“Nel 2017, all’Assessore Carla Ludovica Ferrari, consegnammo un progetto per il restauro, con i nostri volontari, delle 957 lapidi. Il Comune prese in carico il progetto, lo ridefinì e solo nel maggio del 2020 lo inviò in Soprintendenza per la necessaria approvazione. Da oltre sei anni la cittadinanza è in attesa che lo scempio di un cimitero mutilato dall’incuria torni ad essere il degno luogo di sepoltura per quei ventenni caduti per la Nazione” – dichiara Giulio Verrecchia, Presidente dell’Associazione Studi Militari Emilia Romagna, principale promotrice del restauro di quest’area.
“La situazione è visibile agli occhi di tutti, ed in tanti, negli scorsi giorni, ci hanno espresso il loro biasimo per la trascuratezza di queste lapidi. Si pensi che ognuna recava frontalmente il nome del caduto. Ci complimentiamo quindi con il Comune di Modena che, nel corso di decine di anni di mancata manutenzione, è riuscito a trasformare un cimitero di caduti noti in un sacrario di caduti ignoti, ed infatti nessun nome si legge più. Persino il seriale di lapide ormai è talmente tanto sporco che dobbiamo tastare la pietra per individuare il numero corrispondente. L’unica lapide restaurata, dell’originale color avorio, è quella di un caduto delle colonie Britanniche. La Commonwealth War Graves Commission è intervenuta a Modena, in questo piccolo angolo dimenticato dalle nostre istituzioni, per ridare dignità al sepolcreto di un loro caduto. Tutto ciò è tremendamente vergognoso ed avvilente anche agli occhi di Nazioni estere, che hanno ben altra cura dei cimiteri in cui riposano i loro giovani caduti in guerra”.
Rincara nuovamente Verrecchia, specificando anche i profili giuridici che legano gli aspetti manutentivi di competenza municipale: “Una manutenzione ordinaria disattesa, ma prevista Legge 877/31, che poneva in capo alle amministrazioni locali il mantenimento ordinario dei Sacrari Militari inclusi nei cimiteri civili. Una manutenzione ordinaria che, a parte qualche sfalcio di erba, non si è mai vista da decenni. Per questo siamo giunti a un tale stato di degrado, che ha comportato il crollo di numerose lapidi, rappezzate con un po’ di calcestruzzo alla base. Si pensi che il Comune, nel 2020, a fronte di una decina di lapidi crollate, sporse denuncia per atti vandalici nei confronti di ignoti, mascherando così ogni responsabilità di fronte alla loro negligenza. E allora ci domandiamo se questi interventi “in emergenza”, per evitare nuovi crolli, siano stati debitamente segnalati alla Soprintendenza di Zona, sulla base di quanto disposto dall’Art. 27 della L.42/2004”.
L’Associazione pertanto attende una risposta chiara dall’Amministrazione, con tempi e modalità ben definite di questo restauro dall’istruttoria infinita.
“Dal 2018 apponiamo le Coccarde Tricolori sulle lapidi – conclude Verrecchia – ma così non sarà più, almeno fino a quando quel cimitero non tornerà nelle condizioni di poter essere definito Sacrario Militare e non più Monumento alla Vergogna”.