Un trapianto di rene da donatore vivente tra soggetti non compatibili per gruppo sanguigno con prelievo robotico. È la prima volta che avviene a Modena e ha riguardato due sacerdoti della Diocesi di Livorno originari, rispettivamente, della Repubblica Democratica del Congo (Eustache Ntambwe Makoyo, donatore) e del Congo (Jean Michel Moukouba Bamana, ricevente) approdati in Italia anni fa e oggi uniti da un gesto di umana solidarietà.
L’intervento è stato eseguito nelle scorse settimane dall’equipe della Chirurgia Oncologica, Epato-Bilio-Pancreatica e dei Trapianti di Fegato guidata dal professor Fabrizio Di Benedetto, in collaborazione con la S.C. di Nefrologia e Dialisi dell’AOU di Modena diretta dal professor Gianni Cappelli (foto in alto) e col supporto anestesiologico del team guidato dal professor Massimo Girardis, Direttore della S.C. Anestesia I del Policlinico.
Il ricevente è un sacerdote africano da anni appartenente al clero livornese e alla guida della parrocchia africana. Affetto da una grave insufficienza renale cronica, che lo aveva costretto alla dialisi con sedute ripetute più volte alla settimana, aveva una limitata aspettativa di vita. La necessità di eseguire il trapianto il prima possibile ha spinto i clinici ad accettare l’estremo gesto d’amore da parte di un suo collega sacerdote, disposto a donare un proprio rene pur di salvare la vita al “fratello” ammalato.
Nel corso della valutazione clinica di fattibilità del trapianto, è stata riscontrata un’incompatibilità di gruppo sanguigno che rischiava di compromettere il percorso. Per superare tale incompatibilità, normalmente considerato una barriera per il trapianto di rene, è stata utilizzata una tecnica, praticata in pochissimi centri in Italia, che permette di bloccare nel sangue del ricevente gli anticorpi che altrimenti si attiverebbero contro il sangue del donatore.
Entrambi i confratelli sono stati dimessi in ottime condizioni generali e sono tornati alla loro vita di sempre.
Come commenta l’Assessore alle Politiche per la Salute della Regione Emilia Romagna, Raffaele Donini, “ancora una volta la sanità pubblica dell’Emilia-Romagna si dimostra all’altezza delle sfide più complesse, mettendo in campo, grazie ad un intervento con una tecnica completamente robotica, la tecnologia più avanzata, su cui come Regione continuiamo ad investire convintamente. Un intervento che ha restituito a un cittadino la prospettiva di una qualità di vita normale dopo un lungo periodo di sofferenze. Il nostro plauso va quindi al professor Di Benedetto, al professor Cappelli, al professor Girardis e alle loro équipes per la professionalità assicurata ancora una volta. Al sacerdote che ha ricevuto il rene va il mio augurio di una vita serena e al donatore un abbraccio virtuale per il grande segno di amicizia e solidarietà”.
“Il trapianto di rene da donatore vivente tra soggetti non compatibili per gruppo sanguigno segna un altro passo verso l’innovazione, che nel campo della sanità significa vita. La sanità pubblica modenese è di livello nazionale ed internazionale e traguardi come questo sono sempre e solo punti di partenza, mai di arrivo, perché confermano la bontà dei continui investimenti su ricerca, innovazione, qualità dell’offerta medica e delle infrastrutture e tecnologie a disposizione dei nostri professionisti. Grazie e complimenti al professor Di Benedetto e alla sua equipe”, sottolinea il Sindaco di Modena, Gian Carlo Muzzarelli.
Il programma di prelievo di rene completamente robotico a scopo di trapianto da donatore vivente è un unicum in regione Emilia-Romagna ed uno dei pochissimi a livello nazionale. “Noi lo portiamo avanti – riferisce il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, dottor Claudio Vagnini – con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei donatori rendendo meno invasiva e più accettabile la donazione. Casi clinici di questa complessità possono essere trattati solo in strutture che si muovono a livelli di qualità delle cure e di servizi di assoluta eccellenza. Ecco perché abbiamo consolidato l’attività dotando anche il Policlinico di una piattaforma robotica, che ha permesso un’ottimizzazione dei processi e dell’attività clinica”.
“Questi risultati confermano ancora una volta la vocazione e l’impegno dell’Università verso l’innovazione nella ricerca e nelle cure”, afferma il Presidente della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Modena e Reggio Emilia, professor Giorgio De Santis. “Fa parte di questo progetto l’integrazione del professor Stefano Di Sandro nel corpo docenti e come responsabile della Struttura Semplice di trapianti di rene nell’ambito del Centro trapianti di Modena. La chirurgia dei trapianti incarna lo spirito di questa vocazione con progetti avanzati, come l’attività di trapianto da donatore vivente sia di fegato che di rene, la resezione robotica dei tumori del fegato come ponte prima del trapianto e l’attività di trapianto di fegato per metastasi epatiche da tumore del colon. Inoltre, partecipa alla formazione dei giovani, con la direzione della Scuola di specializzazione in Chirurgia Generale affidata al professor Di Benedetto e con la ricca attività di produzione scientifica”.
In Italia, oltre 8000 persone sono in attesa di un rene. Per questa lista in particolare, un paziente in attesa di trapianto di rene ha una probabilità annuale del 30% circa di ricevere effettivamente l’organo che aspetta.
“Siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto, perché rappresenta il frutto di un impegno multidisciplinare che ha coinvolto numerosi professionisti del nostro Policlinico”, commenta il professor Fabrizio Di Benedetto. “La Regione Emilia-Romagna ha sempre incentivato i programmi clinico-chirurgici, volti all’innovazione delle cure offerte ai pazienti che si rivolgono alle strutture regionali. L’AOU di Modena ha recepito in pieno questa direttiva e oggi, nel campo del trapianto di rene, offre la possibilità di un prelievo da donatore vivente con tecnica completamente robotica e il trapianto in condizioni di incompatibilità tra donatore e ricevente”.
L’incompatibilità di gruppo sanguigno in passato era considerata una barriera alla possibilità di effettuare il trapianto di rene. “Oggi, in centri all’avanguardia – spiega il professor Gianni Cappelli – questo limite può essere superato eliminando e inibendo gli anticorpi presenti nel sangue del ricevente e diretti contro il donatore, evitando così un fatale rigetto dell’organo che comprometterebbe del tutto la funzione del rene trapiantato. Questa possibilità terapeutica si aggiunge alle diverse possibili tipologie di attività già presenti presso il Centro Trapianti di rene dell’AOU cha dall’inizio dell’attività da donatore cadavere nel 1998 ha aggiunto nel 2003 il donatore vivente ed il trapianto doppio, nel 2004 il combinato fegato-rene, nel 2007 il ricevente HCV+ ed il ricevente HIV+, nel 2011 il programma iperimmuni, nel 2017 il donatore a cuore non-battente, nel 2018 il pre-emptive da cadavere, nel 2019 il prelievo robotico da vivente, nel 2020 la partecipazione al programma nazionale cross-over e nel 2021 il trapianto ABO incompatibile ed il trapianto da donatore HIV+. Il risultato di tutte queste opzioni si è concretizzato in 724 pazienti trapiantati di rene presso AOU”.
E il professor Massimo Girardis aggiunge: “In questi ultimi anni la gestione peri-operatoria di donatore e ricevente di un trapianto da vivente è migliorata in modo decisivo grazie non solo alle innovazioni in campo chirurgico, ma anche allo sviluppo delle metodiche anestesiologiche-rianimatorie. Una strategia peri-operatoria multidisciplinare personalizzata permette infatti di garantire standard di sicurezza molto elevati anche in pazienti complessi da sottoporre a trapianto d’organo o ad altra chirurgia maggiore. Come per la componente chirurgica, anche l’equipe anestesiologica-rianimatoria richiede formazione e innovazione continua per la creazione ed il mantenimento di un team all’avanguardia in tutti gli aspetti del percorso perioperatorio dei pazienti trapiantati”.
Fondamentale nel percorso del trapianto di rene è il contributo, tra gli altri, della Psicologia Ospedaliera, in AOU diretta dalla dottoressa Paola Dondi, che segue sia il percorso della donazione sia il follow-up del paziente trapiantato. Nel caso del trapianto da donatore vivente, il supporto psicologico è assicurato sia al donatore sia al ricevente per tutta la durata del percorso e del follow-up.
“Assistiamo ad un gesto di straordinaria bellezza che ci offre un’occasione per riflettere”, commenta Monsignor Simone Giusti, Vescovo della Diocesi di Livorno. “Due sacerdoti africani si incontrano in Italia, a Livorno, diventando amici e da quell’amicizia scaturisce un dono grande, esempio di una vita vissuta secondo il Vangelo: non c’è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici”.
Conclude il Vescovo di Modena-Nonantola, Monsignor Erio Castellucci, “questo eccezionale intervento chirurgico è il frutto di un incontro tra diversi doni: la professionalità dei medici specialisti, la perfezione delle tecniche robotiche e soprattutto la generosità di un donatore vivente, che rinuncia ad un organo del suo corpo per dare una vita degna ad un fratello. Il fatto che donatore e ricevente siano due sacerdoti mette in luce come esista una fraternità che va oltre il legame di sangue e che attinge al legame di fede”.
Come afferma Papa Francesco, “non amiamo a parole, ma con i fatti” e questo è ciò che è accaduto a Modena con un intervento che arricchisce l’offerta per l’utenza regionale ed extraregionale all’interno di un programma chirurgico trapiantologico già di primo piano.