Oggi si è tenuta la seduta solenne del Consiglio comunale dedicata alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Di seguito, l’intervento di apertura della presidente del Consiglio comunale, Maria Caterina Manca:
“Apro questa seduta solenne del Consiglio comunale dedicata alla Giornata internazionale della violenza contro le donne, che, come sapete, è stata istituita dall’Onu nel 1999. Saluto il Sindaco, saluto le consigliere e i consiglieri e le autorità civili e militari presenti e tutti coloro che ci stanno seguendo in streaming. Saluto e ringrazio i relatori, la dottoressa Raffaella Alecci e il dottor Paolo Ballarin, che è qua di fianco a me.
Oggi ci riuniamo per celebrare una ricorrenza, che non è solo un momento di riflessione ma un dovere morale e istituzionale. Questa giornata rappresenta un appello, un appello urgente rivolto a governi, a organizzazioni internazionali, alla società civile per sensibilizzare e mobilitare contro la violenza sulle donne come forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione. Tanto che questa ricorrenza non si limita solo, come sapete, al 25 novembre; essa ogni anno, infatti, si celebra per sedici giorni. Sono sedici giorni di attivismo globale contro la violenza di genere, che si protraggono infatti, come sapete, fino al 10 dicembre, che è la Giornata mondiale dei diritti umani. Questo collegamento non è casuale. Vuole ricordarci che la violenza contro le donne non è solo un reato, ma un attacco diretto alla dignità umana, alla libertà e all’autodeterminazione. Sappiamo che la violenza di genere si manifesta in molteplici forme, lo diciamo sempre ma non basta mai ripeterlo, fisica, psicologica, economica, sessuale, fino al femminicidio. È una spirale di sopraffazione in cui le donne vittime vengono private del diritto fondamentale di decidere della propria vita e del proprio corpo.
I dati ci raccontano una realtà drammatica. In questi giorni li sentiamo e li sentiremo spesso dai media; secondo i dati Eros, le donne uccise sono novantanove, di cui settantasette in ambito familiare o affettivo. Di fronte a questi numeri, che sono numeri certamente drammatici, che non rappresentano solo delle statistiche, la nostra città, così come l’intero Paese, non può e non deve rimanere indifferente.
Il Consiglio comunale di Bologna ha voluto dedicare questa seduta solenne a questo tema così cruciale, dando voce a due figure, due figure impegnate quotidianamente nel nostro territorio, impegnate con azioni di prevenzione e contrasto alla violenza di genere: la dottoressa Raffaella Alecci, vicedirigente della divisione anticrimine della questura di Bologna; e il dottor Paolo Ballarin, psicologo e psicoterapeuta, lavora nel centro Senza violenza che, come sapete, è uno dei due centri di Bologna dedicato a lavorare sulla questione della violenza maschile contro le donne. La dottoressa Alecci rappresenta l’impegno istituzionale in un lavoro che richiede competenze, sensibilità e una visione che si estenda alla protezione delle vittime e al sostegno delle stesse nel ricostruire la loro vita. Il dottor Ballarin, invece, porta l’esperienza, appunto, di chi lavora direttamente con gli uomini autori di violenza, aiutandoli a riconoscere e disinnescare i meccanismi che generano comportamenti aggressivi.
Ricordiamo che nella nostra regione sono attivi quattordici centri per uomini autori di violenza, e approfitto per ricordare anche che i centri antiviolenza sono ventitré. I centri per gli uomini maltrattanti – ricordiamolo – agiscono con un intervento che, sebbene meno visibile, è fondamentale per prevenire recidive e creare una società più consapevole. Ricordiamo che la violenza contro le donne, a proposito, è un problema maschile. Questo tema ci riguarda tutti, senza distinzione di genere, senza distinzione di età, cultura o appartenenza politica. L’eliminazione della violenza contro le donne possiamo dire che non è un’utopia, ma un obiettivo che possiamo e dobbiamo raggiungere attraverso un impegno veramente collettivo, che coinvolga uomini e donne, istituzioni, associazionismo e singoli cittadini. L’intervento è multidisciplinare, l’intervento è un intervento diretto e necessario, perché è necessario agire su più fronti, dalla prevenzione all’educazione, la formazione, fondamentali anche per il riconoscimento della violenza e un’azione sempre più concreta e puntuale che si estenda dal doveroso supporto alle vittime fino alla rieducazione degli autori di violenza ad un cambio di cultura.
Servono quindi risorse adeguate, servono risorse adeguate da destinare anche alla formazione continua di tutti i soggetti che operano in questo mondo, e che sono numerosi. Bologna, come sempre, vuole essere un esempio. Un esempio lo sono in questa città le associazioni, i centri antiviolenza, le istituzioni e le forze dell’ordine. Vedo qui tutti i rappresentanti numerosi che agiscono insieme, agiscono in rete per garantire sostegno alle vittime e prevenzione sul territorio. C’è ancora molto da fare, sicuramente, solo i numeri ce lo dicono, quindi diciamo che questa giornata deve essere un momento di rinnovato impegno per tutti noi. Oggi ricordiamo le vittime di questa odiosa violenza e, mentre lo facciamo, riaffermiamo la nostra determinazione a combattere questa piaga con tutti i mezzi a nostra disposizione. Rinnovo il ringraziamento a tutti voi per essere presenti oggi e un grazie speciale va naturalmente ai nostri relatori per il loro contributo prezioso. Che questo incontro possa essere non solo un’occasione di riflessione, ma anche un passo in più nel raggiungimento di un obiettivo comune così importante”.
L’intervento conclusivo del sindaco Matteo Lepore:
“Ringrazio tutte le consigliere e i consiglieri, tutte le istituzioni che sono qui presenti e in particolare i relatori, la dottoressa Alecci e il dottor Ballarin, che con grande professionalità ci hanno raccontato il loro lavoro entrando nel merito delle azioni che vengono svolte, dalla questura, dalle donne e dagli uomini della questura alle associazioni che si occupano di educare, rieducare, accompagnare, sensibilizzare e raccogliere le discriminazioni. E in particolare in quest’ultimo intervento abbiamo sentito quanto ci sia stata negli ultimi anni una nuova legislazione, una nuova costruzione anche, che chiude un cerchio rispetto a come poter assistere chi viene condannato, chi ha un percorso di giustizia, che quindi le donne e gli uomini possono rivolgersi alle istituzioni, possono rivolgersi ai centri antiviolenza, possono avere degli strumenti per fare i conti con se stessi, con la società e con le relazioni in cui siamo immersi.
E credo che questa giornata oggi sia molto importante a livello internazionale, così come a livello locale, proprio perché noi dobbiamo partire da una fortissima sensibilizzazione e formazione. Abbiamo bisogno che sempre di più si parli. Non si parla mai abbastanza di questa giornata e dei femminicidi, della violenza degli uomini contro le donne.
Le statistiche, le abbiamo viste anche quest’anno, attorno alla giornata del 25 ci dicono che nella giornata di oggi ci saranno tantissime donne che decideranno, a seguito di quello che vedono in questa giornata, di rivolgersi a qualcuno, di denunciare, di chiedere una mano, di fare un numero di telefono, di mandare una email, un messaggio.
Voglio ringraziare tutti i centri antiviolenza che sono qui, perché h24, sette giorni su sette ci permettono, in tutto il comune di Bologna, in tutta l’area metropolitana, di potere essere accanto a queste donne, quando loro sentiranno l’urgenza, il bisogno di chiedere una mano, di fare anche solo un gesto. Un lavoro questo che ci ha visto appunto lavorare assieme dal punto di vista politico, istituzionale, proprio perché è fondamentale imparare dal lavoro delle associazioni dei centri antiviolenza. Noi abbiamo sentito oggi due relazioni, due testimonianze che sicuramente ci hanno dato informazioni su quello che si fa e quello che si può fare. Molte persone non denunciano, molte persone non chiedono una mano, proprio perché pensano che dietro alle istituzioni non ci sia nulla, che dentro ai nostri servizi non ci sia supporto, che a volte dietro una divisa non ci sia la sensibilità e la comprensione o non ci siano le leggi per dotare la divisa della possibilità di fare. Invece, come abbiamo sentito, ci sono gli strumenti, e gli strumenti si migliorano con l’esperienza. Più ci sono casi, più ci sono iniziative, più si impara e si apprende e si possono migliorare le leggi tanto quanto i servizi che noi mettiamo in campo, e penso anche alle competenze degli operatori. Noi abbiamo ormai una grande comunità professionale nella città metropolitana di Bologna, e mi permetto di dire nel nostro Paese, che sa come affrontare questi casi, sa come affrontare questi percorsi e, dunque, non siamo all’anno zero. Siamo di fronte ad una possibilità di fare le cose.
Questo messaggio oggi deve uscire, deve uscire un messaggio certamente legato alla enorme tragedia che il mondo vive con la violenza degli uomini contro le donne, ma allo stesso tempo deve anche uscire il messaggio della possibilità, del fatto che la lotta contro la violenza degli uomini verso le donne, non a caso è una giornata che parla dell’eliminazione, cioè della sconfitta totale di questo fenomeno, convive con la possibilità di fare le cose e di affrontare le cose. Venivano prima ricordate le sorelle Mirabal, so che qui in sala c’è anche Andreina Jimenez, dell’Associazione Dominicana “Hermanas Mirabal”, che saluto; abbiamo anche un giardino nel quartiere Borgo Panigale-Reno dedicato a loro, e in uno dei miei primi interventi, insieme al prefetto che abbiamo fatto un 2 giugno, siamo non a caso andati in questo in questo giardino proprio per parlare del valore della nostra Repubblica e di quello che le istituzioni fanno assieme.
Abbiamo riguardato i dati, abbiamo visto quanto l’anno 2024 sia stato un anno incredibile in Italia, ancora una volta, per i femminicidi. Se guardiamo le date, a partire dalla scorsa Giornata internazionale, sono stati più di cento, 106 i femminicidi nel nostro Paese. Abbiamo un accordo metropolitano con i centri, con tutte le istituzioni; lavoriamo sia con la vicesindaca Emily Clancy, che ringrazio, sia con la nostra delegata Simona Lembi, a livello metropolitano, e credo che questi tre anni abbiano aggiunto al lavoro che precedentemente anche col sindaco Vigilio Merola abbiamo fatto. L’accordo ha una durata quinquennale ed è in una fase di rinnovo. Tiene insieme molti degli aspetti, proprio perché, come ci è stato detto, la violenza non è solo togliere una vita, ma tutto quello che precede a partire anche dalla limitazione della libertà delle donne e di un’altra persona. E dunque è importante accogliere, è importante mettere a disposizione consulenza, ascolto, sostegno; è importante avere luoghi dove le donne possono non solo trovare rifugio, ma anche vivere liberamente le proprie vite, senza essere dipendenti da quelle chiavi che un uomo può detenere.
Complessivamente disponiamo di 64 posti letto, che andranno a incrementarsi di altri 7 nel prossimo biennio grazie alle risorse che abbiamo deciso di stanziare, come Comune di Bologna. Nell’ambito dei posti previsti nell’accordo metropolitano sono state registrate complessivamente, nel 23, 143 ospitalità, per un totale di 131 donne. Il dato complessivo delle donne che intraprendono un percorso di uscita dalla violenza, accedendo ad un Cav, è naturalmente molto più ampio perché, come dicevamo, l’accoglienza è solo una parte del lavoro. Parliamo di 1.318 donne che si sono rivolte ai Cav, cioè ai centri antiviolenza, nel 2023, a seguito del lavoro che facciamo insieme nell’accordo. Dunque questo è un accordo che finanziamo, dedichiamo circa 100 mila euro incrementati di altri 50 mila, derivati dalla raccolta del 5 per mille, che dallo scorso mandato, anche con l’assessora Susanna Zaccaria, che voglio ricordare, abbiamo deciso di mettere in campo abbiamo, aggiunto altri 100 mila euro l’anno, cifra inizialmente straordinaria che siamo riusciti a consolidare per il prossimo biennio, che va a finanziare le attività dei due centri antiviolenza che non hanno servizi di accoglienza domiciliare, ma offrono servizi di sportello, assistenza legale e psicologica.
A questo si aggiungono i fondi provenienti dal Dipartimento pari opportunità, che ammontano a circa 510 mila euro, e i 90 mila euro per il centro dedicato agli uomini maltrattanti Senza violenza, che come abbiamo sentito è un progetto fondamentale.
Vi è poi tutto il lavoro di coordinamento, sensibilizzazione e prevenzione. Con il protocollo che abbiamo sottoscritto per il miglioramento della protezione delle donne che hanno subito violenza, che abbiamo rinnovato il 4 novembre scorso, abbiamo formalizzato e consolidato una rete sul territorio costituita da servizi specializzati, di cui abbiamo parlato, e dalle istituzioni più di carattere generale, come la prefettura, le forze dell’ordine, gli ospedali, i servizi territoriali, sanitari e sociali del Comune e l’Asp, che giocano un ruolo fondamentale nel sostegno verso le donne, nella protezione verso di loro e dei loro figli. Il protocollo vede l’adesione quest’anno di nuovi soggetti, come l’Università di Bologna, l’ufficio esecuzione penale esterna, l’ufficio scolastico regionale dell’ambito territoriale di Bologna e gli Ordini professionali degli avvocati e dei medici chirurghi.
Il nuovo protocollo si occuperà anche di violenza di genere nello spazio pubblico e non più solo nelle relazioni di intimità. Infatti, pur rimanendo residuale rispetto alla violenza operata dai partner, ex partner, familiari e conoscenti, abbiamo sentito prima che solo un 2 per cento degli uomini che si rivolgono al centro di cui sopra vengono da questa esperienza, più in generale possiamo dire il 90 per cento del totale delle violenze avviene in spazi familiari, relazionali, domestici, però, nonostante questo, la violenza nello spazio pubblico è presente e configura, come già detto in altre occasioni, una forma di violenza diffusa, una limitazione del senso di libertà, anche della percezione, e riguarda una popolazione molto ampia, come io stesso ho potuto verificare, anche di giovanissimi che frequentano le nostre scuole e i nostri mezzi pubblici, e più in generale tutta la popolazione che sta nelle piazze, nei luoghi all’aperto e sui mezzi pubblici della città.
Come Comune abbiamo aderito al bando regionale per progetti rivolti alla promozione e al conseguimento delle pari opportunità, al contrasto delle discriminazioni e della violenza di genere. Nell’anno 25/26 abbiamo presentato un progetto dal titolo “Tutta mia la città – Reti comunitarie per uno spazio pubblico libero dalla violenza”, avente lo scopo di promuovere una funzione più autonoma, libera e sicura delle donne e tutte le soggettività di genere negli spazi di accesso quotidiano, nonché nei luoghi e nelle zone di svago, lavorando sul rafforzamento della connessione tra economia della notte che, come sapete, abbiamo introdotto come delega in questo mandato, sicurezza e diffusione di una cultura di parità.
Per l’anno 24/25 abbiamo previsto un lavoro grosso, anche grazie a fondi europei, lavoriamo molto sul tema del bullismo, la violenza di genere, l’educazione al rispetto e le pari opportunità. Sono 2.365 studentesse e studenti, che saranno coinvolti nelle azioni formative e 325 gli insegnanti, educatori, educatrici che avranno un’azione formativa diretta a loro. Il bando ha raccolto proposte di progetto che vanno in questa direzione e l’esito della coprogettazione vede quattro progetti finali: uno è relativo alla formazione di insegnanti e figure educative, incluse le famiglie; uno è relativo alle attività educative, rivolte ai bambini e bambine delle scuole dell’infanzia; e uno è relativo alle attività educative rivolte alle scuole primarie; infine uno è relativo alle fasce d’età 11-18.
Quindi per noi particolare impegno deve essere profuso nella direzione dell’educazione delle pari opportunità, della cura delle relazioni tra le persone. Voglio dire che la nostra azione non si ferma ovviamente a ciò che ci chiede la legge o quello che dicono i bandi. La nostra è un’azione intersezionale, in particolare voglio citare una delle ultime analisi dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani e anche un recente articolo pubblicato su Violence Against Women, per dire che ci sono forme varie di violenza di genere, ma tutte si sommano e hanno una forma intersezionale. E, a proposito di chi porta avanti le violenze, dove si svolgono le violenze, non possiamo non dire, non possiamo solo parlare dei carnefici, dobbiamo parlare anche e soprattutto delle vittime, e dire che sono soprattutto le donne che subiscono violenza, che hanno altre discriminazioni sopra di sé, quelle maggiormente vulnerabili. Lo dicono queste statistiche a livello mondiale. Quindi in particolare per quanto riguarda il background migratorio, l’orientamento di genere, la parte della disabilità. Non dimentichiamoci che si sommano le discriminazioni e sono ancora più violente e aumentano sempre di più nei luoghi che hanno meno i fari accesi. Quindi, quando parliamo di segregazione razziale, parliamo di contesti migratori, parliamo di contesti nei quali c’è emarginazione e silenzio, è lì che si dovranno scoprire sempre maggiori violenze, perché ci sono, conosciamo la nostra società, non possiamo nasconderci attorno a quella che è la forma della società nella quale viviamo, a livello mondiale, non solo occidentale. Ed è un mondo nel quale gli uomini dominano sulle donne, e nel quale più gli uomini riescono a umiliare le donne, più gli uomini riescono a mantenere il proprio potere. Questo non dobbiamo mai dimenticarcelo. È la natura attorno alla quale è costruita la nostra economia, la nostra società, anche in una Bologna come quella che noi conosciamo e della quale siamo orgogliosi.
Abbiamo recentemente ospitato a Bologna, presso l’Alma Mater, il papà di Giulia Cecchettin, che, come sapete, è impegnato nella costituzione di una nuova Fondazione molto importante. Il 20 novembre scorso ha testimoniato, attraverso un’iniziativa collegata al nostro Piano per l’uguaglianza, dieci domande sulla violenza di fronte a migliaia di studentesse e di studenti. Ci ha raccontato gli obiettivi di questa nuova Fondazione, la costruzione partecipata dello statuto e il lavoro che si vuole fare attorno ai temi dell’educazione, della consapevolezza, la promozione di un cambiamento radicale nell’ambito sociale e quindi politico. Il sostegno alle risorse per le vittime di violenza è un nuovo metodo di partecipazione, di crescita, appunto, dal basso di quella che deve essere la consapevolezza in una società, come quella italiana, dove ancora la parola patriarcato pare fare paura alle più alte cariche dello Stato. Detto questo, io voglio concludere con una citazione soprattutto del papà di Giulia, che questo ha detto: ‘Questo mi viene da dire, da chi ha vissuto un trauma incredibile, ma non bisogna perdere la mira della felicità. Io porterò il dolore dentro di me fino all’ultimo dei miei giorni. Questo lo so, e lo so per certo. Ci convivo con il dolore, delle volte lo cerco perché nel dolore trovo un po’ di Giulia. E allora, anche se sono ferito, mi sembra di camminare al braccio con lei. Però voglio essere anche felice, perché la felicità mi dà la possibilità di essere forte e potente per i miei ragazzi. Nel momento in cui vi assale un sentimento negativo, spostate il vostro focus su qualcosa di positivo. Sicuramente la situazione vi cambierà in senso positivo e lì creerete valore. Io ho preso ispirazione da Giulia in questo. In ogni momento lei ti diceva una parola e tu cambiavi. Cambiavi in positivo. Se noi cambiamo, riusciamo a cambiare anche la società, diffondendo amore, diffondendo gioia, diffondendo il verbo della solidarietà’. Ecco, queste sono le cose che ci rendono migliori. Grazie”.