Il Presidente della Commissione Territorio Ambiente e Mobilità Marco Barbieri (Pd) sulla nuova legge urbanistica regionale approvata ieri in Assemblea Legislativa.
In un colpo solo l’Assemblea Legislativa Regionale ha riformato ben 4 testi di legge in appena 90 giorni, per rispondere al cosiddetto “piano casa” del Governo con la qualità amministrativa che la nostra Regione è in grado di esprimere. “Tutela dell’ambiente, sicurezza e semplificazione burocratica sono stati i punti cardine del nostro lavoro”, afferma soddisfatto Marco Barbieri durante il suo intervento in aula, “grazie ad un lavoro corale ed attento alla sostanza siamo riusciti, mediante l’unificazione di ben 4 testi di legge, ad attivare un processo di lungo periodo in grado di realizzare un miglioramento qualitativo delle nostre città”.
Semplificazione, dunque, ma non deregulation, sottolinea Barbieri che rivendica con orgoglio la scelta di calare le misure straordinarie di rilancio dell’edilizia in un più ampio processo di riforma del sistema del governo del territorio. Quello che poteva trasformarsi, senza che la Regione intervenisse, in qualche misura “spot” magari mal inserita sul territorio è diventata una riorganizzazione seria e complessiva, che permette di ridurre i tempi di elaborazione dei piani, semplificarne i contenuti e definire il ruolo dei vari livelli istituzionali, evitando sovrapposizioni.
Le novità
La L.R. 19 è stata riformata rafforzando il processo che porta alla individuazione degli ambiti di riqualificazione, con la predisposizione di un apposito documento, potenziando gli strumenti di partecipazione dei cittadini, potenziando la qualità architettonica anche attraverso appositi concorsi, valorizzando le Società di Trasformazione Urbana.
La L.R. 20 è stata riordinata soprattutto rendendo più efficaci e celeri i procedimenti previsti, semplificando ed accelerando i lavori di pianificazione, fornendo nuovi istituti giuridici. In particolare si è intervenuti potenziando le politiche di edilizia residenziale sociale, i premi per incentivare la qualificazione del patrimonio edilizio esistente, lo sviluppo degli strumenti negoziali per individuare accordi pubblico-privato. Di particolare interesse, poi, il rafforzamento e i principi di sviluppo ambientalmente sostenibile e il procedimento unico per l’approvazione delle opere pubbliche e di interesse pubblico: un vero atto di alleggerimento burocratico importante per cittadini e amministrazioni.
L’intesa sul Piano Casa
Nei cinque articoli che riguardano l’intesa (51/56) Regioni-Governo, operanti fino al 31 dicembre 2010, la legge consente l’ampliamento di edifici abitavi esistenti al 31 marzo 2009, siano essi mono o bifamiliari o di altra tipologia costruttiva, aventi una superficie utile complessiva comunque non superiore a 350 mq, nell’ambito di quanto già previsto dagli strumenti urbanistici vigenti. Tale ampliamento, anche in sopraelevazione è ammesso fino ad un massimo del 20% della superficie dell’intero edificio, e comunque non oltre i 70 metri quadri e deve essere realizzato con utilizzo di tecniche costruttive che garantiscano l’applicazione integrale dei requisiti di prestazione energetica previsti dalle attuale disposizioni regionali (delibera Assemblea legislativa 156/2000). Altra condizione è la valutazione della sicurezza e, qualora necessario, l’adeguamento sismico dell’intera costruzione, nell’osservanza della vigente normativa tecnica per le costruzioni.
L’ampliamento ammesso dalla legge può arrivare fino al 35% (comunque fino a 130 metri quadrati di superficie utile lorda dell’intero edificio) qualora attraverso l’intervento sia realizzata: l’applicazione integrale dei requisiti di prestazione energetica degli per l’intero edificio oggetto dell’intervento di ampliamento. Nei comuni classificati a media sismicità, è richiesta inoltre la valutazione della sicurezza e, se necessario, l’adeguamento sismico dell’intera costruzione qualora sia la stessa sia stata realizzata prima dell’entrata in vigore della classificazione sismica.
Anche sul fronte degli interventi di demolizione e ricostruzione sono previsti ampliamenti che vanno dal 35% se l’intero edificio è da ricostruire (in tale caso vanno applicati integralmente i requisiti minimi di prestazione energetica e l’edificio da ricostruire deve essere realizzato in conformità alla normativa tecnica per le costruzioni vigente) fino al 50 % se si interviene con delocalizzazione di edifici classificati come ‘incongrui’, oppure collocati in zone di tutela (ambientale culturale o paesaggistica), in ambiti a rischio ambientale o industriale, in aree demaniali, aventi destinazione pubblica. In quest’ultimo caso una serie di garanzie per assicurare che l’area dell’edificio demolito e quella di pertinenza sia oggetto di ripristino ambientale e non più destinabili all’edificazione.
Gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti anche su edifici nei quali siano presenti unità immobiliari ad uso diverso da quello abitativo purché in quota non superiore al 30% dell’intero edificio. L’ampliamento sarà comunque permesso solo relativamente alla superficie pertinente all’uso abitativo.
Le tutele del territorio
Previsti una serie di limiti tra i quali: divieto assoluto di ampliamento, demolizione
ricostruzione per gli edifici situati nei centri storici, nelle zone di rilevanza ambientale (“zone di tutela naturalistica, sistema forestale boschivo, invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d’acqua, zona di tutela della costa e dell’arenile); nelle aree dei parchi e delle riserve naturale (eccezion fatta per i terrori ori compresi nelle zone D (L.6/2005).
Sono esclusi dai benefici della legge gli edifici interessati da opere abusive, per le quali sono in corso i procedimenti sanzionatori. per specifiche ragioni di interesse pubblico È consentito ai Comuni escludere o limitare l’applicazione dagli interventi relativamente ad alcuni specifici ambiti o singoli immobili.
Nuove sfide: il diritto alla casa
La prossima sfida è quello di potenziare gli interventi per chi anche oggi non vede garantito il proprio diritto alla casa: servono fondi certi per gli alloggi popolari, in crescita di richiesta anche in Emilia-Romagna (30.000 richieste ERP). Il piano casa della Regione ha messo in moto 42 milioni di euro: una revisione del Patto di Stabilità ci permetterebbe di partire con altri 3000 alloggi da costruire all’insegna della qualità e dell’integrazione del tessuto urbano.