violenza-donneLa richiesta di approvare un quadro organico di leggi per la prevenzione e la repressione della violenza sulle donne e di finanziare un sistema qualificato di accoglienza per le vittime, per la formazione degli operatori e per progetti educativi e culturali diffusi. Il sostegno a progetti di legge di iniziativa popolare che mettano al centro la promozione di una cultura di contrasto alla violenza sulle donne. Sono i punti centrali di un ordine del giorno sottoscritto da tutti i gruppi consiliari e approvato all’unanimità dal Consiglio provinciale di Modena. Il documento è stato inviato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e ai parlamentari in occasione della discussione della legge sul contrasto alla violenza di genere.

Presentando il documento, Grazia Baracchi (Pd) ha messo l’accento sulla necessità che siano stanziati fondi «indispensabili per sostenere i centri antiviolenza e la formazione degli operatori che lavorano in questo campo», sottolineando l’importanza dell’acquisizione delle esperienze maturate sui territorio, tra le quali quella del Tavolo interistituzionale contro la violenza della Provincia di Modena, e «di un’azione coordinata tra le istituzioni per cercare di prevenire, oltre che contrastare, un fenomeno dilagante e che non deve essere considerato un fatto privato ma una tragedia che deve parlare a tutti, uomini e donne». Claudia Severi (Pdl) ha rilevato come dato preoccupante «il silenzio sugli uomini: quando si parla di femminicidio ci si sofferma sulla vittima ma c’è una sorta di pudore nei riguardi di chi ha commesso il delitto, poche volte si vede il viso dell’uomo e si parla di lui. Il tema fondamentale – ha proseguito la consigliera – è sostenere e tutelare le donne che denunciano ma c’è il problema delle risorse: si potrebbe cominciare a raccogliere fondi stabilendo che, nel caso in cui la violenza sia accertata, l’uomo sia allontanato da casa e gli sia tolta una parte dello stipendio destinato a sostenere la donna che ha subito violenza». D’accordo sul pignoramento di parte dello stipendio Sergio Pederzini (Idv) per il quale la violenza è dovuta anche a una mancanza di educazione sul rispetto della parità di genere: «Bisogna quindi lavorare nelle scuole ma anche trovare il modo di intervenire su quella parte di cittadini stranieri che spesso hanno una considerazione della donna pari a zero». Per Roberta Zanni (Pd) è fondamentale «che la scuola si faccia carico di questo aspetto educativo anche perché i ragazzi subiscono l’influenza di media che presentano la donna come oggetto da possedere e non rispettano la dignità dell’essere sia maschile che femminile. Come istituzione dovremmo richiedere un maggior controllo dei messaggi dei media e anche una gestione e un’educazione all’uso più responsabile dei social network».

«Parliamo si prevenzione e repressione – ha sostenuto Dante Mazzi (Pdl) – ma nel nostro paese non c’è né l’una né l’altra e le prime responsabili di questa situazione sono le istituzioni, assenti anche dove le donne hanno trovato il coraggio di denunciare la violenza subita. Spesso basterebbe applicare le norme che già esistono ma forse manca ancora la consapevolezza di quanto la violenza stia esplodendo a tutti i livelli». Per Monica Brunetti (Pd) «sia la prevenzione che la repressione hanno bisogno di finanziamenti. Sono necessari per incentivare e costituire i centri antiviolenza, che nel nostro paese sono pochissimi, e per fare in modo che la persona vittima di violenza sia presa in carico e aiutata a superare lo stato confusionale in cui si trova, a ritrovare un equilibrio e rimessa in grado di provvedere autonomamente a se stessa».