Nuove tecniche per realizzare efficaci screening di gruppo e aumentare così la capacità di analisi dei tamponi per la rilevazione del coronavirus SARS-CoV-2. È la sperimentazione che stanno realizzando studiosi del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi” dell’Università di Bologna, dell’Unità Operativa di Microbiologia, afferente al Dipartimento Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale ed attiva presso il Laboratorio Unico di Pievesestina dell’AUSL Romagna e dell’Istituto di Comunicazioni e Navigazione del Centro Aerospaziale Tedesco (DLR), con il supporto dell’azienda italiana COPAN, leader nella produzione di dispositivi per la gestione di campioni biologici.
Lo studio si basa sull’utilizzo di screening di gruppo, che prevedono cioè l’analisi dei campioni biologici di più persone con singoli test: una strategia che, guidata da specifiche tecniche matematico-statistiche, permette di accelerare i tempi dei controlli e ottenere al tempo stesso risparmi considerevoli in termini di tamponi e reagenti utilizzati.
Le tecniche in fase di sperimentazione possono adattarsi ai test nelle scuole e in tutti quei contesti in cui sia necessario poter controllare rapidamente un numero elevato di individui. Tali tecniche possono risultare efficaci anche in momenti in cui i tassi di positività al coronavirus dei tamponi effettuati sono relativamente alti (5%-10%).
L’approccio più diffuso per monitorare la diffusione del coronavirus è infatti effettuare singoli test per ognuna delle persone da controllare. In alcuni casi, però, è possibile raggruppare i campioni di diverse persone da analizzare e fare così dei test di gruppo: se l’esito è negativo tutte le persone coinvolte possono essere considerate negative, in caso contrario saranno invece necessari altri test eseguiti in singoli sui diversi prelievi individuali.
“L’utilizzo degli screening di gruppo è già stato introdotto in alcuni paesi come gli Stati Uniti, Israele e la Cina, ma riteniamo che possa essere largamente migliorato utilizzando tecniche mutuate dalla teoria dell’informazione e della comunicazione, in modo da ottenere drastiche riduzioni nel numero di test da effettuare”, spiega Marco Chiani, professore dell’Università di Bologna e membro del gruppo di ricerca. “Ad esempio, combinando i campioni di quattro individui è possibile ridurre il numero di test necessari di un fattore compreso fra due e quattro, con risparmi che possono arrivare fino al 75% rispetto a quanto costerebbe effettuare singoli test per ognuno degli individui coinvolti”.
Il protocollo messo a punto dagli studiosi va in questa direzione. Con le tecniche sperimentate, infatti, non solo un esito negativo significa che tutti gli individui coinvolti sono negativi, ma in una serie di test di gruppo, se uno solo dà esito positivo, è possibile individuare l’individuo positivo al coronavirus e dichiarare negativi gli altri testati. Se invece ci sono più esiti positivi saranno necessari test individuali.
“Le prove sperimentali realizzate finora per verificare l’accuratezza del metodo stanno fornendo risultati molto promettenti e aprono la strada all’applicazione dello screening di gruppo su larga scala nel contesto della pandemia di SARS-CoV-2”, conferma il professor Chiani.
“Gli screening di gruppo possono rappresentare una modalità efficace per aiutarci a contrastare in maniera sempre più rapida l’emergenza”, aggiunge Raffaele Donini, assessore alle politiche per la salute della Regione Emilia-Romagna. “La sperimentazione in atto, quindi, è un’ottima notizia, che conferma ancora una volta la capacità del nostro territorio di unire le migliori energie per obiettivi comuni. La ricerca è un fronte sempre aperto, su cui non ci fermiamo mai, e su cui continuiamo ad investire per assicurare ai cittadini una sanità sempre all’altezza delle sfide da affrontare”.
Alcune delle tecniche di group testing usate nella sperimentazione sono state presentate alla 55th Annual Conference on Information Sciences and Systems promossa dalla Johns Hopkins University (USA) e in un paper attualmente in fase di preprint. Il gruppo di lavoro coinvolge Marco Chiani e Enrico Paolini del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi” dell’Università di Bologna, l’Unità Operativa di Microbiologia della AUSL Romagna guidata da Vittorio Sambri (Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna) e Gianluigi Liva dell’Istituto di Comunicazioni e Navigazione del Centro Aerospaziale Tedesco (DLR), con il supporto dell’azienda COPAN.