“Partiamo dalle cifre, al di là di ogni strumentalizzazione elettorale e di ogni demagogia, rispetto a numeri non corretti che qualcuno, in grande difficoltà, sta facendo girare, cercando quel consenso che evidentemente non ha e proviamo a spiegarlo in modo semplice” apre così Giulia Casamassima, responsabile sanità Fp Cgil di Modena per spiegare le ragioni della mancata sottoscrizione del rinnovo del contratto della Sanità pubblica 2022-2024. “Quando diciamo che nel triennio 2022-2024 abbiamo registrato un inflazione del 17,3 %, facciamo riferimento al dato che ci dice di quanto un lavoratore, che non vede variare il proprio stipendio, sia più povero, di come cioè, a parità di stipendio, lo stesso possa comprare meno cose” continua la sindacalista.
“I lavoratori della sanità modenese si aspettano un sindacato che si batta con forza per la tutela di tutti i diritti e gli interessi dei lavoratori. Questo significa, in concreto, lottare per un contratto che consenta almeno di recuperare il potere d’acquisto perduto”, sottolinea Nicola Maria Russo, segretario provinciale Uil Fpl.
Se l’inflazione è al 17,3% e accettiamo un rinnovo che ci consente di recuperare solo il 6%, allora non stiamo svolgendo il ruolo di un sindacato che difende gli interessi dei lavoratori. Da qualsiasi prospettiva si voglia analizzare la situazione, un aumento del 6% equivale a una perdita netta del potere d’acquisto”, continua Russo.
“Non dimentichiamo che il dato inflazionistico riferito al triennio 2019-2021 era del 3,9% e il recupero in percentuale ottenuto con il vecchio rinnovo contrattuale è stato del 3,48%. Non proprio la stessa cosa” aggiunge Casamassima.
“I tanto sbandierati 172 euro al mese che rappresenterebbero l’aumento medio mensile dei lavoratori del comparto sanità, aprono il campo ad un curioso rebus matematico. Infatti, se prendiamo ad esempio gli operatori sociosanitari, per i quali era previsto un aumento di circa 120 euro al mese, e sottraiamo l’indennità di vacanza contrattuale che questi lavoratori percepiscono già in busta paga, otteniamo una cifra di circa 50 euro lordi al mese di reale aumento. Per arrivare a 172 euro mancherebbero all’appello 122 euro, dove sono?” si chiedono i due sindacalisti.
Lo stesso dicasi per i soldi destinati ad incrementare il sistema indennitario e lo sviluppo professionale. Briciole! solo 172 euro anno procapite contro i 324 euro del precedente contratto. Eppure, tutti abbiamo ben presente quanto accaduto con le progressioni economiche orizzontali 2023 anche per la scarsità di risorse a disposizione.
Ancora: l’impossibilità di derogare ai tetti di spesa sul salario accessorio, sancito con la legge di bilancio, avrebbe impedito di finanziare il welfare aziendale senza sottrarre risorse alla produttività collettiva.
L’introduzione delle ferie ad ore, considerando la situazione degli organici delle aziende sanitarie modenesi, senza un adeguato finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale per incrementare gli organici, o il riferimento ad una settimana corta, che corta non è, ma solo una rimodulazione su 4 giorni dell’orario di lavoro, rischiavano solo di essere un ulteriore strumento di pressione da parte aziendale nei confronti dei lavoratori, piuttosto che strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
La possibilità di poter derogare al tetto delle sette pronte disponibilità, di ricorrere all’attività aggiuntiva (portata a 50 euro per renderla più allettante) per qualsiasi necessità aziendale, la detassazione dello straordinario, esprimono un idea ben chiara: “se vuoi guadagnare di più, devi lavorare di più” e concettualmente non farebbe una piega se non fosse rivolto a lavoratori che hanno una media di ferie non godute di circa 35 giorni, parlando delle aziende sanitarie modenesi.
“Ci si accusa di aver bloccato la sottoscrizione del rinnovo contrattuale solo per fare campagna elettorale, perché invece di fare sindacato, facciamo politica – continua Casamassima – ma a dimostrazione del fatto che i contratti che permettono il recupero dell’inflazione, si possono firmare e vengono firmati, col nuovo CCNL Agidae che ha permesso il recupero del 10% dell’inflazione, oggi, le lavoratrici e i lavoratori che operano nei servizi alla persona gran parti accredidati ed finanziati dal pubblico, hanno uno stipendio più alto dei colleghi che operano nel settore pubblico”.
“Ciò che più ci indigna – continua Russo della Uil Fpl – è il clamoroso contrasto tra le parole e i fatti. Durante la pandemia, i lavoratori della sanità sono stati definiti “angeli”, eroi che hanno messo a rischio la propria salute per salvare vite umane. Oggi, nel momento di rinnovare il contratto, si cerca di “spezzare loro le ali” con un aumento irrisorio che non tiene conto del loro sacrificio e del valore del loro lavoro”.
La mancata chiusura della trattativa, grazie a CGIL , UIL e NURSING UP, ha permesso di non svalorizzare il personale sanitario e di continuare la vertenza, aprendo una nuova fase che preveda il coinvolgimento delle Regioni al fine di dare una risposta seria ai lavoratori della sanità e questo è stato ben compreso dai lavoratori, a cui non possono essere raccontate fandonie.
Le risposte necessarie per tutelarli dai turni massacranti, dai carichi di lavoro esasperati, dalle aggressioni, non possono che arrivare da un incremento significativo delle risorse non solo sul tabellare, ma sulla valorizzazione indennitaria e dello sviluppo professionale.
“Non ci faremo trascinare in sterili bagarre mediatiche, e troviamo curioso che le stesse Organizzazioni sindacali che ci attaccano, non siano al nostro fianco a rivendicare invece le modifiche normative e gli incrementi economici a tutela dei lavoratori.
Tutelare e difendere i lavoratori della sanità è una questione seria. Ribadiamo che ciò non si ottiene firmando contratti al ribasso, accettando tagli alla spesa e risparmi fatti sulla pelle dei lavoratori, né contribuendo allo smantellamento della sanità pubblica. Non siamo noi a svendere i lavoratori, arrendendoci a misere offerte e rinunciando a rivendicare quanto concordato nelle piattaforme e nelle richieste unitarie. La tutela degli operatori sanitari non si realizza né sognando, né accettando proposte indecenti. Il ruolo del sindacato è quello di firmare contratti dignitosi, che non danneggino i lavoratori e non svalorizzino le loro professionalità e le fatiche quotidiane per garantire il diritto alla salute di tutti”.