«Sensibilizzare e investire per prevenire. Questi sono i due aspetti principali su cui bisogna immediatamente intervenire». A un anno di distanza dall’alluvione in Romagna, l’ufficio studi Lapam Confartigianato ha elaborato una ricerca sul rischio idrogeologico del territorio reggiano. Un’indagine che vuole porre l’attenzione anche sulla crescente necessità di investimenti che possano prevenire eventi drammatici, visto un acuirsi dei fenomeni atmosferici estremi sempre più violenti e frequenti.
Come emerge dall’analisi, il 46,3% della superficie della provincia di Reggio Emilia è a rischio medio di alluvione e il 6% è a rischio elevato. Ciò significa che il 79,6% della popolazione reggiana risiede in aree con una probabilità “media” di eventi alluvionali, mentre l’1,6% in aree a elevata probabilità. Un rischio che, in uno scenario di media gravità, coinvolge 171 mila famiglie reggiane, 77 mila edifici e 36 mila imprese.
Per quanto riguarda gli eventi franosi, invece, il 13,8% della superficie di Reggio Emilia (si tratta in particolare dell’area dell’Appennino) è a rischio elevato e molto elevato. In uno scenario di gravità elevata e molto elevata, il rischio coinvolge quasi 11 mila persone e 860 imprese.
«In Italia – conclude Gilberto Luppi, presidente Lapam Confartigianato –, come evidenziano i dati del nostro ufficio studi, ognuno di noi ha dovuto sborsare in media 1.918 euro come perdite economiche causate da eventi estremi connessi al cambiamento climatico dagli anni ’80 ad oggi. La regione Emilia-Romagna investe ogni anno in media 88,81 euro pro capite per l’ambiente, che comprende l’assetto idrogeologico e la conservazione del suolo, la protezione dei beni paesaggistici, le attività forestali e la gestione dei parchi naturali. Il cambiamento climatico è in atto e dobbiamo prevedere fenomeni sempre più violenti. Motivo per cui si deve agire concretamente e in tempi rapidi».