Unioncamere Emilia-Romagna: “Ci aspettano ancora mesi difficili. La crisi di origine internazionale è acuita dagli eventi sismici che hanno colpito la struttura produttiva. E’ necessario ancora di più far fronte comune tra istituzioni e associazioni di rappresentanza per sostenere la volontà di ripresa di cittadini ed imprese”.
Confindustria Emilia-Romagna: “Crescenti difficoltà del quadro economico italiano ed europeo. Gli effetti del sisma rendono ancora più complessa il percorso di ripresa. Occorrono misure strutturali in grado di alimentare la domanda e agire nel medio lungo termine”.
Intesa Sanpaolo: “Il credito alle imprese passa in rosso a marzo: è necessaria una più stretta collaborazione tra banche e imprese, per crescere, internazionalizzarsi e innovarsi”.
Nel primo trimestre 2012 si sono accentuati i segnali negativi emersi alla fine dell’anno passato. Fatturato, produzione e ordini sono risultati in deciso calo. Rallentano, ma riescono ancora a crescere, le esportazioni e gli ordini esteri. La tendenza negativa interessa tutti i settori, in particolare l’industria del legno e del mobile e quella della moda. Le piccole imprese, meno orientate al commercio estero, subiscono i contraccolpi più duri. L’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna è entrata in un nuovo ciclo recessivo, anche se per ora meno drammatico rispetto alla pesante caduta del 2009, quando la produzione accusò una flessione del 14,1 per cento rispetto all’anno precedente. Sono le imprese di minore dimensione a pagare il prezzo più elevato alla crisi.
Sono queste alcune indicazioni che emergono dall’indagine congiunturale relativa al primo trimestre 2012 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.
La produzione dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna è diminuita del 3,5 per cento rispetto all’analogo periodo del 2011, dopo il -0,4 per cento del trimestre precedente. Le maggiori difficoltà hanno interessato le industrie del legno e del mobile (-8,6 per cento), che risente della crisi dell’edilizia, e della moda (-5,0 per cento), che sconta la riduzione dei consumi. Il sistema metalmeccanico ha mostrato una relativa tenuta, grazie al maggiore grado di apertura all’export. Le industrie meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto hanno limitato il calo della produzione a -1,5 per cento. è stato invece del 2,4 per cento per le industrie dei metalli, che comprendono larghi strati della subfornitura meccanica. Anche la produzione dell’industria alimentare (-2,9 per cento) ha risentito della diminuzione dei consumi, nonostante il suo carattere aciclico.
Il fatturato a valori correnti ha subìto una flessione tendenziale prossima al 3 per cento. Tutti negativi gli andamenti settoriali. Più lievi per l’industria alimentare e per quella della meccanica-elettricità e mezzi di trasporto, con diminuzioni rispettivamente pari all’1,4 e 1,5 per cento. Più ampia la caduta per il sistema della moda (-3,5 per cento) e per l’industria del legno e del mobile (-8,5 per cento). Note negative sono giunte anche dall’industria dei metalli (-2,8 per cento) dall’eterogeneo gruppo delle “altre industrie” (-4,5 per cento).
Al calo di produzione e fatturato, non è rimasta estranea la domanda che ha accusato una flessione del 3,6 per cento, consolidando il trend negativo degli ultimi tre mesi del 2011.
Negative anche le prospettive per i settori legno- mobile (-8,7 per cento) e moda (-5,6 per cento). Pesante il quadro per l’industria dei metalli (-3,2 per cento), mentre meccanica-elettricità e dei mezzi di trasporto hanno visto scendere gli ordini del 2,3 per cento. L’industria alimentare ha evidenziato una relativa maggiore tenuta (-1,7 per cento).
Le esportazioni hanno rappresentato l’unica nota positiva con un incremento dell’1,7 per cento, rispetto allo stesso periodo del 2011, nonostante un lieve rallentamento nei confronti del trimestre precedente. Il successo sui mercati esteri è stato forte per la moda (+5,4 per cento) e buono per l’insieme delle altre manifatture. Le industrie della meccanica-elettricità e dei mezzi di trasporto hanno fatto segnare una crescita delle esportazioni dell’1,9 per cento, mentre sono apparsi più deboli i risultati conseguiti dalle industrie dei metalli (+0,3 per cento). Unica eccezione in questo quadro la caduta dell’export dell’industria del legno e del mobile (-7,0 per cento).
Gli ordini esteri crescono dell’1,5 per cento. Bene le industrie alimentari (+3,7 per cento) e meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto i cui ordini sono aumentati più delle rispettive vendite all’estero (+2,7 per cento). L’andamento è stato debole invece per i terzisti dell’industria dei metalli (+0,7 per cento). Segni negativi hanno riguardato le industrie della moda (-1,5 per cento), ma, soprattutto, legno e del mobile (-8,8 per cento).
“I dati congiunturali mettono in luce l’impatto della crisi del debito sovrano in alcuni Paesi dell’eurozona anche nell’economia dell’Emilia-Romagna – dichiara il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna, Carlo Alberto Roncarati – e confermano la fase recessiva nella quale è entrata l’industria regionale.
Ci aspettano ancora mesi difficili, una crisi di origine internazionale acuita dagli eventi sismici che hanno duramente colpito la struttura produttiva dell’Emilia: nei comuni maggiormente interessati dal terremoto si concentra oltre l’11 per cento del PIL regionale ed il 13,4 per cento dell’export emiliano-romagnolo proviene da questi territori. Ciò nonostante – aggiunge il Presidente Roncarati – bisogna guardare avanti. Se, da un lato, il terremoto sta mettendo a dura prova il nostro tessuto economico, dall’altro sta rafforzando il senso di appartenenza e lo spirito di collaborazione, da sempre il vero valore aggiunto di questa regione. La volontà di rialzarsi e di ripartire prontamente manifestata da cittadini ed imprese viene sostenuta in questa fase da interventi mirati e tempestivi delle Istituzioni, a livello nazionale e regionale. In questa situazione, è del resto necessario ancora di più far fronte comune tra Istituzioni (e le Camere di commercio sono impegnate in prima fila) e associazioni di rappresentanza, per supportare le imprese in modo da garantire l’immediata ripresa delle attività produttive colpite dal sisma. Se ognuno continuerà a fare con il massimo impegno la propria parte sono certo che l’Emilia-Romagna sarà ancora una volta un esempio a cui fare riferimento”.
“I dati dell’indagine – dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna, Maurizio Marchesini – confermano che il quadro economico dell’Emilia-Romagna è allineato con le crescenti difficoltà del contesto nazionale ed europeo. Le indicazioni delle nostre aziende confermano che il 2012 resterà un anno negativo in cui l’export, che pure in terreno positivo sta fortemente rallentando, è sempre meno in grado di compensare a livello aggregato le difficoltà della domanda interna e degli investimenti. Le aspettative pessimistiche registrate ad inizio 2012 relative alla prima parte dell’anno si stanno pertanto confermando”.
Questa fotografia di sintesi è il risultato di situazioni molto differenziate: vi sono aziende e settori che continuano ad avere performance positive, come la meccanica strumentale e le macchine utensili, mentre resta particolarmente pesante la situazione dei comparti più legati alla domanda interna e ai consumi delle famiglie, come l’edilizia e settori collegati. Anche la situazione del credito resta particolarmente critica. Il credit crunch si è ulteriormente accentuato, nonostante i tassi abbiano smesso di salire; le banche denunciano difficoltà di raccolta e tendono a diminuire gli attivi.
“La ripresa – sottolinea il Presidente Marchesini – si allontana. In più, i recenti eventi sismici hanno colpito un’area ad altissima vocazione manifatturiera e cruciale per lo sviluppo industriale del Paese, rendendo se possibile ancora più impegnativo il percorso di ripresa.
Le politiche di bilancio improntate al solo rigore, invece di stabilizzare il ciclo, stanno facendo avvitare su se stessa l’intera economia europea. È indispensabile cambiare strategia, mantenendo la barra dritta sul risanamento, con misure strutturali che agiscano nel tempo e nell’immediato cerchino di alimentare la domanda”.
Il credito in Emilia-Romagna, secondo l’analisi del Servizio Studi di Intesa Sanpaolo, ha continuato a indebolirsi nei primi mesi del 2012, in linea con la tendenza nazionale. Il complesso dei prestiti, dopo essere cresciuto del 4,8% in media nel 2011, nel primo trimestre 2012 è risultato invariato rispetto allo stesso periodo di un anno prima.
Come già osservato nell’ultima parte del 2011, nel primo trimestre 2012 è proseguito il deciso indebolimento dei prestiti alle imprese che a marzo hanno segnato una leggera contrazione (-1,5% a/a in linea col dato medio nazionale di -1,1%), dopo 20 mesi di crescita. I prestiti alle famiglie hanno confermato un rallentamento più moderato e graduale, ma hanno segnato a marzo 2012 un minimo del tasso di crescita, dell’1,9% a/a rispetto al 3,4% di fine 2011 e al 6,3% di dodici mesi prima. I prestiti alle famiglie dell’Emilia-Romagna sono cresciuti leggermente meno della media nazionale (+2,4% a/a nel primo trimestre 2012 rispetto a +3,1% del dato nazionale); quelli alle imprese sono allineati (-0,2% medio trimestrale per l’Emilia Romagna, -0,3% il dato nazionale).
Nei prestiti alle imprese, a marzo in tutte le province la variazione annua ha mostrato un segno negativo, con l’eccezione di Ravenna, che ha riportato una crescita dell’1,1%. A Ferrara e Bologna i prestiti alle imprese sono risultati essenzialmente fermi (-0,1% e -0,2% rispettivamente). Segno negativo si è registrato per Rimini (-3,3%), Piacenza (-2,4%), Forlì Cesena (-2,1%) e, più leggermente, per Reggio Emilia (-1,0%) e Modena (-1,1%). Si è accentuata la debolezza di Parma, che a marzo 2012 ha visto un calo dei prestiti alle imprese del 6% a/a.
A questi numeri, che danno la misura dell’impatto della recessione e della crisi del debito sovrano sul credito all’economia della regione prima dei disastrosi eventi sismici, si aggiunge la continua emersione delle sofferenze. Il tasso di decadimento dei prestiti è stabilmente sopra il 2% dalla fine del 2009 (2,2% a fine 2011 per l’insieme del settore non finanziario dell’Emilia-Romagna).
“I fattori determinanti allo sviluppo degli impieghi, – dichiara Adriano Maestri, direttore regionale di Intesa Sanpaolo – cioè la crescita dei fatturati, gli investimenti e l’aumento degli stock di materie prime, registrano tutti segni negativi, ampiamente superiori al pur negativo andamento del credito, segno evidente di un ulteriore peggioramento della qualità degli impieghi delle banche. Sulla dinamica del credito pesano una pluralità di fattori: la debole domanda dovuta alla recessione e alle prospettive quanto mai incerte, il livello elevato delle sofferenze che obbliga a una valutazione molto attenta del merito di credito, le difficoltà di raccolta delle banche e i vincoli patrimoniali ad esse imposti, particolarmente stringenti in una fase di congiuntura economica negativa Da questa impasse se ne può uscire attraverso una più stretta collaborazione tra banche e imprese che non si limiti solo al credito, ma si estenda anche all’equity, per far crescere di dimensione le imprese, farle internazionalizzare, farle investire in ricerca. E’ nei momenti di difficoltà che si avviano fasi di forte cambiamento strutturale. Ancor più in questa regione, le banche si impegnano ad accompagnare lo sforzo straordinario di ricostruzione dai danni dei terremoti e di ripartenza delle attività produttive, nel segno tangibile della rapida ripresa di un forte tessuto sociale ed economico che non si lascia abbattere dalle calamità”.