La strada come casa: sono oltre settemila i senza dimora in Emilia-Romagna. C’è chi dorme su una panchina, chi sotto un portico, chi trova riparo in una stazione o in un vagone abbandonato. Più di quattromila le persone senza dimora stimate nei comuni dell’Emilia-Romagna con più di 50mila abitanti. A Bologna, si aggiungono almeno tremila presenze.
Dietro ogni volto c’è una storia, spesso segnata da fragilità pregresse, da una rete sociale che si è spezzata, da dipendenze o malattie. E mentre la presenza di queste persone nelle città cresce, cambiano anche i loro bisogni e i loro profili: non solo uomini, ma anche donne, giovani, migranti, persone con disabilità. Con i servizi di accoglienza che fanno il possibile.

A fare il punto sullo stato di servizi e progetti a favore delle persone in situazione di grave marginalità è il convegno “Dalla tradizione all’innovazione nei servizi per le persone senza dimora”, che si è tenuto oggi a Bologna presso la Fondazione Lercaro.

Promosso dalla Federazione italiana organismi per le persone senza dimora, associazione di solidarietà sociale nell’ambito della grave emarginazione adulta, ha visto la partecipazione, tra gli altri, dell’assessora regionale alla Legalità e Contrasto alle povertà Elena Mazzoni.

I lavori hanno analizzato la strada fatta a dieci anni dalle Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta, messe a punto da Ministeri, Regioni, Enti locali ed esperti, e che sono state il primo documento ufficiale di programmazione nel settore della grave marginalità, per investire fondi pubblici in servizi e strategie abitative innovative.

“Uno dei problemi principali- afferma l’assessora Mazzoni- riguarda la conoscenza sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo di questa realtà. Servono dati aggiornati e continuativi, fondamentali per un monitoraggio efficace e tempestivo della situazione e in grado di restituire la reale portata del fenomeno, che resta in larga parte sommerso. Gli interventi di enti pubblici e realtà private, che oggi vengono illustrati, offrono informazioni preziose sulle caratteristiche delle persone coinvolte, sui percorsi che le hanno condotte verso forme di marginalità estrema e sui loro bisogni, ma si tratta di necessità molteplici, che si aggravano con il protrarsi della vita in strada e rendono più difficili le ipotesi di reinserimento”.

“Il secondo nodo centrale- spiega Mazzoni- è quello delle risorse. Non solo in termini di quantità, ma anche di stabilità, un aspetto fondamentale per garantire interventi efficaci nel tempo e uscire dalle logiche dell’emergenza. Infine- chiude l’assessora regionale- va superata l’impostazione che vede la separazione a priori tra Regioni e Città Metropolitane, sia per quanto riguarda il Fondo nazionale povertà che il Fondo sociale europeo della nuova programmazione 2021- 2027 con l’obiettivo di costruire maggiori sinergie ed economie di scala”.

Le risorse

A livello nazionale al Fondo di contrasto alla povertà sono destinati 20 milioni di euro, che per l’Emilia-Romagna si traducono in una disponibilità di quasi 1,2 milioni ripartiti nei Comuni con più di 50mila abitanti: Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Forlì, Rimini, Ravenna, Unione Terre d’Argine, Unione della Romagna Faentina, ASP Circondario Imolese, Unione Comuni Valle Savio. A queste risorse si aggiungono quelle del Comune di Bologna, pari a circa 550mila euro. Poi ci sono le risorse comunitarie e del Pnrr.

Il progetto regionale INSIDE

In Emilia-Romagna, nell’ambito del progetto regionale INSIDE, concluso a dicembre 2023 e finanziato dal Fondo sociale europeo, sono state contattate dai servizi oltre 6.200 persone che vivevano in strada: in maggioranza uomini (il 71%) e per circa un terzo italiani.  La fascia di età più rappresentata è tra i 30-55 anni, mentre gli stranieri sono prevalenti nella fascia dai 18 ai 25 anni e sono in aumento. Molti giovani erano ex minori stranieri non accompagnati oppure persone uscite dal circuito dell’accoglienza e intercettate dai servizi. Tra le donne straniere vi sono poi soprattutto richiedenti asilo, donne uscite da convivenze difficili o vittime di violenza, ragazze spesso seguite in precedenza dai servizi di tutela minori con situazioni di difficoltà.