Da sinistra Ferraresi, Cacciapuoti, Muzzarelli, Petrini, Bacchi

Una “centrale di controllo” che, a partire dai bisogni del paziente, organizza le risposte più appropriate, in costante collegamento con il medico di riferimento, territoriale o ospedaliero, e con tutte le altre figure sanitarie e sociali che si prendono cura di quel cittadino. È questo il senso della Centrale operativa territoriale – la “COT” – una struttura introdotta dal Decreto ministeriale 77 e parte del percorso di riforma dell’assistenza territoriale modenese insieme a Case e Ospedali di Comunità, Hospice e Centrale di telemedicina. Anche grazie ai finanziamenti previsti dal PNRR, che ammontano complessivamente a 2milioni e 400mila euro tra investimenti strutturali, interconnessione e dispositivi, nella nostra provincia sono ormai realtà, infatti nel corso della Conferenza territoriale e sanitaria della provincia di Modena che si è tenuta oggi, 20 marzo, l’Azienda USL ha fatto il punto sullo stato delle 7 COT provinciali – tutte già attive – e presentato i primi dati di attività che sono estremamente positivi, con quasi 4mila segnalazioni in due mesi di attività.

La scelta, nella nostra provincia, è stata quella di lavorare prima di tutto al modello organizzativo e al collegamento tra i diversi nodi delle reti assistenziali, in modo da poter attivare tutte le COT in breve tempo, anche prima della collocazione definitiva. Aprendo un confronto nei Comitati di distretto e in CTSS sullo stato dei servizi che già si occupavano di dimissioni protette e percorsi territoriali, sono stati individuati i punti di forza e le criticità e si è avviata la sperimentazione per il miglioramento dei percorsi stessi. E così, dalla prima COT attivata Carpi a giugno 2022 (e oggi già al lavoro nella nuova sede presso la Casa della Comunità inaugurata lunedì), sono state progressivamente avviate le altre 6 centrali operative modenesi. Nel distretto di Modena sono state individuate nella COT distrettuale alcune funzioni “hub” (es. Centrale di Telemedicina, coordinamento trasversale, rapporti con Azienda Ospedaliero – Universitaria, ecc).

Le COT, attive 365 giorni all’anno e 7 giorni su 7 dalle 8 alle 20, possono essere contattate da qualsiasi professionista della rete sanitaria e sociale, anche dal medico del PS o dal pronto intervento sociale a fronte di problemi sanitari. Non è dunque un servizio con accesso del pubblico, diretto o telefonico, ma ha benefici diretti sul paziente e il nucleo familiare. Dal primo contatto è infatti possibile attivare una catena di servizi come ad esempio predisporre l’assistenza domiciliare o la presa in carico da parte dell’infermiere di comunità, programmare la visita di un OSS per l’igiene giornaliera o organizzare l’arrivo della protesica necessaria dopo un ricovero. Tutto ciò avviene in coordinamento con i Servizi sociali che nella COT sono presenti. L’attività della COT mira dunque a garantire interventi tempestivi nel rispetto dell’appropriatezza delle risorse impiegate; aumentare condivisione e integrazione con medici, pediatri e rete ospedaliera; promuovere co-progettazione e sinergia con le associazioni di volontariato, per assicurare prossimità, continuità, correttezza della presa in carico.

Quali sono i primi risultati? In un arco di due mesi presi a riferimento, ottobre e novembre 2023, sono state 3768 le segnalazioni totali, provenienti per il 41% dagli Ospedali, per il 26% dai Servizi sociali, per il 15% dai medici di medicina generale. Dai primi indicatori individuati, si è ridotta dell’11,8% la percentuale di ricorso al re-ricovero urgente dei pazienti nei 30 giorni successivi al precedente ricovero. I risultati saranno da analizzare ulteriormente in una visione di insieme rispetto alle diverse azioni messe in campo negli ultimi anni sul territorio, dall’Infermieristica di Comunità alla Telemedicina, dall’estensione a 7 giorni su 7 del servizio di Assistenza domiciliare allo sviluppo degli Ospedali di Comunità, senza dimenticare i numerosi interventi in coprogettazione con l’Associazionismo.

In conclusione, le COT consentono oggi un miglioramento del percorso di valutazione e presa in carico “multidimensionale” dei pazienti; si è rafforzata sui territori la prossimità dei servizi sanitari, in particolare nei passaggi tra contesti di assistenza differenti, come Ospedali, Ospedali di Comunità, Case residenza anziani, assistenza domiciliare, servizi sociali, associazionismo e l’importante rete dei Medici di medicina generale e Pediatri di libera scelta.

“Con le COT, attivate in anticipo rispetto alle tappe previste dal PNRR, si rafforza ulteriormente la nostra rete territoriale e la prossimità ai nostri cittadini – dichiara la Dg Ausl Anna Maria Petrini –, a garanzia dell’efficienza, efficacia ed equità delle cure erogate. Con queste strutture innovative è oggi possibile connettere, integrare, raccordare sempre di più e meglio i professionisti del territorio, degli ospedali, appartenenti a tutte le tre aziende sanitarie provinciali, e con loro anche la parte dei servizi sociali, con evidenti benefici sui pazienti e sui loro caregiver”.

“Prosegue il forte gioco di squadra in Ctss e sul territorio per assicurare, nell’ambito dell’evoluzione formativa e tecnologica, le risposte più efficaci – conclude Gian Carlo Muzzarelli, presidente della Ctss – a partire dalle Centrali operative territoriali, dalla loro collocazione e dai modelli organizzativi attuati per avere più integrazione dei servizi e dei professionisti e assicurare così risposte in rete più funzionali e di qualità. Il nostro obiettivo è avere città sempre più in salute operando in profondità per affrontare le mutazioni sociali e le richieste ‘di salute’ in una realtà territoriale dove si vive di più”.

 

LE CENTRALI OPERATIVE TERRITORIALI

Cos’è una COT? Il modello organizzativo, che trova le sue radici all’interno del DM77, rappresenta la chiave per l’integrazione interna tra i vari servizi sanitari e socio-sanitari e i professionisti coinvolti nei diversi luoghi di cura, assicurando continuità, accessibilità e complementarietà dell’assistenza. La COT assolve al suo ruolo di raccordo occupandosi del coordinamento tra i servizi e i professionisti coinvolti nel percorso della persona con bisogni non solo sanitari ma anche socio-sanitari tra i diversi contesti assistenziali: rientro a domicilio dal Pronto Soccorso; dimissione da strutture ospedaliere sia verso il domicilio che in altre strutture residenziali e semiresidenziali; ammissione, dimissione o trattamento temporaneo in CRA (Casa Residenza Anziani) o presso gli Ospedali di Comunità. È attiva tutti i giorni (festivi compresi), ed è composta da infermieri adeguatamente formati alla risposta telefonica con funzione di triage e da infermieri e assistente sociale dedicati alle valutazioni multidimensionali d’equipe e alla progettazione degli interventi.

Gli operatori COT devono dunque possedere, oltre a buone competenze relazionali e di problem solving, conoscenze relativa ai percorsi disponibili ed attivabili sul territorio (sanitari, socio assistenziali e riconducibili alla rete del volontariato) in relazione alle caratteristiche dell’utenza.

Chi può contattare la COT? Non il privato cittadino, ma uno dei soggetti che si stanno occupando della sua assistenza, vale a dire il Medico o Pediatra, un professionista di un Ospedale, del territorio o di altri nodi della rete sociale e sanitaria come ad esempio anche un assistente sociale.

Il sanitario, o l’assistente sociale che per primo viene a contatto col cittadino e identifica un nuovo bisogno di salute (anche temporaneo) che cambia la situazione precedente, attiva la COT che velocemente mette in rete le risorse per individuare la miglior soluzione.

Ad esempio, il medico di medicina generale può aver bisogno, per un suo paziente, di attivare un percorso in Ospedale di Comunità o l’assistenza di infermiere e OSS domiciliare; oppure, per un cittadino che rientra dall’ospedale dopo una fase acuta della sua patologia, è necessario organizzare al meglio il ritorno a casa con un letto, una carrozzina e la visita dell’assistenza domiciliare e dell’OSS: in questo ultimo caso a contattare la COT può anche essere lo stesso reparto ospedaliero. Può esservi invece un paziente anziano che, dopo incontro col servizio sociale, va collocato in una struttura residenziale perché la rete famigliare non è più in grado di provvedere a tutti i suoi bisogni. Ancora, un paziente purtroppo allo stadio terminale della malattia, che necessita di un percorso di sollievo dalla sofferenza, tramite l’attivazione dell’équipe di Cure palliative domiciliare e il sostegno del volontariato dedicato per lui e i suoi caregiver.

Chi sono i destinatari della sua attività? Sono i cittadini cosiddetti “fragili”, persone prevalentemente anziane, o con disabilità o malattie invalidanti, che nella maggior parte dei casi oggi presentano un quadro composto da più patologie che coesistono, e che dunque richiedono di prendersi cura di loro a 360 gradi. L’obiettivo è anche di mantenere il più possibile la persona dentro al proprio contesto di vita e alla rete relazionale.