Le nuove regole introdotte dal Collegato lavoro alla Legge di stabilità 2025 stanno già avendo importanti ripercussioni sui lavoratori.

E’ infatti possibile per le aziende comunicare in Itl le avvenute dimissioni per fatti concludenti di un lavoratore, se questi si assenta per più di 15 giorni senza giustificato motivo (o per un tempo superiore a quanto previsto dai Ccnl).

Prima se il lavoratore era assente, l’azienda aveva la possibilità di licenziarlo, oggi di dimetterlo. “E’ una differenza sostanziale – afferma Fernando Siena della segreteria Cgil Modena – perché in caso di dimissioni il lavoratore non ha diritto alla disoccupazione (Naspi)”.

“Quella delle dimissioni per fatti concludenti è certamente un’arma in più che si vuole dare al datore di lavoro e che priva di protezione sociale il lavoratore” continua Siena.

Ma ci sono anche altri aspetti distorsivi di queste nuove misure a danno solo del lavoratore. “Si arriva infatti al paradosso che questa norma, voluta dal legislatore per colpire a suo parere i <furbetti>, da un lato si ripercuote su tutti i lavoratori e le lavoratrici che per diversi motivi non riescono a comunicare un’assenza prolungata e dall’altro favorisce tutte quelle aziende <furbone> che illegittimamente nei cambi di appalto, per motivi economici a loro favorevoli, scaricano la responsabilità datoriale sui dipendenti”.

Nei cambi appalto, la norma prevede una importante decontribuzione per le imprese che non licenziano nel corso dell’anno, e per non perdere questo beneficio, l’azienda non rispetta quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, cioè i licenziamenti per cambio di appalto, potendo oggi arrivare alle dimissioni per fatti concludenti. Ma se il lavoratore è licenziato nell’arco delle 13 settimane successive nel nuovo appalto, non ha diritto alla Naspi.

“Stiamo tutelando una lavoratrice che, a fronte di dimissioni volontarie a dicembre ‘24 e della volontà dell’attuale datore di lavoro di interrompere anzitempo il contratto, oggi rischia di non poter accedere alla Naspi e di non avere copertura né retributiva, né contributiva… a meno di 2 anni dalla pensione” afferma Lisa Cataldo della Filcams Cgil Modena.

L’obiettivo della Cgil è di frenare, anche attraverso la leva vertenziale, questa deriva che va a danneggiare la fascia più debole dei lavoratori e aumenta la loro fragilità contrattuale.

“La Fp Cgil sta assistendo, insieme al nostro legale, svariati lavoratori che, a seguito di un cambio appalto molto complesso, sono stati dimessi per fatti concludenti dalla propria ex cooperativa ed è stato loro trattenuto anche il mancato preavviso. Peraltro, pur negandolo, la cooperativa uscente era assolutamente a conoscenza che i suoi ex dipendenti erano passati alle dipendenze del nuovo gestore. E infatti era stata sollecitata da noi a procedere con i licenziamenti” afferma Federica Di Napoli della Fp Cgil Modena.

La Cgil di Modena pertanto vigilerà che i lavoratori, assunti a seguito di cambi di appalto dalle nuove cooperative, vengano licenziati dalle uscenti, e non dichiarati dimessi. Sollecita le Associazioni Datoriali di Categoria a un confronto urgente in merito.

Pare evidente che l’effetto delle novità legislative è di rendere i lavoratori sempre più precari e ricattabili, irrobustendo i datori di lavoro sempre più aggressivi, con la conseguenza di relegare il lavoro e i lavoratori in uno stato non più di subordinazione, ma di sudditanza.

A fronte di ciò, sono allora ancora più forti le ragioni referendarie dell’8-9 giugno promosse dalla Cgil che chiede il voto di tutti i cittadini e le cittadine per un lavoro più stabile, più tutelato, più sicuro e più dignitoso.