L’intervento del sindaco Marco Massari al teatro Municipale ‘Romolo Valli’ di Reggio Emilia per la Giornata nazionale della bandiera e 228° anniversario del Primo Tricolore:

 

“Care ragazze e ragazzi, così numerosi

concittadine e concittadini autorità civili, militari, religiose oggi, in questo teatro splendido, accogliente e gremito, costruito in un’epoca – ormai 168 anni fa – animata dai valori di libertà, fratellanza e unità del Risorgimento italiano, celebriamo insieme il nostro 7 gennaio, il 228° anniversario del Primo Tricolore, con una festa che vuole trasmettere freschezza, energia e speranza.

Vorremmo, a conclusione di questa giornata, che tutti portassimo nella nostra mente e nel nostro cuore un senso di appartenenza e di condivisione: la gioia, l’orgoglio e la responsabilità di essere italiani, di appartenere a una comunità che si chiama Italia e, come italiani, di essere anche europei e cittadini del mondo.

Il Tricolore è un bene comune, ci unisce e ci pone in dialogo con le altre comunità, perché la nostra bandiera possa sventolare insieme ad altre bandiere.

In questa occasione parliamo del Tricolore con un linguaggio nuovo, uno dei diversi linguaggi universali di cui la nostra bandiera è fatta: il linguaggio coinvolgente dell’esperienza sportiva.

Proponiamo un dialogo, che ascolteremo tra poco, di cui ringrazio sin da ora i diversi attori, su Bandiera e Cittadinanza, attraverso le testimonianze di persone, di giovani che hanno dedicato la loro vita allo sport e in particolare all’esperienza universale delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi.

Ci racconteranno cosa significhi ‘portare il Tricolore’ nel mondo e attraverso questo simbolo essere cittadini del mondo.

Perché crediamo che lo sventolare il Tricolore su una pista di atletica o in qualsiasi impianto sportivo non faccia venire in mente la difesa dei confini, il razzismo, l’esclusione, ma faccia pensare alla fraternità universale, ai valori dell’amicizia, della solidarietà, del comune destino degli esseri umani, all’abbraccio fra diversi, al sentirsi parte dell’unica razza esistente, quella ‘umana’.

Il Tricolore non nasce per caso, non è frutto di confusi rivolgimenti politici e sociali, ma è espressione di una lunga coerenza di valori e fatti, come un filo senza soluzione di continuità che unisce i passaggi più gloriosi e fondativi della nostra storia e della nostra comunità democratica. Pensiamo ovviamente ad un Tricolore pulito dagli abusi della retorica, del nazionalismo e della violenza.

E di questa coerenza, il Tricolore è stato testimone e rappresentazione fedele, là dove il compimento di una fase, di un impegno, di una lotta, di una speranza segnava l’inizio di una nuova fase, di un nuovo impegno, di una nuova lotta, di una nuova speranza.

La Giornata della Bandiera è la prima festa civile del nostro Paese nell’arco dell’anno e questo è l’anno in cui celebreremo l’80° anniversario della Liberazione dal nazifascismo.

Questo significa che da ormai 80 anni il Tricolore è la bandiera della nostra Repubblica, è sintesi simbolica della Resistenza, della Liberazione, della Costituzione, è simbolo di una libertà conquistata a caro prezzo.

Non c’è Patria, non c’è Nazione senza Libertà.

Sandro Pertini raccontò l’inizio del suo esilio in Francia, dopo la fuga dal carcere di Regina Coeli in cui i fascisti lo avevano rinchiuso, di come lui sul molo, guardasse fra commozione e speranza il motoscafo che lo aveva portato a Nizza e ripartiva per l’Italia, ed il compagno che dall’imbarcazione lo salutava, sventolando il Tricolore.

Quello stesso Tricolore che i Partigiani si allacciarono al collo – e lo fanno tutt’ora – lungo i sentieri che portarono alla Liberazione.

Le radici di quel Tricolore ci portano più indietro nel tempo: sono nel Risorgimento, in quel periodo della nostra storia in cui l’Italia risorgeva dalle ceneri di secoli di usurpazioni, sopraffazioni, ingiustizie, violenze e negazioni della sua identità millenaria.

Queste radici sono nel 7 gennaio 1797, quando il Primo Tricolore, padre del Tricolore italiano, nacque nella nostra città quale vessillo della Repubblica Cispadana, prima Repubblica dell’Italia moderna, costituita sui valori di libertà, eguaglianza e fratellanza mutuati dalla Rivoluzione francese. Una Repubblica, quella Cispadana, formata da quattro città – Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ferrara – che si erano liberate da poteri assolutistici e anacronistici.

Era il primo Tricolore italiano di uno Stato sovrano.

Questa bandiera, ha scritto Ezio Mauro, “raccoglie insieme le speranze del popolo, la promessa di una stagione dei diritti e della libertà, il sentimento di un’unità statuale fondata non più su ragioni dinastiche o pretese militari ma sui valori di libertà dal controllo straniero, di giustizia e di fratellanza”.

Ogni filo del tessuto della nostra bandiera rappresenta un legame, costituendo cosi un robusto tessuto.

Ogni filo da solo sarebbe esile, i fili legati insieme creano un tessuto saldo.

Quei fili sono i nostri valori, le nostre scelte, il nostro impegno, la nostra speranza.

“Uniti siamo tutto, divisi siamo niente”, è la frase che Camillo Prampolini propose oltre un secolo fa per la prima cooperativa di consumo di Reggio Emilia, a Massenzatico, alle porte della nostra città.

Il Tricolore ha due secoli d’età, ma non li dimostra.

Ha continuato a testimoniare “la ragion d’essere” della nostra unità, anche durante la recente pandemia, quando tanti cittadini lo esposero sui loro balconi: per questo il Tricolore è una bandiera Resistente.

Il Tricolore è il nostro presente e il nostro futuro, perché simboleggia l’autodeterminazione di un popolo, cioè la libertà, e riconosce concretamente – la Costituzione lo insegna – questo stesso diritto ad ogni altro popolo.

Il Tricolore è simbolo di Patria, dove i patrioti sono patrioti della Costituzione.

E dunque sono coloro che studiano e lavorano o che lo creano; sono coloro che nel quartiere della Stazione centrale di Reggio Emilia si prendono cura di disperati lontani dalla loro patria; sono gli anziani a cui siamo debitori della nostra libertà e coloro che li accudiscono; sono i bambini e i ragazzi delle scuole e coloro che li educano.

Sono i poveri, i fragili, i migranti portatori delle loro culture e aperti alle altre culture, disponibili a far propri i valori della Costituzione, pur in assenza di una legge sul diritto di cittadinanza degna di questo nome.

Sono i fautori di giustizia e i tutori della sicurezza e della legalità; sono i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e gli amministratori pubblici; sono gli imprenditori responsabili verso i loro lavoratori e verso la comunità a cui danno occupazione e benessere; sono le forze sindacali; i medici e gli operatori sanitari.

Sono i costruttori di pace, i militanti per i diritti umani e civili, i volontari in ogni settore; le persone impegnate nel fronteggiare il mutamento climatico, scommessa cruciale del nostro tempo; sono gli operatori dell’informazione, presidio fondamentale di ogni democrazia, che devono potere lavorare nella massima libertà, come deve essere libera la giornalista Cecilia Sala, incarcerata ingiustamente in Iran.

Lasciatemi dire con orgoglio che agli appuntamenti con la storia, Reggio Emilia si è sempre presentata puntuale e con un ruolo di primo piano. Un ruolo di avanguardia e responsabilità, uno spirito innovativo e di forte coesione:

dai rivoluzionari della bandiera del 1797 alle lotte dei braccianti agricoli di fine Ottocento, dalla Resistenza ai Ragazzi con la maglietta a strisce che sfilavano in corteo il 7 luglio 1960.

I suoi figli Nilde Iotti, Giuseppe Dossetti e Meuccio Ruini seppero vedere in modo nuovo e contribuirono in modo determinante a scrivere la nostra Carta costituzionale ed il linguaggio della democrazia politica: il loro discorso altamente alternativo al fascismo ha dimostrato che parole differenti, sensibilità politiche diverse, potevano trovare un terreno di convivenza comune di altissimo profilo.

Il Tricolore è oggi, come nel 1797, come negli anni della lotta di Liberazione, segno di fiducia e di speranza per il futuro.

Diceva Giovanni Falcone: “Gli uomini passano, le idee restano. restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.

Queste parole dell’eroe antimafia suonano come una sorta di ‘staffetta’, di cui il testimone è il Tricolore che gli atleti si passano di mano in mano.

Una gara piena di energia vitale e solidarietà, che ci ingaggia nella squadra della cittadinanza, della libertà, della democrazia. Una squadra che ci comprende tutti.

Parafrasando il presidente Mattarella possiamo dire: la bandiera siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte.

 

Viva l’Italia!

Viva il Tricolore!”.