Venerdì 18 ottobre a livello nazionale hanno scioperato le Lavoratrici e i Lavoratori del Settore Automotive.

Uno sciopero per rivendicare serie e concrete politiche industriali da parte del Governo Italiano, ma anche da parte delle Istituzioni Europee, per quello che è il primo comparto metalmeccanico quanto a occupati (solo in Emilia Romagna sono oltre 25.000 i lavoratori metalmeccanici collegati al settore), con una generazione di indotto diffuso anche in altre categorie (da qui anche la scelta della categoria del commercio FILCAMS CGIL di aderire allo sciopero).

La Commissione Europea nel corso degli ultimi anni ha assunto importanti decisioni nell’ambito della transizione all’elettrico, ma ora è necessario che stanzi un pacchetto straordinario di risorse per sostenere le decisioni stesse. L’industria automobilistica europea nel suo complesso necessita di scelte strategiche molto importanti per imprimere più forza ai cambiamenti tecnologici accompagnati da un piano di garanzia occupazionale attraverso il blocco dei licenziamenti, il sostegno alla riduzione oraria e azioni per la formazione e ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro. La transizione non è possibile contro il lavoro.

La strategicità del settore risiede anche nella sua trasversalità, coinvolgendo dall’industria di base (acciaio e chimica) all’industria di trasformazione lungo tutta la filiera della fornitura di componentistica, fino ad arrivare alla produzione dell’energia e alla riduzione dei suoi costi.

La crisi dell’auto è a livello europeo e coinvolge principalmente Italia, Germania e Belgio relativamente ai Gruppi Stellantis e Volkswagen – Audi. Quanto all’Italia è necessaria da parte di Stellantis la definizione e la garanzia delle missioni produttive che possano garantire la saturazione degli stabilimenti, oltre a investimenti in ricerca e sviluppo. Una capacità installata da quasi 1,5 milioni di auto che contrasta con una produzione per il 2024 che sarà ben lontana dalle 400 mila vetture. Ma non si deve perdere di vista l’importante catena di fornitura sviluppata in Italia verso i costruttori tedeschi, con gruppi come ZF e Bosch che nelle settimane scorse hanno dato avvio a processi di ristrutturazione per migliaia di lavoratori coinvolti.

Solo nella nostra regione numerosi sono i processi di lenta deindustrializzazione che discendono direttamente o indirettamente anche dalle scelte di Stellantis, ma non solo. Marelli a Bologna, che prima ha deciso la chiusura del sito di Cravalcore, salvato grazie alla lotta delle Lavoratrici e dei Lavoratori, e che oggi annuncia il ricorso agli ammortizzatori sociali per i reparti di ricerca e sviluppo dello storico stabilimento del capoluogo, ormai dimezzato nel corso degli ultimi anni; VM Motori – Stellantis di Cento, che ha ridotto in meno di 6 anni l’occupazione da 1.400 a 350, abbandonando la produzione di motori per l’auto perché non ha sostenuto nessun processo di riconversione dall’endotermico all’ibrido e all’elettrico; Maserati a Modena, che ha chiuso nelle settimane scorse il suo Innovation Lab, il centro di ricerca da oltre 1.000 occupati inaugurato solo pochi anni fa, per riaccorpare quello che ne resta nella sede storica della città dove ormai non si producono praticamente più auto ma regna la cassa integrazione per il personale operaio; Meta System a Reggio Emilia, che sviluppa e produce acceleratori di potenza per la ricarica elettrica e annovera tra i suoi clienti Stellantis, Porche, BMW, e che oggi vive una profonda crisi per i propri 450 addetti aggravata dall’assenza di politiche industriali a sostegno della transizione.

Assenza quest’ultima che si scarica anche su progetti fondamentali come quelli delle gigafactory, con il rischio di ripercussioni anche su altri settori indirettamente collegati all’automotive come quello delle aziende leader nella costruzione di macchine automatiche, guardando sempre alla nostra Regione.

Da ultimo bisogna considerare anche le ripercussioni globali sulle grandi multinazionali della fornitura, con ricadute che vanno anche oltre le aziende inquadrate nel settore. Da qui la scelta di Thyssenkrupp nel suo complessivo processo di ristrutturazione, collegato anche all’andamento del settore automotive di cui è uno dei principali fornitori, di dichiarare 480 licenziamenti alla Berco di Copparo, i cui lavoratori sono scesi in piazza insieme ai colleghi dell’automotive per rivendicare garanzie occupazionali e futuro.

Uno sciopero, si diceva, che parla anche oltre i confini nazionali per un settore centrale a livello globale. Ed è proprio in quest’ottica che dal palco della Manifestazione di Piazza del Popolo a Roma, oltre a delegate e delegati degli stabilimenti italiani e al Segretario Generale della FIOM Michele De Palma, insieme ai Segretari di FIM e UILM, hanno preso la parola anche rappresentati sindacali europei e americani: Judith Kirton Darling, Segretaria Generale IndustriAll Europe; Christine Olivier, Segretaria Generale Aggiunta IndustriAll Global; Brandon Campbell, Direttore della Regione 4 del sindacato americano UAW Juan Blanco, Responsabile internazionale del sindacato spagnolo CCOO; Matthew Frantzen, Presidente locale UAW di Belvidere; Fabrice Jamart, delegato centrale di Stellantis della CTG-FTM; Jamal El Yakoubi, Responsable syndicale ACV-CSC METEA.

 

Ottimi i dati di adesione allo sciopero in Regione.

A Bologna Ducati 75%, Lamborghini 87%, Marelli 90%, Marzocchi 70%, Menarini 85%, Tecnomeccanica 90%, VRM 80%

A Ferrara Evomek 70%, Sirtec 70%, VM Motori Stellantis 66%

A Modena Maserati 100% (produzione)

A Reggio Emilia Meta System 95%, Nexion 85%

 

(nota di Fiom-Cgil Emilia Romagna)