E’ cominciato davanti alla Corte d’Assise di Bologna il processo sulla cellula jihadista scoperta nell’agosto 2007 dalla Digos di Bologna con l’arresto di cinque persone, quattro tunisini e un marocchino. Sei gli imputati, accusati di associazione terroristica internazionale e di una truffa. All’udienza preliminare c’erano stati dieci proscioglimenti ed erano caduti i reati satellite di falso e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Cinque imputati, tutti detenuti, erano presenti in aula. Il sesto è latitante.
Oggi sono stati sentiti i primi testi dell’accusa, sostenuta dal Pm Luca Tampieri, tra cui l’Imam di Imola.
Secondo l’accusa, i cinque arrestati si stavano organizzando per andare a combattere in Iraq o Afghanistan come potenziali kamikaze o supporto di martiri. Ed è proprio per combattere la guerra santa che avrebbero svolto attività di proselitismo. Per gli inquirenti al vertice della cellula c’era un tunisino K.J, 40 anni, uno dei rinviati a giudizio, detto anche ‘Il colonnello’ perché aveva combattuto nelle milizie bosniache dei Mujaheddin durante la guerra nell’ex Jugoslavia. Da qui il ruolo di guida e reclutatore militare.
A dare il via all’indagine era stata la scoperta, ad Imola, di uno scatolone contenente documenti in arabo e cd-rom inneggianti al supremo sacrificio in nome dell’Islam. L’obiettivo del gruppo, secondo l’accusa, era portare il terrore all’estero, ma non in Italia. Fra le accuse anche quella di fornire supporto economico e logistico.
L’avvocato Desi Bruno, della difesa, ha sempre sostenuto che “non c’é una documento falso, non c’é una piantina, non ci sono armi. C’é solo materiale ideologico che dimostra un radicalismo religioso”. La prossima udienza è stata fissata per il 20 gennaio.