“Fondo regionale e fondo nazionale per la non autosufficienza, ma non una legge nazionale che uniformi dotazione economica adeguata e declinazione certa ed univoca delle competenze. Necessita una nuova proposta di legge sulla non autosufficienza, che parta da una rivisitazione del modello conosciuto di welfare (sistema previdenziale e sanità)”.
Così Loris Cavalletti, responsabile dei Pensionati Cisl (Fnp) dell’Emilia-Romagna, spiega il Convegno su ‘Linee guida per una riforma della non autosufficienza’, organizzato dalla Fnp ER in collaborazione con l’Università Cattolica e la Fondazione Giulio Pastore per lunedì 21 novembre 2016, ore 10-13,30, presso la Sala Convegni ‘G. Piana’ dell’Università Cattolica in via Emilia Parmense 84 a Piacenza. All’iniziativa partecipano docenti universitari, sindacalisti, amministratori (vedi locandina allegata).
Sul sistema previdenziale, osserva Cavalletti, “è stato fatto un accordo con il governo per una nuova legge sui non autosufficienti che dia una cornice ai vari interventi. In questi mesi quanto di positivo ha fatto il governo con la legge sul ‘Dopo di noi’, la stabilizzazione del Fondo nazionale per la non autosufficienza, l’avvio dell’iter legislativo sui ‘Care Giver’ risulta meno efficace, mancando un quadro preciso.
La legge non deve percorrere la mera strada di razionalizzare, eliminare gli sprechi e le spese inutili (condivisibili ma insufficienti), ma definire, secondo il sindacato Pensionati Cisl “un’alternativa persuasiva, valida e di alto valore sociale quale una governance nel territorio, dove al centro sia il ruolo del pubblico che governa la sussidiarietà e chiama tutti al lavoro (cittadini, famiglie, terzo settore, mondo produttivo e sindacale)”.
Sul piano economico la Fnp non ha dubbi: ”Va contrastata un’idea di sviluppo dei servizi privati integrati con il pubblico rispondenti ad una cultura individuale, concorrenti ad aumentare le diseguaglianze e l’isolamento delle persone stesse. In questa logica si muovono anche alcune ipotesi di welfare aziendale”.
“Queste idee –denuncia Cavalletti- producono un aumento della spesa. Nel 2014 accanto ad una spesa per la sanità pubblica di 110 miliardi, sono stati spesi 33 miliardi dai pazienti e loro famiglie. Su 22 milioni di italiani che hanno fatto visite specialistiche 5,4 hanno pagato per intero gli accertamenti e 2,8 milioni hanno dovuto rinunciare per motivi economici.
“La sfida –afferma il sindacalista Fnp- è costruire un sistema partecipativo e mutualistico sorretto dalla contribuzione nazionale di tutti i cittadini che percepiscono un reddito, partendo da quelli più ricchi”.
Infine, l’esponente Fnp osserva che “c’è una difficoltà culturale a parlare di non autosufficienza in una società che nasconde, scarta chi è un peso per la collettività. Temi come l’Alzheimer –rimarca- non sono discussi nei talk show di una società che si fonda sulla ‘normalità e il vantaggio reciproco’ o sul pensiero di Gauthier per cui ‘le terapie che allungano la vita hanno un infausto potenziale redistributivo’ e quando si parla di servizi ai disabili per rendere vite produttive nessuno ascolta. Queste posizioni culturali –conclude Cavalletti- portano a risultati estremi. In Gran Bretagna, ma non solo, se un malato oncologico supera i 70 anni non riceve più le cure costose ma solo palliativi. Questo naturalmente riguarda i poveri. La crisi mette in discussione un principio universale di uguale dignità di tutti gli esseri umani”.
Fondo regionale non autosufficienza (Frna): la storia.
E’ istituito con la legge finanziaria regionale nel 2005. Dopo la copertura finanziaria e l’immissione di nuove risorse, il Frna è avviato nel 2007 con le prime linee guida nelle more del nuovo piano socio-sanitario 2008-2010.
Il Fondo in questi anni è rimasto inalterato nella dotazione economica, ma nei fatti è diminuito, dovendo rispondere ai bisogni di una popolazione non autosufficiente in crescita. A causa dei tagli su altri Fondi è diminuita anche la capacità d’intervento dei Comuni e di conseguenza è aumentata la spesa per la non autosufficienza a carico delle famiglie, che sempre più ricorrono al mercato privato: residenziale o domiciliare ricorrendo a badanti sempre molto spesso in nero a causa della crisi.
Segue che solo le famiglie con un certo reddito possono fare fronte a queste spese. Quelle più povere devono ricorrere a ricoveri o impropriamente al sistema sanitario. Nel 2016 il Fondo nazionale per la non autosufficienza è di 400 milioni di euro e la ripartizione nazionale ha assegnato all’Emilia-Romagna 30 milioni di euro. Il Fondo regionale per la non autosufficienza è di 430 milioni di euro, ripartito nei distretti socio-sanitari, cui si aggiungono i 30 milioni del nazionale e le risorse dei Comuni.
In Emilia Romagna.
Gli over 65enni sono 1.049.000 circa e si calcola i non autosufficienti il 18% circa, ossia 188 mila persone. Di questi 25 mila sono ospiti delle strutture residenziale pubbliche.
Il Frna somma vari interventi per: 18.500 utenti disabili (residenziali e diurni e domiciliari); 25.000 ospiti anziani non autosufficienti in strutture residenziali (CRA); 6.000 ospiti anziani non autosufficienti in centri diurni; 14.000 utenti anziani non autosufficienti in assistenza domiciliare; 12.000 assegni di cura.
Ad un totale di 75.500 utenti o contatti sui servizi più solidi, vanno aggiunti circa 40.000 contatti, destinatari di azioni trasversali, come formazione, lotta all’isolamento etc. Non sono utenti presi in carico, ma soggetti agevolati a non sentirsi insieme alle proprie famiglie meno isolati.
In regione le ‘assistenti famigliari e colf’ iscritte all’Inps sono 80mila (85% donne e 75% stranieri), di cui 40mila colf e 40 mila ‘badanti. Invece la stima ‘reale’ arriva a 1 milione e 200 mila.
In Italia la spesa a carico delle famiglie per la disabilità è circa 1,8 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 9,4 miliardi di euro spesi dalle famiglie per le assistenti familiari (badanti) ed il costo di 26 miliardi di euro per la spesa sanitaria.