La proposta di delibera di iniziativa popolare che, tra le altre cose, prevede di “bloccare qualsiasi ipotesi di trasformazione urbanistica e di edificazione sulle aree dei campi acquiferi di via Cannizzaro e di via Aristotele” è considerata dalla giunta del Comune di Modena “condivisibile nei principi enunciati e negli obiettivi perseguiti”, ma, per come è formulata, “non è assumibile efficacemente nel procedimento amministrativo”. Insomma, per ottenere quel risultato una semplice delibera non basta, serve una variante adeguatamente motivata.
Sono i contenuti del provvedimento con il quale la giunta, dopo aver ottenuto dalla Regione le risposte ai quesiti proposti nelle scorse settimane, esprime, come previsto dallo Statuto comunale, il proprio parere sulla delibera di iniziativa popolare, che quindi non può che essere negativo dal punto di vista tecnico. In questo modo, però, si può completare il procedimento amministrativo e la presentazione della delibera di iniziativa popolare verrà discussa venerdì 4 aprile dalla commissione consiliare Seta (Programmazione e Assetto del territorio, Sviluppo economico e Tutela ambientale) in vista del Consiglio comunale di lunedì 7 aprile.
La giunta sottolinea che “nella proposta di deliberazione si riscontrano valutazioni, considerazioni e obiettivi tutti condivisibili e in parte da tempo assunti a riferimento delle politiche urbanistiche, ambientali e dell’azione amministrativa del Comune”, mentre rispetto al “blocco” delle trasformazioni urbanistiche in via Cannizzaro e in via Aristotele si ricorda che è già stato assunto da tempo, in attesa della conclusione delle analisi di carattere ambientale richieste agli enti preposti. E la giunta spiega che l’obiettivo di “bloccare qualsiasi ipotesi di trasformazione urbanistica”, pur condiviso politicamente, “non è concretamente attuabile se non attraverso procedure di variante allo strumento urbanistico vigente, procedure peculiari dallo specifico contenuto tecnico e documentale, e supportate da adeguati elementi di valutazione”.
In questo senso, infatti, si è espressa la Regione rispondendo alla richiesta della giunta ricordando che lo strumento deputato a conferire l’edificabilità è il Poc (Piano operativo comunale) e che per “rimuovere totalmente tale previsione entro i cinque anni della sua efficacia occorre senz’altro una variante alla strumentazione urbanistica comunale che, nell’esercizio della medesima funzione pianificatoria, faccia venir meno l’attualità del diritto edificatorio precedentemente riconosciuto”. Nel parere della Regione, inoltre, si sottolinea che “una tale variante richiede una specifica motivazione sulle ragioni a fondamento dell’esclusione dell’edificabilità precedentemente riconosciuta”.