Con la nascita della Camera di commercio dell’Emilia si conclude il processo di accorpamento degli Enti camerali dell’Emilia-Romagna, un percorso che ha ridisegnato la geografia del Sistema Camerale nazionale, oggi costituito da 60 Camere di cui 5 in Emilia-Romagna.
L’atto ufficiale sarà tra quindici giorni, con il primo Consiglio e l’elezione del presidente.
Dal punto di vista economico, come sottolinea il centro studi di Unioncamere Emilia-Romagna, il passaggio dal dato provinciale all’aggregazione territoriale coincidente con il perimetro delle nuove Camere di commercio offre nuove prospettive d’analisi e inedite chiavi di lettura. Analisi che non si esauriscono con la semplice rappresentazione statistica del fenomeno economico oggetto d’osservazione, ma che mirano a offrire spunti utili alla pianificazione strategica, soprattutto per quelle variabili le cui dinamiche fuoriescono dei confini amministrativi.
È il caso di tutto ciò che ruota attorno all’internazionalizzazione, dal commercio con l’estero alla capacità di investire all’estero e attrarre investimenti sul territorio.
Con un valore prossimo ai 30 miliardi di euro, l’Emilia è la seconda Camera di commercio italiana per valore dell’export, preceduta solamente da quella che aggrega le province di Milano, Lodi e Monza-Brianza.
In Emilia l’export per abitante nel 2022 è pari a 23.801 euro, quarta Camera di commercio in Italia, preceduta da Vicenza, Arezzo-Siena, Modena. Ulteriore conferma dell’importanza dell’export per la Camera di commercio dell’Emilia viene dal dato della sua incidenza sul valore aggiunto, oltre il 64 per cento, sesta nella graduatoria nazionale. Dal 2000 a oggi le esportazioni dell’Emilia sono aumentate in termini reali – quindi al netto dell’inflazione – di quasi il 90 per cento, valore che la colloca ancora una volta tra le prime Camere di commercio del Paese.
I beni esportati riflettono le competenze distintive del territorio. Ve ne ve ne sono alcune che appartengono a tutte e tre le province: le macchine per l’agricoltura, l’industria dei metalli la meccanica – strumentale, packaging e automotive -, la filiera agroalimentare. Reggio Emilia aggiunge una spiccata vocazione nella filiera dei materiali da costruzione (ceramica) e nella filiera elettronica; Piacenza è importante polo logistico, a Parma occupa un ruolo rilevante l’industria farmaceutica.
Ben 188 imprese dell’Emilia controllano 792 imprese all’estero, detenendone una quota di capitale superiore al 50 per cento. Se si confronta il numero delle controllate all’estero con quello delle imprese del territorio, si ottiene un indice che misura la presenza all’estero delle società del territorio: in Emilia ogni mille imprese sul territorio ve ne sono 7 controllate all’estero, in Italia tale valore è pari a 4,4. Se escludiamo le Camere di commercio di confine, come Venezia Giulia per cui la presenza estera è fisiologica, l’Emilia è al quinto posto per presenza all’estero.
Riguardo alle 792 imprese controllate, 101 sono negli Stati Uniti, 55 in Francia, 42 in Germania, 38 nel Regno Unito, Paesi che rappresentano mercati rilevanti anche per quanto riguarda l’export. Presenza significativa anche in Romania (35 imprese), Brasile (32), Cina (29) e Russia (27).
Le imprese dell’Emilia controllate da una società con sede legale all’estero sono 464. Si tratta di imprese di medie grandi dimensioni, complessivamente superano i 14 miliardi di fatturato e contano quasi 32mila addetti.
Analogamente a quanto fatto per le controllate all’estero, è possibile calcolare un indicatore espressione della presenza estera sul territorio. In questo caso l’Emilia con un valore di 4,1 imprese controllate dall’estero su ogni mille imprese del territorio, si posiziona al 17esimo posto nella graduatoria nazionale delle Camere di commercio.
Le società che acquisiscono imprese emiliane sono prevalentemente statunitensi, tedesche e svizzere.
Commercio, meccanica e alimentare i settori maggiormente interessanti da acquisizioni estere.