Di seguito, la comunicazione del sindaco Marco Massari al Consiglio comunale, in occasione del Giorno della Memoria, 80° anniversario della liberazione del complesso di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau:
“Venticinque anni fa, all’alba del nuovo millennio – ha detto il sindaco Massari – il Parlamento italiano decise l’istituzione del Giorno della Memoria, nell’anniversario della liberazione di Auschwitz avvenuta il 27 gennaio 1945 ad opera delle truppe sovietiche.
Artefice di questa iniziativa fu Furio Colombo, scomparso pochi giorni fa. Colombo aveva indicato come Giorno della Memoria non il 27 gennaio bensì il 16 ottobre, anniversario del rastrellamento degli ebrei nel Ghetto di Roma, nel 1943, per opera dei fascisti. Questo per segnalare la corresponsabilità del fascismo che già aveva emanato le leggi razziali nel 1938, con la complicità di casa Savoia, condividendo l’aberrante idea della “soluzione finale”.
Si voleva così ricordare quanto quella tragedia avesse radici anche nel nostro Paese, nella nostra storia, nella nostra cultura. Perché non ci si potesse sottrarre ad una analisi e da una condivisione di responsabilità per quanto era accaduto.
Anche a Reggio ebrei furono arrestati da italiani – e già tre deputati reggiani cinque anni prima avevano votato a favore delle leggi razziali. Gli ebrei reggiani arrestati furono tenuti prigionieri nella nostra periferia prima di raggiungere Fossoli e partire con quello stesso trasporto per Auschwitz su cui era anche Primo Levi. Il tutto nel silenzio e nell’isolamento.
Come ci ricordava lo storico David Bidussa pochi giorni fa, tutti i genocidi e gli stermini avvengono perché ci sono atti di obbedienza. Ci sono sguardi inerti, situazioni in cui avvengono cose, ma si sceglie di ignorare e se quello sterminio è avvenuto, non è avvenuto solamente producendo morti, è avvenuto perché i vivi si voltavano da un’altra parte.
La ricerca del più ampio consenso politico portò poi a scegliere il 27 Gennaio, decisione poi seguita 5 anni dopo dalle Nazioni Unite e da altri Paesi.
Sono ormai passati 80 anni da quando l’esercito russo è entrato ad Auschwitz-Birkenau, rivelando al mondo l’orrore nazista in tutta la sua durezza, così inconcepibile da diventare inenarrabile: questo orrore era nei corpi scheletrici dei pochi sopravvissuti, nei resti di quei forni crematori che – prima di scappare – i nazisti avevano tentato di fare esplodere, era nelle baracche, nelle latrine, nell’annullamento dell’essere umano, nella violenza che si respirava, nell’aria fredda del campo. tutto questo apparve allora nella sua sconcertante disumanità, per diventare poi storia, esperienza collettiva dell’umanità.
LE PAROLE DELLA MEMORIA – “Anche se non esiste linguaggio, per quanto ricco, per quanto esplorato da grandi autori, che possa descrivere quanto accaduto – ‘la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo’, diceva Primo Levi – abbiamo tenacemente provato a mantenere viva la fiamma della Memoria.
Una Memoria tanto necessaria, ieri e ancor di più oggi.
‘E’ avvenuto, quindi può accadere di nuovo’, scriveva Primo Levi in Sommersi e salvati. Parole – ha proseguito il sindaco – che rispondono da sole alle legittime domande di quanti si chiedono ancora se sia opportuno continuare a celebrare il Giorno della Memoria.
E’ ancora utile ricordare? E qual è il significato profondo nel farlo oggi, 80 anni dopo Auschwitz, quando la democrazia appare quanto mai in crisi e l’Onu assiste impotente al dilagare di conflitti sanguinosi e la guerra è diventata una delle coordinate della quotidianità?
La risposta arriva ancora una volta dalle parole di Primo Levi: ‘Non è facile ne gradevole scandagliare questo abisso di malvagità eppure io penso che lo si debba fare perché ciò che è stato possibile perpetrare ieri potrà essere tentato domani, potrà coinvolgere noi stessi e i nostri figli’.
Ma è necessario un cambio di passo, di prospettiva, perché di nuovo, siamo di fronte a messaggi, a parole, che danno quasi per scontato la discriminazione, il rifiuto, la criminalizzazione dell’altro, la distinzione fra uomo e uomo.
In Italia, in Germania e in Europa torna a fiorire la mala pianta dell’antisemitismo con il partito di estrema destra tedesco, l’Afd, che raccoglie ampi consensi e che ha l’appoggio dichiarato di uno degli esponenti di spicco della nuova amministrazione americana.
Dobbiamo capire che non siamo più immuni da quelle parole, da quelle idee che portarono alla tragedia.
Non si giudichino le persone per la loro religione, perché così facendo, si insinua, implacabile, l’idea terribile che esse siano colpevoli per appartenenza ad un credo o ad una razza. Idee incompatibili con i valori portanti della nostra democrazia.
Ecco perché la necessità del ricordo come antidoto: è questo lo sforzo a cui siamo chiamati oggi. Uno sforzo doloroso ma indispensabile.
MEMORIA, PRESENTE E FUTURO – “Prendo a prestito le parole di Anna Foa, una storica ebrea contemporanea, studiosa dell’ebraismo:
“Il 27 Gennaio è diventata una ricorrenza civile comune a tutti i Paesi europei, una occasione per battersi contro il razzismo, contro l’antisemitismo, contro la guerra. E’ essenziale aprire la celebrazione e quindi la stessa Memoria a tutto ciò che sta accadendo nel mondo; la Memoria deve aiutarci a guardare al futuro. Il 27 Gennaio quindi non è solo Memoria, ma una giornata diretta a tutti, necessaria per allargare lo sguardo al contesto internazionale, un contesto sempre più drammatico, pericoloso e pieno di tragedie”.
Dopo l’orrore del 7 ottobre 2023, non possiamo chiudere gli occhi sul massacro di Gaza, non solo una guerra contro Hamas, ma un crimine contro i civili, i bambini, i vecchi, le donne. Un crimine di cui il governo di Benjamin Netanyahu dovrà rispondere di fronte ai tribunali internazionali. Ci auguriamo che la tregua sia un passaggio verso la pace, una pace giusta, con una terra pacifica per i palestinesi. Non una semplice sospensione temporanea della guerra, come purtroppo farebbero supporre i fatti in Cisgiordania.
Occorre però distinguere i piani tra la Memoria di un popolo e gli errori tragici e imperdonabili di un governo colpevole di una reazione non giustificabile.
Guai a far sì che questo dia adito all’antisemitismo.
La Memoria della Shoah non può essere cancellata nel suo significato storico e suo portato simbolico per il popolo ebraico, da divisioni e polemiche che con la Memoria di quello sterminio non hanno niente a che vedere.
La Shoah non è stata solo un crimine di guerra, è stata il più terribile genocidio organizzato e sistematico della storia umana, la cancellazione di un popolo e con essa di altre centinaia di migliaia di disabili, zingari e oppositori politici.
Noi, qui, oggi, dobbiamo fare la nostra parte: coltivare il nostro pezzetto di umanità: ricordare e agire perché non si ripeta.
Prima di tutto ricordando e poi studiando per non reiterare gli orrori della storia. Sempre Primo Levi diceva: ‘Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre’.
Ma la terza e non meno importante azione che, come comunità reggiana possiamo fare, è continuare a chiedere a gran voce la pace. La speriamo, la vogliamo, la cerchiamo nei pertugi degli accordi, nei compromessi tra le parti.
Noi vogliamo la pace ora, e ci alleeremo con tutti coloro che non sono disposti a leggere il passato con il dazio del presente.
PIETRE D’INCIAMPO – “Per concludere vorrei ricordare come nella nostra storia di reggiani ci sono vicende che non ci stancheremo mai di raccontare. Storie di nostri concittadini che, magari passando dal campo di Fossoli, a pochi chilometri da qui, venivano deportati in treno ad Auschwitz o in altri luoghi di sterminio per essere uccisi a volte prima ancora di mettere piede nel campo.
Sono persone che oggi ricordiamo grazie al lavoro fondamentale degli Istituti storici, grazie alle preziose testimonianze dei sopravvissuti, grazie a piccole e grandi iniziative come la collocazione delle Pietre di inciampo, posizionate laddove queste persone abitavano prima della deportazione.
Sono piccole pietre d’ottone ma illuminano enormi baluardi di memoria.
DUE REGGIANI NEL GIARDINO DEI GIUSTI – “Vorrei aggiungere – ha concluso il sindaco Massari – che tra i tanti alberi del Giardino dei Giusti tra le nazioni, ci sono quelli dedicati a due reggiani.
Il primo è don Enzo Baldoni.
E’ stato parroco di San Bartolomeo dalla fine della guerra fino al 1972, anno della morte.
Durante la guerra era parroco a Quara, in Appennino, dove ha contribuito a salvare decine di ebrei nascondendoli nei boschi e portando loro viveri e coperte. Esistono testimonianze commoventi di famiglie per cui don Enzo ha rischiato la vita e le sue omelie erano coraggiosi inni alla pace e all’uguaglianza.
Il secondo è un gelataio, Francesco Tirelli.
Originario di Reggio, si trasferì a Budapest, dove aprì una piccola gelateria e ospitò nel retro del suo negozio un gruppo di ebrei che erano stati costretti ad abbandonare i loro nascondigli.
Sono due storie che ricordano che si può sempre scegliere, con umanità, con coraggio, con intelligenza.
In conclusione vorrei esprimere con immenso affetto tutta la nostra vicinanza e solidarietà a Liliana Segre, nostra cittadina onoraria, preziosa testimone di quella violenza ed espressione di consapevole intelligenza, vittima di continue minacce ed insulti, che si sono fatti più intensi negli ultimi tempi.
L’impegno che tutti noi ci prenderemo è che, dopo che gli ultimi testimoni ci lasceranno, la tragedia della Shoa non sarà solo una riga di un libro di testo”.