Si è partiti con un “Iren è una buona azienda che produce utili e opera bene sul territorio” e si è finiti con una “nota personale di amarezza perché di questo gruppo, che certo ha i suoi punti di debolezza, è stato dipinto un quadro non veritiero, e allora anche a nome dei dipendenti lasciatemi dire che se dobbiamo migliorare e crescere, vorremmo forse qualche pacca in più sulle spalle anziché tanti calci nel sedere…”.
Tra l’una e l’altra delle due affermazioni – entrambe del Direttore generale di Iren, Andrea Viero – l’intera mattinata di dibattito che il Consiglio provinciale, in seduta aperta (e in trasferta a Cavriago, stante l’inagibilità della Sala consiliare), ha riservato alla multiutility ex Agac ed ex Enìa.
Sotto la presidenza di Gianluca Chierici, è stato lo stesso Andrea Viero ad aprire gli interventi poco prima delle 9.30, mostrando numeri e slides di “una buona azienda che produce utili e opera bene sul territorio”. Quest’anno, è vero, i 250 milioni di svalutazione legati all’operazione Edipower si sono di fatto “mangiati” l’utile, “ma già dal 2012 torneremo a distribuire un dividendo importante anche per gli azionisti pubblici”, ha tenuto a sottolineare Viero perché “lo stato di salute del gruppo è, per l’appunto, buono”. “Iren investe circa 500 milioni all’anno, la raccolta differenziata è in crescita costante tanto che nel 2012 contiamo di superare il 60%, vinciamo la competizione con gruppi come Enel che dopo la liberalizzazione aveva iniziato a penetrare sul nostro mercato”, ha aggiunto Viero. E il debito? “E’ importante, circa 2,5 miliardi, ma oltre 800 milioni sono stati investiti in grandi progetti ormai in dirittura d’arrivo a Torino, Parma e Livorno dai quali ci attendiamo 70 milioni di ulteriori margini, senza dimenticare che lo scaduto rispetto al 2008 è aumentato di tre volte”.
“Facciamo in pratica anche da banca del territorio, attuando una politica di allentamento della pressione nel recupero di centinaia di milioni di euro di bollette non pagate perché il gruppo sta scientemente accompagnando questo territorio in un momento così difficile e delicato per tante famiglie e imprese”, ha detto ancora Viero, che ha poi annunciato “la conclusione di una importante operazione nel settore delle rinnovabili con gruppo locale che ci consentirà di aprire il capitale della società anche a un fondo privato, di passare da una produzione di 17 a circa 30 megawatt e investimenti per 30 milioni di euro”.
Già, il rapporto con il territorio. Anche qui, per Viero, “quello che contano sono i numeri: dei nostri 3,5 miliardi di risorse 1,2 vengono riversati in provincia di Reggio e il 64% del nostro fatturato ricade su aziende dell’Emilia-Romagna, regione che ospita cinque sedi operative”. “Anche gli affidamenti alle coop sociali sono passati da 10 a 20 milioni dal 2004 a oggi, e la quotazione di Enìa ha fruttato un importante incasso per i soci pubblici, visto che tra quotazione e dividendi in dieci anni i Comuni reggiani hanno incassato circa 180 milioni di euro”, ha proseguito l’ad di Iren, che non teme confronti con il passato: Agac, Enìa o Iren che fosse, ad ogni bilancio – tranne che nel 2003 e 2004 per l’importante operazione sul Turbogas – si è sempre rimasti “nell’ordine dei 50 milioni di investimenti all’anno”.
“Anche la valutazione dei cittadini-utenti è buona” secondo Demoskopea e Viero, che cita poi i “21.814 studenti coinvolti in progetti ambientali, i 600.000 euro di sponsorizzazioni culturali, i 48 distributori d’acqua pubblica gestiti con 79 milioni di litri di acqua erogata pari a 16 milioni di euro di risparmio per le famiglie emiliane, le 27 scuole fotovoltaiche, e il collegamento a banda larga o wi-fi assicurato a tutte le 56 scuole medie della provincia”.
In quanto alle “inutili, faziose, distorcenti e dannose accuse su aspetti penalmente rilevanti per un gruppo quotato, dunque in grado di procurare ingiustamente danni altrettanto rilevanti, le polemiche sui nostri appalti ai fornitori hanno immediatamente provocato una procedura interna da parte del fondo delle vedove americane, che ha investito in Iren – ha detto Viero – Ma voglio essere molto chiaro: abbiamo sottoscritto un protocollo con tutte le prefetture e prima di sottoscrivere ogni contratto chiediamo un nulla-osta. Se la prefettura ha anche solo un sospetto, il gruppo non assegna e accettiamo anche di essere trascinati davanti al Tar…”
“I casi di cui si è occupata la stampa erano semplici pre-assegnazioni – ha tenuto a precisare – Le Procura antimafia di Venezia e Matera non ci avevano ancora dato risposta, appena ce l’hanno data l’appalto non è stato assegnato. Ed anche sulle partecipate al Sud siamo straordinariamente attenti: rappresentano una eredità del passato e vogliamo uscire, ma non siamo in grado perché prima le Procure antimafia ci hanno chiesto di rimanere, ora i sindaci non si presentano alle assemblee per liquidare la società…”.
Infine il settore idrico, stante anche la presenza in aula dei rappresentanti dei Comitati Acqua bene comune: “A Reggio abbiamo ricavi per 65 milioni di euro, tolti i costi operativi, i canoni ai Comuni e gli accantonamenti, quello che resta sono 3,7 milioni sui quali paghiamo oneri finanziari e imposte, dunque il nostro utile netto è di appena 549.000”, ha dichiarato il dg di Iren.
“Tutto il gruppo è consapevole di come il contesto sia molto diverso da dieci anni fa, non solo per la crisi – ha concluso – La vera sfida è riuscire a comprendere che ci dobbiamo muovere in un contesto globale, con competitor internazionali, ma che le radici e il nostro successo sono a livello locale, nella capacità di erogare servizi di qualità e mantenere uno stretto rapporto col territorio. Purtroppo, certe volte si ha l’impressione che proprio qui tutti i nostri sforzi, invece che essere guardarti con interesse e attenzione, siano un po’ ignorati: è vero che la critica aiuta a crescere, ma qualche volta nostro territorio dovrebbe aiutarci ad avere un po’ più di orgoglio…”.
E’ quindi intervenuto il sindaco di Scandiano, Alessio Mammi, coordinatore del sub-patto di sindacato, che ha parlato di “confronto utile al nostro territorio, unito nel voler valorizzare quello che in decenni è stato costruito”. “E Iren è uno dei nostri patrimoni, frutto di una felice intuizione e di un formidabile mix di crescita, opportunità e uguaglianza: noi non vogliamo giochi al massacro, ma tutelare questo patrimonio comune – ha aggiunto – La principali difficoltà sono due: la congiuntura economica globale, ma anche una mole di indebitamento per investimenti industriali che a volte non hanno rispettato i tempi previsti. La proposta dei sindaci anche all’ultima assemblea è quella di un piano industriale chiaro e lungimirante che definisca priorità e settori sui quali investire e crescere, accelerando su ricerca e innovazione in sinergia con Università e Centri di ricerca, continuando a investire sulle energie rinnovabili, abbassando l’indebitamento dismettendo investimenti non strategici, come impianti di produzione di energia”.
Poi, ovviamente, resta il tema del dividendo “che rappresenta un messaggio di fiducia verso gli investitori e ha una valenza importantissima per i Comuni”: “Dopo l’estate speriamo in un’assemblea straordinaria che possa portare buone notizie, anche per quanto riguarda la semplificazione societaria, un numero inferiore di membri nel Cda, la riduzione dei compensi, il mantenimento di una attenzione alta sul sociale e il contenimento delle tariffe”, ha concluso Mammi che ha poi espresso un “parere personale sulle voci relative a una possibile, ulteriore fusione: i tempi non mi paiono maturi, abbiamo bisogno di rendere più efficiente la società che abbiamo costruito, non di andare verso ulteriori allargamenti dell’assetto societario”.
“Vogliamo capire bene come sono i bilanci, quali saranno gli investimenti, le tariffe, se il Tmb sarà fatto in tempi brevi, come ci è stato assicurato. I conti di Iren non tornano per varie ragioni, noi chiediamo che siano corrette determinate scelte politiche e che, prima di arrivare a nuove aggregazioni, si capisca qual è davvero l’interesse dei territori”, ha quindi affermato la presidente della Provincia di Reggio Emilia, Sonia Masini.
Nello specifico, “pare un dato ineludibile il calo del valore delle azioni. C’è stata una perdita di valore secco da parte degli azionisti. Sono diminuiti gli investimenti, in particolare nel settore idrico e nella depurazione, e si prevede che diminuiranno ancora. Mi riferisco agli investimenti che portano servizi ai cittadini – ha proseguito la presidente – Sono aumentate le tariffe. Non calano le retribuzioni dei manager perché, nonostante lo sforzo fatto anche dal dottor Viero, minimo per la verità ma già apprezzabile, i compensi dei manager sono stratosferici come se fossimo di fronte a prestazioni incredibili dell’azienda anziché a delle perdite. Bisogna aprire una discussione sull’equità delle retribuzione in un Paese che sta tagliando a molti e non sempre in modo equo”.
“Sugli appalti osservo che quelli al massimo ribasso non favoriscono le imprese radicate nel territorio che sappiamo essere in gran parte imprese sane – ha continuato la presidente – Nei nostri enti abbiamo abolito da anni gli appalti al massimo ribasso perché portano in casa non si sa chi e difficilmente sono controllabili. Quanto agli atti messi in atto va detto che tutte le stazioni appaltanti stanno cercando di attrezzarsi per contrastare i pericoli nuovi. Dopo un anno che le altre stazioni appaltanti avevano sottoscritto il protocollo con la Prefettura, si è aggiunta anche Iren. Questo per dire che molto spesso non si anticipano le buone scelte, ma le si inseguono anche con un certo ritardo”.
La presidente Masini hai poi così commentato l’ipotesi di una grande multiutility del Nord: “Noi teniamo a questa società e abbiamo dubbi che ulteriori aggregazioni possano portare vantaggi al territorio perché allontanerebbero ancor di più le scelte e le ricondurrebbero nelle mani di pochi esperti che, talvolta, sono fallaci”.
Dibattito e interventi esterni
Ad aprire il dibattito è stato il capogruppo di Rifondazione comunista, Alberto Ferrigno: “Questo non è un processo – ha detto – ma avrei comunque voluto vedere qui il sindaco Delrio perché lui, più di tutti, ha voluto questa aggregazione e oggi non ha diritto di lamentarsi sui giornali per la scelta di affidare a una Spa lontanissima anni luce dal nostro territorio la facoltà di decidere investimenti”. “Il risultato è che le liberalizzazioni sono fallite, le bollette sono aumentate, interi lotti di terreno edificati sono senza fognatura. E tra proprietari non ci sono solo i sindaci, ma anche fondi investimento che risiedono alle Cayman”, ha concluso chiedendosi anche come mai i sindaci, che si erano tanto impegnati, ora non parlino più dello scorporo dell’acqua…”.
Mario Poli dell’Udc, dopo aver ricordato che il Consiglio aperto è stato reso possibile “grazie a un nostro ordine del giorno sottoscritto anche dal Prc“, ha parlato invece di “momento surreale” e di “una azienda in difficoltà su indebitamento e governance”: “I risultati di bilancio sono deludenti, il titolo perde valore, Edipower secondo l’assessore al Bilancio del Comune di Milano Tabacci ha un indebitamento di 5 miliardi, i 450.000 euro all’anno per amministratore delegato, presidente e vice sono eccessivi”, ha aggiunto Poli esprimendosi poi a favore di una aggregazione con A2A di Milano e Brescia.
Anche per Emanuele Magnani dell’Italia dei valori “non sono tutte rose e fiori, nonostante l’ad abbia definito normale il debito, normale la soppressione del dividendo e il calo delle azioni”. “Sarà tutto normale e tutto col tempo si aggiusterà, ma ora un indebitamento così alto fa mancare gli investimenti sul territorio, fa aumentare le tariffe, e il minor dividendo solo per Reggio significa 20 milioni in meno”, ha detto invitando “l’azienda a cambiare registro, ad abbassare i compensi dei manager e a non marginalizzare il ruolo degli enti locali”.
Ha quindi preso la parola Stefano Tombari della Lega Nord, che ha anche illustrato un ordine del giorno “perché gli esiti referendari devono concretizzarsi” (anche altri consiglieri hanno presentato odg, ma alla fine la discussione di tutti è stata rimandata ad un Consiglio successivo). Tombari ha chiesto anche chiarimenti “sulle trattative per una ulteriore aggregazione che andrebbe ulteriormente contro le finalità fondamentali della liberalizzazione dei pubblici servizi”, e ha parlato di “conflitto di interessi dei sindaci-azionisti: anche Mammi vuole il dividendo, ma per distribuire un dividendo l’azienda deve fare utili quindi aumentare le tariffe, pertanto i sindaci devono auspicare un aumento delle bollette a carico dei propri cittadini…”.
Per Giuseppe Pagliani del Pdl “al posto di Agac oggi c’è un’azienda cresciuta enormemente e che guarda ai mercati internazionali ed è condizionata da una serie di fattori che fanno sì che aggregazione e riduzione dei costi siano un percorso costante, quindi è poco serio cercare di far credere al territorio che ci sia un orizzonte reggiano in una azienda che da Reggio si è allontanata anni luce”. “L’unica è provare a contenere questo proliferare di aumenti, quindi prima parliamo di riduzione delle tariffe e anche degli interessi dei piccoli azionisti”, ha aggiunto definendo anche lui “troppo altri gli stipendi dei manager” e chiedendo “trasparenza anche su alcune collocazioni di ex politici reggiani”.
“Dubbi sul rapporto di Iren con il nostro territorio” anche da parte di Fabrizio Allegretti del Pd, “soprattutto ripensando al valore dell’esperienza passata di Agac, all’azione solidale delle realtà più forti verso quelle più deboli”. “Oggi preoccupano il dimensionamento dell’azienda e l’aumento delle tariffe, che vanno però raffrontate con altre realtà e con il livello di efficienza dei servizi per poter dare un giudizio più di merito e meno semplicistico”, ha concluso ricordando anche la “larga condivisione registrata in Consiglio provinciale sullo scorporo di servizio idrico”.
Ha quindi ripreso la parola, per una replica, il direttore generale di Iren, Andrea Viero: “Ho ascoltato giudizi molto sferzanti, ma un manager pubblico deve rispondere dei propri atti e io sono qui molto sereno a dire quello che ho fatto e quello che intendo fare, anche su scelte, come quella di Edipower, che ho ereditato”.
“Se davvero si pensa che Iren sia messa così male, allora come Consiglio provinciale dovrete occuparvi di molte aziende – Noi abbiamo comunque una gestione operativa che garantisce 170 milioni di divendi, prima della minusvalenza Edipower, quindi l’azienda è straordinariamente solida e anche il debito, a fronte di più di 600 milioni di margine operativo loro, è ampiamente sostenibile, anche perché non ci siamo indebitati per investire in titoli di moda, ma in impianti di pompaggio, tubi, un rigassificatore, impianti importanti al servizio dei territori”.
In quanto alla governance, “è in effetti un po’ barocca, ma ricordiamoci che la parte emiliana ha potere di veto su tutto e che, tranne per il dividendo, tutte le decisioni sono state prese con il parere vincolanti degli emiliani”.
Infine i compensi: “Più che pensare a ridurre gli stipendi degli altri, ho rinunciato spontaneamente a un 10% poi ad un altro 10%: l’assemblea è libera di decidere altri tagli, io sarò libero, nel caso, di decidere se accettare o no…”.
Infine, la “nota personale di amarezza”: “L’azienda ha i suoi punti di debolezza, ma non ritengo che il quadro che avete dato corrisponda alla realtà e, anche a nome dei dipendenti, dico che se dobbiamo migliorare e crescere, allora ci vorrebbe qualche pacca in più sulla spalla più che tanti calci nel sedere…”.
Sono quindi intervenuti Maurizio Vergallo di Sel, Mario Guidetti per i piccoli azionisti, Emiliano Codeluppi del Comitato Acqua bene comune, Bruno Casini della Cgil-Funzione pubblica e Fabio Zani di Cittadinanza attiva e Claudia Davoli della Rsu di Iren, per la quale “il vero punto è che l’operazione Iren, a differenza di quella Enìa, è stata una aggregazione fondamentalmente finanziaria che, oggi, sta dando molti problemi organizzativi come è inevitabile che sia quando una multiutility viene mescolata a una azienda che, più che ai servizi, pensa a fare business”.