La Liberazione della città di Reggio Emilia chiese un tributo di sangue non indifferente ai resistenti, e molti sono stati gli storici che si sono impegnati a dare un volto ed una dignità a quei giovani che il 24 aprile 1945 rimasero sulle strade cittadine senza più rialzarsi. Eppure, ad 80 anni di distanza, ancora poco si sa di chi, venendo dall’altra parte del mondo, ha concluso la propria esistenza a Reggio.

Oggi, in occasione dell’80° anniversario, grazie ad una ricerca storica portata avanti dai reggiani Michele Becchi (già coautore del volume di successo “22.000 bombe su Reggio Emilia” edito da Istoreco) e Giacomo Matacotta (Associazione Studi Militari Emilia-Romagna) è stato finalmente possibile restituire l’identità di un ragazzo americano che il 24 aprile 1945 rimase ucciso nei combattimenti.

Il compito di prendere Reggio era stato affidato al 133° Reggimento Fanteria della 34° Divisione di Fanteria americana, il cui nickname era “Red Bull” per via del teschio di toro di colore rosso che era emblema divisionale. Divisione più che veterana, ha preso parte alla campagna del Nord Africa per poi sbarcare a Salerno nel settembre 1943 e partecipare alla prima battaglia di Montecassino all’inizio del 1944. Il 24 aprile, il 133° muove da Rubiera con il 1° ed il 2° battaglione in qualità di schermo per il 3°, quest’ultimo incaricato di entrare in città.

Alle ore 17.30, un bombardamento di artiglieria tedesco cade nella periferia sud-orientale, tra Canali e Baragalla, dove gli americani della compagnia B, 1° Battaglione, 133° Reggimento avevano istituito un posto di blocco. Sette di loro sono a terra feriti che si lamentano, mentre uno è esanime, ucciso sul colpo dalle schegge.

Essendo questo l’unico caduto di cui si ha traccia nei rapporti del 133° per la giornata del 24 aprile 1945, con ogni probabilità si tratta di un ragazzo di 25 anni, ben piazzato con circa 1,80 m di altezza e un’ottantina di kg di peso, proveniente da una zona rurale dell’Iowa. Per la precisione nasce a Bradgate il 18 dicembre 1919, ed al momento dell’arruolamento risiede a Rolfe, dove lavorava presso una fattoria locale. È nell’esercito da parecchio, dove ha svolto servizi non di combattimento in varie unità di retrovia, ma con i “Red Bull” solo dal dicembre del 1944, giunto come rimpiazzo. Il suo nome è James Berton Murray, che ad oggi riposa al Cimitero Militare Americano di Firenze nel quadrante A, fila 10, tomba 18.

L’unica nota di incertezza è data dalla compagnia: da un documento del dicembre 1944 risulta effettivo alla compagnia I del 3° Battaglione, mentre il bombardamento è avvenuto in un settore tenuto dalla compagnia B del 1°. È altamente probabile che da allora fosse stato trasferito, tant’è che dai documenti reperiti, causa della morte di Murray risultano proprio essere schegge d’artiglieria che gli hanno perforato collo e volto.

Una cosa è tuttavia certa: il giorno della sua morte tutti i documenti lo collocano a Reggio Emilia.