Hanno tutti circa otto anni, i 15 bambini e bambine Saharawi ospitati a Modena nel mese di agosto che questa mattina, venerdì 18 agosto, hanno incontrato nella sala di Rappresentanza del Municipio l’assessore Andrea Bosi che ha rinnovato l’accoglienza in città, ripresa solo quest’anno dopo la sospensione dovuta all’emergenza sanitaria causata dalla pandemia.
Il gruppo proveniente dal distretto di Aiun, al quale si sono uniti anche due quindicenni che in luglio hanno partecipato come pugili alle Olimpiadi del Tricolore a Reggio Emilia, era accompagnato da Silvia Bellettini dell’associazione Kabara Lagdaf che da molti anni organizza il progetto di accoglienza dei bambini Saharawi in città e provincia e dai volontari dell’associazione.
L’assessore Bosi ha salutato i ragazzi come “ambasciatori della forza del popolo Saharawi”, ricordando il patto di amicizia che da molti anni lega ai Saharawi il Comune di Modena, con la Provincia e la Regione Emilia Romagna, e “il grande contributo delle associazioni di volontariato che lavorano costantemente per migliorare le condizioni di vita difficilissime dei campi profughi, insieme all’impegno per sostenere il diritto all’autodeterminazione del popolo Saharawi”.
I ragazzi, che ripartiranno domenica 20 agosto, sono stati ospiti dell’associazione modenese per tutto il mese, tra le visite mediche che fanno parte del protocollo sanitario condiviso con il Governo Saharawi (con visite pediatriche, oculistiche, dentistiche) e vacanze con qualche giorno al mare in Toscana, poi in Appennino, a Montese, e le residenze a Nonantola e Magreta.
Il progetto di accoglienza che prosegue da trent’anni è stato integrato dal 2009 con il progetto sanitario che prevede sia i controlli pediatrici sia il piano specifico di cura della calcolosi renale a cui vanno particolarmente soggetti i bambini. Sospeso per alcuni anni a causa della pandemia, è stato ripreso quest’anno con un mese di ospitalità invece dei consueti due.
Originari del Sahara occidentale, dal 1975 i Saharawi sono costretti a vivere nei territori occupati dal regno del Marocco, che non ne riconosce l’indipendenza, e nei campi profughi allestiti nel deserto algerino.