“Per la prima volta viene esaminata, ai fini di una indagine reddituale, la grande mole di dati trattati dalla CSC Srl di Modena – spiegano Marzio Govoni, presidente Federconsumatori APS Modena e Daniela Bondi Presidente C.S.C. CAAF – CGIL Modena –
Ne esce una fotografia cruda, ma crediamo fedele, dell’evoluzione del reddito dei lavoratori e delle lavoratrici della provincia di Modena. Una fotografia che mostra una crisi perdurante nel tempo, che colpisce tutti, ma in particolare le donne, i giovani, i lavoratori stagionali, i precari”.
“Una crisi, quella che segnalano questi dati, che potrebbe diventare drammatica, quando sarà possibile esaminare i redditi del 2021, con l’inflazione vicina al 4%.
Nessuna parte di questa indagine è consolante e può indurre facilmente all’ottimismo, se non in un difficile confronto coi dati di altri territori. Gli effetti della pandemia sono la prima chiave interpretativa, ma non può di certo essere l’unica, perché le tendenze negative sono precedenti.
Tra gli anni fiscali 2016 e 2020, rispetto ai dati esaminati, le retribuzioni dei lavoratori dipendenti modenesi sono calate mediamente del 3,5% (-5,8% in termini reali).
Tenendo conto dell’inflazione del periodo – proseguono Govoni e Bondi – possiamo inoltre dire che la soglia redittuale nella quale diventa impossibile il risparmio sale ancora.
Sono state le donne a pagare di più; per loro nello stesso periodo l’arretramento salariale è stato del 6,6% in termini reali. Un dato portato anche dal crollo del reddito in alcuni settori a maggiore presenza femminile, come l’Abbigliamento ed i pubblici esercizi, oltre che dalla crescita dei part-time “involontari”, in particolare nel commercio.
Scontato, ma pur sempre macroscopico, il dato dei giovani. Oltre il 50% dei giovani con meno di 25 anni ha denunciato nel 2020 un reddito inferiore ai 5.000 euro lordi, la quasi totalità sotto i 20.000. Se esaminiamo la fascia da 25 a 34 anni registriamo che oltre il 70% ha denunciato un reddito inferiore ai 20.000 euro lordi, con un reddito medio poco al di sotto dei 13.000 euro lordi annui, contro i quasi 23.000 della fascia 55-64 anni. Ma il dato più forte, per i giovani, è questo: in quattro anni il reddito di lavoratori e lavoratrici da 25 a 34 anni è calato quasi del 9% in termini reali; più di ogni altra fascia d’età. Un calo quasi doppio della media generale, proprio nell’età nella quale ci si concentra sull’acquistare una casa, sul costruire una famiglia, sul fare figli. Scontato è che la maggior parte di lavoro a tempo determinato e precario ricade proprio sugli under 35. La comparazione del reddito tra lavoratori determinati ed indeterminati, un rapporto di 3 a 1, chiarisce poi cos’è il lavoro povero; ma è necessario tener conto della minore quantità di ore lavorate, della stagionalità, della prevalenza delle forme di orario ridotto”.
“Abbiamo quindi esaminato i diversi settori dell’economia modenese, sempre rispetto al reddito degli occupati – aggiungono Govoni e Bondi – Quello dove nell’anno fiscale 2020 le retribuzioni risultano più elevate è Mobilità generale e industriale, che ha sorpassato Ceramica piastrelle e refrattari, storicamente al primo posto. Quest’ultimo settore, dopo anni in lieve ma costante crescita, ha registrato un forte calo nel primo anno della pandemia, in corrispondenza del blocco del settore costruzioni. Gomma plastica, composto in larga parte dal Biomedicale, è fra i pochi settori dove le retribuzioni sono cresciute, prima lievemente e poi in modo marcato nel 2020.
Crollano nel periodo 2016-2020 i redditi da lavoro dipendente nei settori Abbigliamento-Confezioni, con -21%, Logistica-Trasporto merci con il -19%, Ristorazione, Alberghi, Pubblici Esercizi con -30%. Rispetto alle aree territoriali la “performance” del Biomedicale consente alla Bassa Pianura di abbandonare l’ultimo posto per reddito medio, dopo diversi anni”.
“Torna all’ultimo posto per reddito la Collina e montagna, dove il reddito da lavoro dipendente è del 20% inferiore a quello della città di Modena, e dell’8,8% rispetto alla media provinciale.
Proprio la Bassa pianura e la Collina e Montagna sono gli storici fanalini di coda di un’altra indagine di Federconsumatori, quella sui prezzi applicati dalla Grande distribuzione negli Ipermercati, Supermercati e Discount. Ma in quel dato si registra che proprio i Discount vedono in quelle due aree i prezzi più bassi della provincia, e presumiamo anche le quote di mercato più elevate.
Ai dati che vi sottoponiamo fanno da contraltare altri elementi complicati. La notevole crescita dell’inflazione nella parte finale del 2021 non pare destinata a spegnersi presto. Il circa 4% del 2021 potrebbe nel 2022 crescere ancora, in una spirale determinata dall’incremento dei prodotti energetici ma che non può essere attribuita soltanto ad essi, e dove gli unici elementi esclusi dall’adeguamento paiono essere proprio salari e pensioni”.
“Non basta una ripresa record in Europa per garantire il recupero del valore d’acquisto delle retribuzioni, specie in un territorio dove (lo dimostrano i dati Istat) l’evoluzione del costo della vita, pur coerente coi dati complessivi nazionali, ha elementi propri, come quello dell’abnorme incremento del costo degli interventi tecnici e attorno alla casa, ed al deragliamento dei costi dell’affitto di abitazioni. Un tema, quest’ultimo, che ovviamente riguarda soprattutto i lavoratori dipendenti.
L’incremento choc delle bollette d’energia e la crescita incontrollata dei prezzi di beni e servizi, unito alla innegabile contrazione dei redditi, potrebbe determinare una condizione inedita per il nostro paese, con la soglia della povertà che si sposta sempre più in alto, anche in una provincia che si pensa ricca e grassa, per analisi arretrate e fuori dal tempo”.
“Noi ci fermiamo qui; questa è la nostra fotografia, che consegniamo a chi di dovere, lasciando a chi vorrà – concludono i presidenti di Federconsumatori APS e di C.S.C. CAAF – CGIL Modena – il compito di commentare, analizzare, approfondire.
Soprattutto il compito di trovare una via d’uscita da una condizione sempre meno sostenibile”.