Il Governo Monti vuole presentarsi al Consiglio europeo di giovedì con il testo della riforma del lavoro approvato: è per questo che, alla Camera, ha posto il voto di fiducia con l’obiettivo di incassare il via libero definitivo entro la serata di domani. Il Pd voterà sì, ma la riforma del lavoro – secondo il parlamentare modenese del Pd Ivano Miglioli che è intervenuto in Aula – si sta rivelando “un’occasione mancata per riformare in modo condiviso il mercato del lavoro nel contesto di una rinnovata coesione sociale”. Insomma una riforma con luci, ma anche tante ombre. Ecco un sunto del suo intervento in Aula:
«La fotografia dell’Italia è riassunta in alcuni dati diffusi proprio in queste ultime settimane: disoccupazione oltre il 10%, quella giovanile al 36%, 23% di giovani che non studiano e non cercano neppure lavoro. Secondo l’Ocse i salari italiani sono al 23esimo posto sui 34 paesi industrializzati. L’80% delle assunzioni avvengono ormai a tempo determinato. Il Pil segna un meno 1 per cento. Siamo, insomma, in recessione. La priorità non è, quindi, un regolazione del mercato del lavoro che, nel migliore dei casi, ridistribuisce il poco lavoro che c’è. La catena da spezzare è mettere in campo una politica per la crescita. Nel disegno di legge di riforma del lavoro approntato dal Governo Monti vi sono luci e ombre, ma nel complesso si tratta per il paese di un’opportunità mancata. Per mesi abbiamo assistito a un accanimento ideologico sull’articolo 18. Se si fosse seguita la strada del pragmatismo avremmo evitato tre mesi di contrapposizioni su un falso problema e saremmo approdati, come poi è avvenuto, ad una manutenzione delle norme e a una soluzione ragionevole. Qui sta l’errore del Governo: avremmo potuto farla, quella manutenzione, con un largo consenso delle forze sociali e sindacali. Si dovevano chiamare tutte le forze sociali, in un momento di grande difficoltà del paese, a lavorare insieme per cambiare, modernizzare e certo riformare il mercato del lavoro. Oggi siamo qui a discutere un provvedimento che scontenta un po’ tutti. Certo vi è una discontinuità con le politiche del lavoro perseguite dal precedente Governo. Si inizia ad imboccare una strada diversa sulla precarietà, si migliora l’ingresso al lavoro, si cancellano alcune (ma ancora troppo poche) forme contrattuali precarie, si rende più conveniente per le imprese il lavoro stabile, si ripristina la norma contro i licenziamenti in bianco. Luci, ma anche ombre. Non si è superato l’aumento pesante di sei punti di aliquota per i parasubordinati né si sono estesi a tutti i lavoratori tutele e ammortizzatori sociali. Sulla strada giusta della tutela universale, inoltre, si rischia un vuoto nella transizione tra vecchi e nuovi regimi da qui al 2015/2016. Si rischia, insomma, un’altra vicenda esodati. Il Senato, tra l’altro, aveva migliorato il testo del provvedimento. La Camera, purché pronta, non potrà farlo. Ci apprestiamo a votare la fiducia perché, lo abbiamo detto più volte in questi mesi, prima di tutto l’Italia e l’interesse del paese. Ma il provvedimento ha dei limiti: noi lo modificheremo, è un nostro preciso impegno, dalla prossima primavera, quando torneremo al Governo di questo paese!