Il rispetto per i corpi di persone morte è un dato che accomuna – pur nelle diverse modalità – tutte le culture umane. Tale rispetto, tuttavia, assumerà delle peculiari connotazioni nell’ambito della rivelazione cristiana. Alla luce del Vangelo, così, i cristiani formuleranno una vera antropologia teologica tesa a rivalutare la dimensione della corporeità destinata a partecipare alla gloria della resurrezione. Alla fine dei tempi, infatti, sarà quella carne a risorgere e – ritrovata l’unità con il principio spirituale – a godere i frutti della propria scelta di vita.

“Per questo, fin dalle origini – osserva mons. Tiziano Ghirelli, direttore dell’Ufficio per i beni culturali della diocesi di Reggio Emilia – la comunità cristiana ha conservato e circondato di venerazione i resti mortali dei propri membri, spesso uccisi a causa della fede. Ecco la ragione delle catacombe, che non saranno più definite “necropoli”, cioè città dei morti, ma “cimiteri”, ossia ‘dormitori’”.

Prendendo le mosse da queste considerazioni, nell’ambito del restauro della cripta del duomo reggiano nel 2008, il vescovo Adriano Caprioli, ha ritenuto opportuno promuovere la ricognizione delle insigni reliquie dei martiri Crisanto e Daria, che dal X secolo sono venerate a Reggio Emilia.

Riecheggiando Benedetto XVI, il Vescovo ha sottolineato che «i Santi ci ricordano che Dio concede ad esseri fragili il coraggio di testimoniarlo davanti al mondo. Invitandoci a venerare i resti mortali dei santi e dei martiri, la Chiesa non dimentica che si tratta di povere ossa umane che però appartengono a persone visitate dalla Grazia. Le reliquie sono perciò tracce di questa presenza invisibile ma reale che illumina le tenebre del mondo».

La presenza delle reliquie dei santi Crisanto e Daria sotto l’altare della cripta del duomo reggiano ha sottolineato per secoli ai fedeli che il sacrificio delle membra trae valore dal sacrificio di Gesù Capo della Chiesa. Le stesse reliquie, così, diventano espressione simbolica della comunione nell’unico sacrificio di Cristo di tutta la Comunità dei battezzati, chiamata a testimoniare, anche con il sangue, la propria fedeltà al Vangelo.

La ricognizione, oltre a verificare lo stato di conservazione di tali resti, ha anche offerto la possibilità di assicurarsi della loro veridicità, escludendo ipotesi di frodi.

Al termine dello studio, mons. Lorenzo Ghizzoni, vescovo ausiliare, afferma, perciò che «alla luce delle indagini scientifiche condotte in piena autonomia da una Commissione Scientifica presieduta dal prof. Ezio Fulcheri, docente di Anatomia Patologica presso l’Università di Genova e di Paleopatologia presso l’Università di Torino, la Chiesa reggiana può ritenere che nessun risultato emerso dalle diverse analisi condotte in collaborazione anche con le Università del Salento e di Firenze, contraddica i dati storici e tradizionali, pur rivestiti di elementi tipici della letteratura agiografica. Siamo perciò grati agli scienziati che hanno collaborato al progetto, reso possibile anche grazie ai fondi generosamente messi a disposizione della National Geographic Society e dalla professoressa Ave Caraffi, che ha offerto una borsa di studio per le indagini antropologiche in memoria del figlio, ing. Giovanni Pio Caraffi.

Nello specifico, oltre a una serie di dati antropologici e patologici acquisiti nell’ambito della indagine, la datazione del C14 ha dato conferma che gli scheletri conservati da oltre mille anni nella cattedrale reggiana, sono di due individui di giovane età, uno di sesso maschile e uno di sesso femminile, come emerso dall’esame del DNA, vissuti all’epoca dell’Impero Romano.

Uberto Spadoni, assessore ai Progetti speciali del Comune di Reggio Emilia, ha evidenziato come «l’interesse che un prestigioso Ente Scientifico quale il National Geographic Society ha dimostrato per Reggio Emilia e per il suo articolato patrimonio culturale, finanziando le indagini scientifiche sulle reliquie dei compatroni della città e promuovendo un circostanziato documentario in onda su National Geographic Channel il prossimo 19 aprile, costituisce un significativo riconoscimento a questa città, la cui storia si lega frequentemente a significativi eventi che hanno segnato nei secoli l’identità nazionale. Nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia, un’unità che ha radici storiche e civili a Reggio Emilia, luogo di nascita del Tricolore, possiamo affermare che identità e unità nazionali traggono linfa anche dal deposito di fede e cultura che le ricerche sui santi Crisanto e Daria accrescono e approfondiscono».