“Ci troviamo in un luogo straordinario della memoria. A Sabbiuno furono trucidati tanti antifascisti, partigiani che con coraggio e a costo della loro stessa vita lottarono per dare a noi libertà e democrazia. Qui sono le nostre radici, come diceva bene Pietro Calamandrei: ‘Se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità’. E la Costituzione, conquistata così a caro prezzo, deve continuare a essere il nostro riferimento, a partire dal lavoro, dai diritti, da una crescita sostenibile e diffusa, con eguali opportunità per tutti e senza che nessuno sia lasciato indietro”.
Così il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, intervenuto questa mattina al Parco collinare di Paderno, a Bologna, per le celebrazioni del 79^ anniversario dell’eccidio di Sabbiuno. Con Bonaccini anche la presidente del Comitato per le onoranze ai caduti di Sabbiuno, l’assessora del Comune di San Lazzaro, Sara Bonafè, il componente della segreteria nazionale Anpi, Mario Vallone, e i rappresentanti di alcune aziende in crisi del territorio bolognese, Marina Aldrovandi (Versuni ex Saeco), Miguel Belli (Industria Italiana Autobus), Domenico Lisi (Marelli), e Stefania Prestopino (La Perla).
“Il lavoro buono e retribuito in modo giusto è oggi l’obiettivo che ci deve trovare uniti- ha aggiunto Bonaccini-, perché in gioco c’è non solo il futuro, ma la dignità di tante, troppe, persone e famiglie. Un’emergenza democratica che pesa sul nostro presente. E la Regione è e sarà sempre al fianco di chi ogni giorno si impegna, col proprio lavoro, per il benessere di tutta la comunità. Anche questo è un dovere che abbiamo nei confronti dei nostri concittadini che non si arresero allora di fronte alla dittatura e al nazifascismo e che contribuirono poi a scrivere la nostra Costituzione, da onorare e difendere ora e sempre”.
La cerimonia a Sabbiuno ricorda i cento martiri trucidati dai tedeschi tra il 14 e il 23 dicembre 1944, i cui corpi furono gettati nei calanchi. Le salme vennero recuperate solo nel 1945, dopo la Liberazione. Solo a 58 delle vittime fu possibile attribuire un nome.
La storia
Il 5 dicembre 1944 i tedeschi e i fascisti realizzarono due grandi rastrellamenti ad Anzola Emilia, ad Amola di Piano (San Giovanni in Persiceto) e in diversi altri centri della bassa pianura bolognese. Oltre 200 persone furono portate nelle sedi delle SS tedesche a Bologna e, dopo gli interrogatori, nel carcere di San Giovanni in Monte, dove si trovavano già centinaia di detenuti. Partigiani, la cui identità e attività erano certi, insieme a diversi civili, furono portati a Sabbiuno di Paderno, sulla collina a sud della città, e uccisi in massa. I corpi rotolarono lungo i fianchi della collina verso il Reno. L’eccidio fu compiuto in due tempi: il 14 e il 23 dicembre 1944. Altri rastrellati furono deportati a Mauthausen (Austria) e a Gries (Bolzano).
Ancora oggi il numero esatto delle vittime non è certo, perché i resti di molti potrebbero essere rimasti sepolti nei calanchi.
Il memoriale
Il monumento, uno tra i più importanti della Resistenza in Emilia-Romagna, è stato realizzato nel 1974 su progetto del gruppo “Città nuova”, un collettivo di architetti e urbanisti, frutto del lavoro volontario e gestito dal Comitato per le onoranze ai caduti di Sabbiuno.
Il memoriale sottolinea i luoghi con segni tangibili per permettere ai visitatori di rivivere quei tragici eventi. Collocato sul crinale tra Reno e Savena offre, per la sua posizione dominante, ampie vedute panoramiche sulle due vallate. Con lo sguardo si può seguire il filo spinato rosso che scende dal muro di cemento lungo il calanco, giù fino alla croce bianca. Un’aula a fianco del monumento ospita una mostra fotografica e uno spazio dedicato ad attività didattiche per le scuole.