Erano oltre 130 – di cui 90 in presenza e il resto collegato in streaming – i soggetti tra referenti di Poli sociali territoriali, associazioni, enti del Terzo settore, cooperative e singoli cittadini che questa mattina al Laboratorio Aperto dei Chiostri di San Pietro hanno preso parte all’incontro “Banda larga di comunità”, promosso dal servizio Servizi sociali del Comune di Reggio Emilia con i diversi soggetti coinvolti nel welfare per fare il punto sull’organizzazione e sulle esperienze del sociale, anche a seguito della pandemia.
All’incontro sono intervenuti il sindaco Luca Vecchi e l’assessore al Welfare Daniele Marchi, la dirigente ai Servizi sociali del Comune Germana Corradini, che ha coordinato i lavori: nel corso della mattinata sono stati presentati quattro racconti dai territori, raccolti dai Poli territoriali, con la cura di Franca Olivetti Manoukian, Gino Mazzoli, Claudia Marabini e Walter Tarchini dello studio Aps di Milano.
HANNO DETTO – “Il modello che caratterizza Reggio Emilia – ha detto il sindaco Luca Vecchi – è un Welfare di prossimità, che trova nel fare rete e nel prendersi in carico delle persone a livello di comunità i suoi elementi più caratterizzanti. Questa peculiarità è emersa ancor più durante la pandemia, in cui la dimensione del noi e della collaborazione tra pubblico e privati, ha permesso di prendersi cura delle persone raggiungendo anche chi era più fragile o rischiava di rimanere indietro. Questa capacità di fare comunità e lavorare in rete tra pubblico e privato, che abbiamo voluto definire ‘banda larga di comunità’ prendendo in prestito una definizione inclusiva del digitale, è anche l’elemento, il punto di forza da cui ripartire per affrontare i nuovi bisogni e le problematiche emersi a causa del Coronavirus, in particolare nelle persone più anziane e nei giovani”.
“Ritrovarsi dopo mesi di lavoro ‘a distanza’ – ha detto l’assessore al Welfare Daniele Marchi – ha un significato non solo simbolico. E’ il segno della volontà di ripartire da qua: dal lavoro di e con la comunità, dove quella consapevolezza del ‘nessuno si salva da solo’ trova nel lavoro con le perone più fragili della nostra città una traduzione quotidiana messa in pratica dai nostri Servizi sociali, assieme a tanti cittadini volontari. E’ la città che collabora e insieme riesce ad attraversare crisi storiche come quella del Covid e piccoli grandi problemi quotidiani come il pagamento di una bolletta o il reperimento di libri per la scuola. Comunità è la parola che deve guidarci per consentirci di dare valore, pubblico e anche politico, a tutte quelle esperienze per lo più micro e silenziose che tessono quotidianamente legami di fiducia, aiuto, solidarietà e solidità”.
“Per la ripresa a cui si tende nel nostro Paese in questo periodo, è centrale investire nel sociale – ha detto Franca Olivetti Manoukian – I Servizi sociali del Comune di Reggio Emilia da diversi anni sono una realtà particolarmente significativa: sono impegnati con coraggio e perseveranza nella ricerca di realizzare servizi rivolti per tutelare i diritti dei cittadini e affrontare la complessità dei disagi che travagliano la vita di alcuni gruppi sociali, di singoli e famiglie e inevitabilmente la vita di tutti. La pandemia ha investito pesantemente i Servizi, sconvolgendo ritmi e assetti di lavoro, mettendo alla prova competenze e relazioni, facendo scoprire capacità e opportunità, possibilità impensate di collaborazioni. Quanto costruito nel corso degli anni è come se avesse potuto emergere e prendere consistenza, grazie ad alcuni aspetti significati, tra cui l’interazione degli operatori con gli attori sociali nel territorio, riconosciuti effettivamente come soggetti con cui interagire in modo più simmetrico, partner con cui condividere conoscenze e protagonisti di iniziative. Le situazioni di disagio sono affrontate da più attori per individuare insieme possibili evoluzioni positive, crescere insieme e sviluppare relazioni e rapporti intersoggettivi in cui si dà e si ottiene fiducia, si generano scambi e reciprocità entro cui si scoprono risorse, si sperimentano innovazioni e capacitazioni, capacità di intraprendere per far fronte a sofferenze e fatiche vissute, a rischi che si continueranno a vivere.
“I Servizi sociali – ha aggiunto Olivetti Manoukian – in questo possono giocare un ruolo rilevante: favoriscono contatti, connessioni tra privato e pubblico, ricomposizioni tra istituzioni diverse, tra interventi professionali e attività di volontariato, tra solidarietà spontanee e disposizioni normative: fili sottili intessuti con attenzioni a specificità e differenze che proprio per questo riescono a tenere nel tempo. Gli interventi sociali meno istituzionali e istituzionalizzati diventano più diffusi e più riconosciuti, più apprezzabili e apprezzati, portano vicinanze e legittimazioni: costruiscono consapevolezze e socialità che danno coraggio per continuare a investire per una città di cittadini”.
DAI TAVOLI DI QUARTIERE ALLO SPORTELLO IN TRIBUNALE – Assumere nei servizi una prospettiva territoriale corrisponde dunque a introdurre cambiamenti notevoli, prima di tutto a investire nella comprensione dei problemi che vanno intercettati e rappresentati attraverso nuovi e compositi sguardi. Già nei primi anni 2000, a seguito della riorganizzazione successiva alla legge 328, questa scelta ha comportato per il Servizio sociale del Comune di Reggio Emilia una importante riorganizzazione che ha interrogato assetti e attività tradizionali, aprendo a sperimentazioni che si qualificano per una forte attenzione all’ascolto dei problemi ricorrenti dei cittadini nell’ambito dei Poli territoriali.
Questo ascolto viene esercitato in vari modi: dall’analisi costante di dati quantitativi a contatti con gruppi e associazioni, incontri e assemblee, raccolte di elementi e specificità culturali che emergono nei quartieri. Negli anni è stata posta in primo piano la competenza relazionale, sostanziale nelle interazioni tra individui, ma al tempo stesso centrale per permettere visioni d’insieme, ricostruzioni di legami, riconoscimenti di autonomie e responsabilità.
Sono stati allestiti strumenti specifici, come ad esempio i Tavoli di Quartiere, che hanno consentito scambio e comunicazione anche tra soggetti che solitamente non partecipano a incontri e assemblee pubbliche e che hanno consentito, fra l’altro, la riprogettazione dei servizi per anziani.
Investire nella funzione “accoglienza”, con gli Sportelli sociali in ogni Polo territoriale, allestendo occasioni per andare incontro ai cittadini e ai problemi là dove questi si manifestano e non aspettando solo le richieste di aiuto in ufficio, è stato strategico per cercare nuove lenti per comprendere la realtà.
Un esempio, a tale proposito, è stata l’esperienza dello Sportello sociale in Tribunale, uno strumento che mira ad intercettare precocemente le situazioni, per evitare che le persone arrivino a chiedere aiuto ai Servizi quando ormai troppo compromesse. Lo sportello, che secondo un protocollo attivo da anni è presente ogni giovedì in concomitanza con le udienze per gli sfratti, intende offrire possibilità di aiuto alle famiglie all’avvio delle procedure di sfratto per costruire le condizioni per recuperare, se possibile, o per valutare insieme al Servizio soluzioni alternative.
IL WELFARE IN NUMERI – Grazie alla collaborazione tra i Servizi sociali del Comune e i diversi soggetti di aiuto sul territorio, sono nate in questi anni centinaia di progettazioni, veri e propri nuovi servizi e opportunità per i cittadini pressoché a costo zero.
Ne sono un esempio gli ambulatori infermieristici realizzati da volontari, diverse attività di doposcuola per i giovani e di socializzazione per anziani, il progetto Locanda della memoria.
Alle circa 8.000 famiglie “in carico” ogni anno ai Servizi sociali si aggiungono circa 3.000 persone che beneficiano di opportunità promosse dai Poli sociali territoriali con la comunità, in un’ottica di prevenzione e aggancio precoce.
Sono oltre 90 i progetti in essere, più di 600 i cittadini attivi in modo continuativo: non si tratta infatti di esperienze e attività estemporanee, ma di proposte che si integrano al sistema dei servizi in relazione ai bisogni che insieme definiamo come prioritari.
La comprensione comune dei problemi infatti è la base delle diverse collaborazioni progettuali tra diversi attori pubblici, privati e del privato sociale presenti nel territorio che si sono sviluppate negli anni. Si tratta di una costante tessitura e manutenzione di legami di corresponsabilità tra servizi e territorio con la consapevolezza di agire insieme come risorse nella comunità.
Quest’approccio basato sulla collaborazione con i Servizi territoriali ha consentito al servizi Servizi sociali del Comune di contare su saldi legami e solide reti anche nell’anno e mezzo della pandemia: un momento in cui è stato possibile riscoprire nuove vicinanze e forme di solidarietà diverse, ancor più ravvicinate, nei condomini, nei quartieri.
Il Servizio sociale ha svolto una funzione di connessione tra problematiche emergenti e risorse e ha agito da promotore di opportunità che in modo estremamente vitale la comunità reggiana ha espresso. Il Comune di è attivato insieme con associazioni, cooperative e singoli volontari per poter raggiungere il maggior numero di famiglie in difficoltà economica, anche solo con un sostegno alimentare, che però è visto sempre come occasione per costruire agganci, relazioni, legami e non in ottica meramente assistenziale. Si sono scoperti nuovi modi per partecipare e condividere, senza mai smettere di tentare di portare avanti opportunità per le famiglie, per gli anziani, per i bambini che troppo hanno sofferto gli effetti delle chiusure.