anche si infettano, hanno una probabilità molto bassa di avere malattia e, fatto molto importante, il virus resta nel loro organismo per molti meno giorni rispetto ad un paziente non vaccinato, e quindi hanno una probabilità minore di trasmissione l’infezione. È però fondamentale evidenziare che il vaccino lavora al meglio su un organismo il cui sistema immunitario è in grado di creare una risposta anticorpale: in pazienti con uno stato di immunocompromissione il vaccino può avere un’efficacia più limitata. Il dato dei pazienti vaccinati che vengono ricoverati in ospedale, quindi, va letto alla luce di queste considerazioni. La variante Delta è molto più contagiosa rispetto al virus originale ed alle altre varianti, ma per ora non sembra presentare quadri clinici più gravi, con circa il 20% dei pazienti ricoverati in Ospedale che necessitano di ricovero in terapia intensiva. Per fortuna, però, grazie proprio alla vaccinazione, il dato dei ricoveri è molto più basso. Se a marzo, senza vaccini, avessimo avuto a che fare con la variante Delta, rispetto a quella Inglese, sarebbe stato molto complesso fare fronte alle necessità di ricovero in Ospedale e, quindi, in Terapia Intensiva. Purtroppo, la ricerca non è ancora riuscita ad identificare terapie specifiche antivirali che possano limitare le conseguenze dell’infezione, soprattutto quelle più gravi, e, quindi, prevenire l’infezione attraverso norme di buon comportamento, incluso l’uso delle mascherine, e la vaccinazione rimangono ancora oggi le strategie più importanti a nostra disposizione. La vaccinazione, quindi, è davvero l’arma più importante che abbiamo oggi a disposizione per fermare la circolazione del virus. Rallentare la circolazione – e quindi la riproduzione – del virus è anche l’unico sistema per bloccare la nascita di varianti, che si producono naturalmente nel corso della riproduzione virale”.
Varianti circolanti sul territorio provinciale (dato aggiornato al 9.08.2021)
Da marzo 2021 al 9 agosto, nella nostra provincia sono stati riscontarti 1618 ceppi virali varianti e tra questi 1341 sono i ceppi di variante indiana corrispondente al 83%, 143 sono i ceppi di variante inglese corrispondente al 8.8%, 102 i ceppi di variante brasiliana corrispondente al 6.3%, 4 i ceppi di variante colombiana corrispondente al 0.2%, 4 i ceppi di variante nigeriana corrispondenti al 0.2% e 24 i ceppi lineage B.1.1.420 corrispondente al 1.5%.
Dal mese di giugno non sono più stati riscontrati ceppi virali non variante. Dal 2 agosto ad oggi nessuna altra variante, oltre all’indiana delta (100%), è stata riscontrata.