In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione delle discriminazioni razziali, domani, venerdì 21 marzo alle 16.30 alla Casa di Quartiere Katia Bertasi, via Fioravanti 18/3, è in programma la presentazione del Rapporto 2024 dello Sportello Antidiscriminazioni del Comune di Bologna.

L’incontro pubblico prevede interventi della vicesindaca Emily Clancy, di Sara Accorsi, consigliera delegata al Welfare della Città metropolitana e Erika Capasso, delegata alle Nuove cittadinanze del Comune. Seguiranno interventi di approfondimento sul lavoro dello Spad e sulle attività svolte nel corso dell’anno. La presentazione dei dati del rapporto sarà a cura dell’osservatorio Cospe. Basma Aissa, pedagogista, offrirà una riflessione sul mondo scolastico, mentre i referenti delle associazioni Universo e DiversaMente condivideranno le loro esperienze e le riflessioni maturate sul campo. Michelle Rivera, Diversity Manager del Comune di Bologna, modererà l’evento.
La presentazione del rapporto Spad è promossa dal Comune di Bologna, in collaborazione con Africa e Mediterraneo e le Associazioni della Rete Spad.

I dati principali dati dal Rapporto Spad
Nel 2024, lo Spad ha registrato un aumento degli accessi (+22% rispetto all’anno precedente). In totale, sono state registrate 56 segnalazioni, con una media di 4-5 al mese, di cui 44 ritenute pertinenti. Nella maggior parte dei casi (59%), le segnalazioni sono state effettuate dalle persone direttamente coinvolte nei fatti segnalati. Nei restanti casi, la segnalazione è stata fatta da una persona testimone (7%) o segnalante (34%).

Il Rapporto 2024 offre un’analisi dettagliata dei casi di discriminazione segnalati, approfondendo le diverse tipologie, i contesti in cui si verificano e i profili delle persone coinvolte.
Le discriminazioni a sfondo razziale, basate sulla provenienza/nazionalità (44%) e l’ ‘origine etnica’ (6%), rappresentano la maggioranza dei casi. Seguono le discriminazioni per disabilità (14%), genere (10%) e status socio-economico (9%). Altri fattori includono condizioni di salute (5%), età (3%), orientamento sessuale (3%), identità di genere (2%), orientamento politico (2%) e religione (2%).
Nel 23% dei casi si è osservata un’intersezione tra due o più fattori di discriminazione e sono per questo stati identificati come “discriminazioni intersezionali”, ovvero discriminazioni basate su più fattori che interagiscono tra loro in modo da non poter più essere distinti e separati, producendo forme specifiche di discriminazione. Tra le intersezioni più frequenti si trovano quelle tra il fattore provenienza/nazionalità e lo status socio-economico (40%), il genere (30%) e la disabilità (20%). Il 2% dei casi, invece, riguarda discriminazioni multiple, anche queste basate su più fattori, che tuttavia operano separatamente.

In merito alla modalità di discriminazione, le discriminazioni dirette risultano le più frequenti (37,5%) e comprendono situazioni in cui una o più persone ricevono, sulla base di uno o più aspetti della propria identità, un trattamento diverso e meno favorevole rispetto a quello riservato ad altre persone in una situazione analoga. Tra le modalità di discriminazione giuridicamente riconosciute, seguono per frequenza le discriminazioni indirette (19%), le molestie (12,5%) e i discorsi d’odio (9%). Significativo anche il dato sulle discriminazioni “percepite” (22%), atti o comportamenti che, pur non avendo una base giuridica solida, sono avvertiti come discriminatori.
In prevalenza, le discriminazioni hanno colpito persone identificatesi nel genere femminile (47%), mentre la percentuale di “vittime” di genere maschile è risultata inferiore (25%). Nel 16% dei casi la discriminazione ha coinvolto un gruppo di persone, mentre nel 3% di questi sono stati colpiti nuclei familiari.
Nella maggior parte delle segnalazioni, i/le responsabili delle discriminazioni sono stati/e individuati/e in privati/e cittadini/e (27%), categoria che comprende sia singoli individui (11%) che gruppi di persone (16%). Seguono per frequenza i casi di discriminazione agiti da parte di servizi o amministrazione pubblica (24,5%) – categoria che comprende sia uffici pubblici (8%), che leggi, regolamenti o bandi (11%) che rappresentanti politici (5,5%) -, da parte delle forze dell’ordine (18,5%) e di enti privati (16%). Il 14% dei casi è stato infine riconosciuto come “discriminazione sistemica”, ovvero situazioni in cui non sono stati individuati singoli responsabili, ma si è riconosciuto il principale agente discriminante in un sistema di consuetudini, norme, prassi, atteggiamenti e/o regole che interagiscono tra di loro creando barriere ai processi di integrazione che finiscono per creare o aumentare le disuguaglianze.
La maggioranza degli episodi di discriminazione si è verificata in spazi pubblici (72,5%), mentre il 15% dei casi ha avuto luogo in spazi privati. Nel restante 12,5% dei casi non è stato definito o reso esplicito il luogo dell’evento discriminatorio. In riferimento agli spazi pubblici, gli uffici pubblici sono quelli con il più alto numero di segnalazioni (10 casi), seguiti da spazi online (15%), strade, parchi o piazze pubbliche (9%) e stazioni o mezzi di trasporti pubblici (6%).

L’analisi degli ambiti in cui avvengono le discriminazioni rivela che l’erogazione di servizi pubblici è l’ambito più frequente (32%); più basso invece il dato su erogazione di servizi da esercizi privati (5%). Significativo anche l’ambito della casa (13,5%), dove le discriminazioni riguardano sia le condizioni abitative (8%) che l’accesso al mercato immobiliare privato (5,5%). La vita pubblica rappresenta l’11% dei casi, mentre seguono scuola, università e istruzione (8%), forze dell’ordine (8%), mezzi di comunicazione (5%), salute (5%) e trasporto pubblico (5%). Infine, si segnalano casi isolati nel mondo del lavoro (1 caso) e in ambito familiare (1 caso).

All’interno del terzo rapporto sono anche presentati i risultati del percorso di azioni congiunte di raccolta dati e monitoraggio che lo Spad ha avviato in collaborazione con i Centri Antidiscriminazione Star e Spazio Cassero, gestiti rispettivamente dalle associazioni Mit – Movimento Identità Trans e Arcigay Il Cassero, per una mappatura più completa delle discriminazioni sul territorio. Per la prima volta, i gruppi di lavoro che animano gli sportelli si sono incontrati per avviare un confronto sugli strumenti e le metodologie di raccolta dati – un’operazione fondamentale per raccogliere più informazioni su fenomeni che sono spesso sotto-stimati, così da favorirne l’emersione.

Gestione dei casi
Il 73% delle segnalazioni è stato preso in gestione direttamente dallo Spad, con il 56% che ha richiesto un intervento di secondo livello, più approfondito, e il 17% risolto con una consulenza di primo livello. Le azioni intraprese sono state variegate: il 42% ha previsto la relazione con altri soggetti, il 18% consulenza legale, il 3% assistenza legale, il 5% supporto psicologico, il 5% mediazione del conflitto e il 10% accompagnamento ad altri servizi. Nel 15% dei casi sono state promosse azioni mirate, ossia azioni che rappresentano interventi strategici e di ampio respiro, che si distinguono dalle azioni di risoluzione diretta del singolo caso. Nel 19% dei casi le persone sono state reindirizzate ad altri servizi, mentre l’8% è stato registrato a scopo informativo. Nel complesso, il 98% è stato portato a chiusura entro l’anno.
Oltre ai dati statistici, il rapporto presenta approfondimenti su tematiche rilevanti per il contesto locale: i discorsi d’odio, gli ostacoli nell’acquisizione della cittadinanza italiana per i/le giovani di origine straniera, l’impatto psicologico delle discriminazioni ed esempi concreti di segnalazioni ricevute dallo Spad.

Nel 2024, lo Spad ha ampliato il proprio raggio d’azione, consolidando il suo ruolo attraverso diverse iniziative. L’apertura di un nuovo punto sperimentale nel Quartiere Porto Saragozza, che si aggiunge allo sportello presso il Centro Interculturale Zonarelli, ha migliorato l’accessibilità del servizio.

Lo Spad, nato nel 2021, si è progressivamente affermato come punto di riferimento per le persone che subiscono o assistono a episodi di discriminazione basati sull’origine, la provenienza, la discendenza o la religione. Il servizio offre ascolto, consulenza e supporto, con l’obiettivo di trovare soluzioni concrete e promuovere una cultura dei diritti.