Il 29 ottobre è la giornata mondiale contro l’ictus e come tutti gli anni la World Stroke Organization (Organizzazione Mondiale dell’Ictus Cerebrale) ha scelto un tema su cui focalizzare l’attenzione: #PiuFortidellIctus (#GreaterThanStroke).
L’ictus rappresenta un problema assistenziale, riabilitativo e sociale di enormi dimensioni; è infatti la principale causa di invalidità nell’adulto, la seconda di demenza e la terza causa di morte.
“In Italia ci sono circa 200.000 ictus all’anno, il 20% dei quali sono recidive” riferisce il dott. Bigliardi responsabile della Stroke Unit dell’Ospedale Civile di Baggiovara. “Del totale, circa il 15% sono ictus giovanili (sotto i 65 anni). A Modena e provincia ogni anno ci sono circa 1200 ricoveri per ictus.
Nel 2023 i trattamenti di riperfusione in acuto (trombolisi endovenosa e trombectomie meccaniche), sono stati approssimativamente: 160 trombolisi endovena e 180 trombectomie meccaniche, numeri che nel 2024 saranno decisamente superati.
La mortalità per ictus è variabile: a 30 giorni dall’evento è tra il 10 e il 20%. Molto più grave è l’emorragia cerebrale, con una mortalità del 50% circa a un anno dall’evento.
L’ictus è un danno al cervello causato dalla chiusura o rottura di un vaso sanguigno.
Contro l’ictus l’arma più efficace è la prevenzione, soprattutto attraverso il controllo della pressione arteriosa, della glicemia, dei lipidi nel sangue, della regolarità dei battiti cardiaci e del peso corporeo. Ben l’80% di tutti gli ictus può essere evitato, partendo dalla individuazione dei fattori di rischio sui quali ognuno di noi può intervenire.
Altrettanta attenzione va rivolta al riconoscimento dei “segni dell’ictus”, che si manifestano all’improvviso e in presenza dei quali occorre immediatamente chiamare il 118. Essi sono: perdita di forza agli arti, bocca storta, difficoltà a parlare, disturbi visivi, di equilibrio e violento mal di testa.
In questi casi IL TEMPO E’ PREZIOSO! Più rapido è l’arrivo in un centro specializzato che consenta il trattamento dell’ictus, minori saranno le disabilità conseguenti.
Ma, come dice lo slogan di quest’anno e’ il lavoro di squadra che fa la differenza e se questo è importante per il trattamento in acuto, è ancor più determinante dopo le dimissioni dalla struttura ospedaliere.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un netto miglioramento della gestione della fase acuta dell’ictus, ma le strutture sanitarie non sono state in grado di garantire lo stesso livello di qualità nell’assistenza ai pazienti/caregiver nella fase cronica. La maggior parte di chi torna a casa spesso non riceve le notizie necessarie sui possibili sviluppi della patologia o sui percorsi che si possono intraprendere.
E’ importante quindi creare una rete di figure che interagiscano e collaborino al fine di assistere al meglio la persona colpita per rallentare il grado di disabilità ed evitare le complicanze. Innanzitutto la famiglia deve essere educata alla gestione del paziente nelle attività quotidiane, aiutandolo a diventare il più indipendente possibile. Determinante è la figura del Medico di Medicina Generale che conosce il paziente e monitora l’andamento della malattia. Altro ruolo fondamentale, è quello degli specialisti coinvolti nel trattamento neuroriabilitativo che, iniziato in ospedale, dovrebbe proseguire in modo continuativo senza interruzioni né rigide limitazioni temporali e seguendo un protocollo uniforme. Oltre alla riabilitazione motoria, spesso è necessario prevedere anche sedute di logopedia ed esercizi che possano migliorare la deglutizione e la comunicazione, e non meno importante è la terapia occupazionale, che è un importante aiuto nell’affrontare le attività quotidiane ed essere nuovamente inseriti nell’ambiente sociale e lavorativo. Infine un ruolo molto rilevante può svolgerlo ALICE (Associazione per la lotta all’ictus cerebrale) che, in stretta collaborazione con le figure riabilitative, può proporre iniziative volte al benessere e al rallentamento del grado di disabilità.
A Modena i volontari organizzano incontri bisettimanali dove vengono proposte attività motorie adattate di gruppo, incontri con logopediste per attività di stimolazione del linguaggio e cognitiva, laboratorio teatrale, arteterapia, giochi e attività di socializzazione in un clima di amicizia e solidarietà.