Per permettere ai propri figli di seguire le lezioni a distanza durante la pandemia 3 genitori su 10 hanno dovuto richiedere lo smartworking, hanno usufruito di ferie o permessi e, in alcuni casi, hanno affidato i ragazzi a parenti o amici. La vita “online” per tutti si è stata una rivoluzione: la maggior parte delle famiglie (il 71%) è soddisfatta per la qualità della connessione internet e dei devices che hanno dovuto utilizzare gli studenti per le lezioni e le verifiche, ma non si può trascurare quel 13% che esprime un giudizio «molto negativo», senza contare che solo il 55% dei figli ha avuto a disposizione un computer e il 18% si è dovuto adattare allo smartphone.
Sono dati che emergono dalla ricerca realizzata tra aprile e maggio dal Centro culturale Francesco Luigi Ferrari, coinvolgendo circa 800 famiglie modenesi (789 per la precisione) a cui è stato somministrato un questionario quanti-qualitativo per indagare sull’esperienza della Didattica a distanza nelle scuole primarie e secondarie di primo grado.
Per il 75,5% dei genitori intervistati la scuola avrebbe dovuto restare aperta con la didattica in presenza ed un complessivo 78,2% ritiene che la scuola frequentata dai ragazzi sia un luogo molto o abbastanza sicuro. In merito alle conseguenze della DAD sui propri figli, il 39,5% dei genitori si ritiene molto preoccupato rispetto agli effetti sull’apprendimento e il 48,3% sulla socializzazione. La ricerca (in allegato al comunicato stampa) verrà presentata lunedì 31 maggio alle ore 18.30 nell’incontro online organizzato dal Centro Culturale Ferrari.
All’evento, che sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook e sul canale Youtube del Centro Culturale F.L. Ferrari, interverranno Davide Chiappelli (uno dei curatori dell’indagine), Cesare Rinaldini (Psicoterapeuta) e Ilaria Leonardi (Dirigente Scolastica dell’Istituto Comprensivo “F.Bursi” di Fiorano) e Ciro Ludovico (Operatore Caritas di Modena).
Come emerge dal sondaggio, la didattica a distanza è stata nella stragrande maggioranza dei casi attivata immediatamente per far fronte al primo lockdown senza interrompere le lezioni. La fotografia che emerge dai dati raccolti è quella di una generazione di «nativi digitali» che è stata in grado di adattarsi velocemente a questa nuova modalità di lezioni, dimostrando in generale una buona padronanza nell’utilizzo degli strumenti tecnologici nonostante la giovanissima età. Al contempo però, la didattica a distanza ha messo in evidenza non poche criticità, quali ad esempio il poco preavviso con cui le famiglie sono state avvertite e le conseguenti difficoltà nella ri-organizzazione della propria routine quotidiana, oltre alle difformità nel servizio di didattica a distanza offerto alle famiglie stesse tra i vari istituti comprensivi. Emergono inoltre preoccupazioni per l’apprendimento, la socializzazione e la condizione dei ragazzi nel lungo periodo, testimoniate dai dati molto discordanti rispetto all’utilità della DAD, che hanno portato a considerarla efficace e utile nell’immediato, ma non sostituibile alle lezioni in presenza.
«Abbiamo voluto mettere a disposizione delle istituzioni, sia del mondo della scuola che della politica, un’analisi utile per l’organizzazione della didattica del futuro partendo dall’ascolto delle famiglie che in questi mesi sono state chiamate ad un sacrificio senza precedenti e a cui va da parte nostra un sentito ringraziamento per il prezioso contributo offerto e per avere risposto in maniera così numerosa – ha commentato il presidente del Centro culturale Francesco Luigi Ferrari, Paolo Tomassone –. La tragica esperienza del Covid-19 ci ha ricordato ancora una volta l’importanza dell’esperienza educativa fatta in presenza: nella scuola si cresce, ci si incontra, si sviluppano cultura, affetti, solidarietà, conoscenza reciproca. Si sperimenta la vita di comunità, il senso civico. Dobbiamo andare verso il superamento della didattica a distanza, dobbiamo lavorare senza sosta per trovare nuove soluzioni per non interrompere l’esperienza formativa in presenza anche durante un’emergenza così dura come quella attuale. È un impegno che non può più essere relegato ai decisori politici: vanno coinvolti gli insegnanti, gli educatori, le famiglie, i ragazzi, i rappresentanti del mondo della cultura e del volontariato e chiunque abbia a cuore il futuro dei giovani».