È iniziato l’arruolamento dei pazienti con polmonite da SARS-CoV-2 per il trattamento con cellule che inibiscono l’infiammazione. All’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena ha preso il via la fase I/II dello studio sperimentale RESCAT, il primo che in Italia utilizza le cellule stromali mesenchimali (mesenchymal stromal/stem cell, MSC) in sperimentazione clinica per pazienti positivi al Covid e il primo al mondo che esegue un confronto tra fonti di MSC diverse all’interno di un’unica sperimentazione controllata: cordone ombelicale, tessuto adiposo e midollo osseo. L’indicazione per il centro di Modena è di arruolare 10 pazienti da trattare e 5 di controllo fino a giugno 2022, mentre a livello nazionale si prevede di arruolare altri 45 pazienti, incluso il gruppo di controllo.
Le cellule sopradette sono un tipo di cellule staminali in grado di produrre fattori antinfiammatori che sembrano contrastare il meccanismo alla base del danno d’organo indotto dal virus. Lo “Studio prospettico randomizzato multicentrico di fase I/IIa sull’impiego di cellule stromali mesenchimali allogeniche nel trattamento di pazienti affetti da polmonite da SARS-CoV-2” (RESCAT) è coordinato dall’AOU di Modena con l’Università di Modena e Reggio Emilia e coinvolge gli Ospedali Meyer e Careggi di Firenze (Prof. A. Peris), il Policlinico Irccs Ca’ Granda di Milano con l’Ospedale Covid di Milano Fiera (Prof. N. Stocchetti), l’Ospedale San Gerardo di Monza con la Fondazione Centro di ricerca Tettamanti e con l’Università Milano-Bicocca (Prof. G. Bellani e F. Luppi), l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona (Prof. R. Ciccocioppo) e l’ULSS 8 Berica di Vicenza (Dr. G. Astori). A supportare i centri per l’analisi dei biomarcatori saranno l’Istituto Mario Negri di Milano e la Fondazione Centro di ricerca Tettamanti. Lo studio ha potuto beneficiare di un cofinanziamento della Regione Emilia-Romagna, della Fondazione di Modena e della Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola.
Come commenta Raffaele Donini, Assessore alle Politiche per la Salute della Regione Emilia Romagna, “non posso che esprimere soddisfazione per il ruolo dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, insieme all’Università di Modena e Reggio Emilia, nel coordinamento di questo studio sperimentale di così ampio respiro. L’impatto della pandemia ha indubbiamente sollecitato la ricerca scientifica, strumento fondamentale per arrivare a mettere a punto nuove cure e nuovi trattamenti per i pazienti. Uno strumento che ci consente di ragionare realmente in una prospettiva futura. Prendiamo atto, dunque, dei primi esiti dello studio RESCAT e attendiamo ulteriori risultati del trattamento, una volta completato l’arruolamento dei pazienti nel protocollo di terapia cellulare”.
“Con i primi esiti incoraggianti sui pazienti trattati – riferisce Claudio Vagnini, Direttore dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena – la ricerca si conferma un tassello importante nello studio della cura della polmonite interstiziale grave da Covid-19. La collaborazione e la condivisione dei risultati tra i centri specializzati e la volontà di metterli poi a disposizione della società sono pilastri imprescindibili della ricerca scientifica e clinica. Abbiamo già esperienza di come le terapie cellulari rappresentino una promessa e una frontiera per la lotta contro il cancro, in particolare per la cura dei tumori ematologici. E oggi ipotizziamo che possano fornire un contributo importante anche per trattare la patologia derivante dal virus Sars-CoV-2”.
“I primi risultati dello studio RESCAT sono promettenti per il proseguo della ricerca, anche se siamo in una fase troppo preliminare per esprimere giudizi. Un ringraziamento particolarmente sentito ai professori Massimo Dominici ed Enrico Clini e a tutta l’Azienda Ospedaliero – Universitaria per lo sforzo e l’abnegazione con le quali, anche in un periodo tanto complesso, riescono ad assicurare standard elevatissimi di cura e ricerca”, afferma il Rettore dell’Università degli Studi di Modena e Reggio, Carlo Adolfo Porro.
Il Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia di UniMoRe, Giorgio De Santis, che è anche Direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Plastica all’AOU di Modena, riferisce: “Esprimiamo la nostra soddisfazione nei confronti dell’avvio di questa possibile innovazione terapeutica per due motivi. Da un lato, per i promettenti risultati dei primi trattamenti, dall’altro lato per il fatto che la Struttura di Chirurgia Plastica che dirigo ha contribuito al prelievo delle cellule mesenchimali staminali da tessuto adiposo da infondere nel paziente ammalato. Tutto questo ci lascia sperare che il proseguo del cammino possa essere altrettanto confortante. Ma per esserne certi si dovranno trattare più pazienti osservandoli per più tempo”.
L’obiettivo dello studio, in quanto di fase I/IIa, consiste anzitutto nel verificare la fattibilità e la sicurezza dell’utilizzo delle MSC nel trattamento della polmonite da Sars-CoV-2.
“L’innovazione di questa ricerca – spiega Massimo Dominici, Direttore della Struttura Complessa di Oncologia dell’AOU di Modena e professore all’Università di Modena e Reggio Emilia alla guida dello studio – consiste anzitutto nel mettere in rete nello stesso protocollo cinque “fabbriche di cellule” (laboratori autorizzati alla produzione di cellule per l’utilizzo nell’ambito di protocolli clinici sperimentali), che producono MSC autorizzate per l’impiego umano da fonti diverse. Gli studi in corso fino ad oggi sono 90 in tutto il mondo e tutti di fase I/II. Di questi, 14 sono in Europa, dei quali a sua volta uno soltanto in Italia: il nostro. Al momento sono pochi gli articoli pubblicati su riviste scientifiche peer reviewed di studi sperimentali di questo tipo. Gli studi condotti nel corso della pandemia su pazienti affetti da Covid-19 in condizioni cliniche in rapido peggioramento hanno mostrato l’assenza di reazioni allergiche, di infezioni secondarie o di eventi avversi legati all’infusione di MSC. Nel giro di pochi giorni era stato osservato un miglioramento dell’ossigenazione, un calo dei livelli di molecole infiammatorie e un miglioramento del quadro clinico e radiologico. Per comunicare risultati certi del nostro studio dovremo essere attendisti, aspettando di trattare più pazienti e di vedere come rispondono. Tuttavia, il fatto di essere riusciti ad iniziare un trattamento così innovativo in una sperimentazione clinica controllata a livello nazionale è un grande passo in avanti e vedere medici e infermieri impegnati nell’infusione di cellule al letto di pazienti Covid-19 mi da fiducia”.
“Dopo la tempistica necessaria per acquisire le autorizzazioni, abbiamo arruolato finora due pazienti, dei quali uno è stato sottoposto a trattamento con le staminali e uno fungeva da controllo”, precisa Enrico Clini, Direttore della Struttura Complessa di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’AOU e professore all’Università di Modena e Reggio. “Al momento non è realistico trarre considerazioni utili rispetto agli scopi dello studio, che auspichiamo di completare nei prossimi mesi. Tuttavia, possiamo affermare che il paziente trattato non ha mostrato alcun segno di intolleranza all’infusione delle cellule e che ha presentato un recupero della condizione clinica grazie a cui è stata possibile la dimissione dopo otto giorni dal trattamento”.
La cura è stata somministrata anche ad una paziente malata di Covid per un uso cosiddetto “compassionevole”, con cui s’intende l’utilizzo di un medicinale in sperimentazione clinica su uno o più pazienti, al di fuori della sperimentazione stessa, i quali si trovino in pericolo di vita, quando, a giudizio del medico, non vi siano ulteriori valide alternative terapeutiche.
“Il progetto RESCAT– commenta Paola Vandelli, Direttore del Servizio Formazione, Ricerca e Innovazione dell’AOU di Modena – è un esempio particolarmente riuscito di come la sinergia tra istituzioni, Università e Azienda Ospedaliera, insieme al lavoro di squadra, alla multidisciplinarietà e alla collaborazione tra diversi ruoli professionali, sia di per sé elemento di garanzia. L’intero processo di ricerca passa attraverso numerosi ambiti di intervento e diversi team di lavoro: dall’intuizione del responsabile scientifico all’impegno e competenza dello sperimentatore e dei diversi specialisti, fino alla predisposizione di tutti gli atti formali e normativi necessari. Quando inserito in un contesto di gruppo, il singolo aumenta esponenzialmente le proprie potenzialità, per cui si rende fondamentale stimolare ed incentivare ogni giorno la collaborazione tra gli specialisti ed i diversi Servizi”.
RESCAT è stato approvato come studio multicentrico, aperto, randomizzato, controllato che prevede due infusioni endovenose di MSC allogeni che a distanza di 5 giorni l’una dall’altra in 60 pazienti (40 trattati e 20 come gruppo di controllo) affetti da polmonite severa da infezione da SARS-CoV-2 e ricoverati e seguiti presso le Covid Unit coinvolte (terapie intensive e semintensive).