Il 30 gennaio 1944, a poco più di un mese dall’uccisione dei sette fratelli Cervi e di Quarto Camurri, nel Poligono di tiro di Reggio Emilia i fascisti repubblichini fucilarono don Pasquino Borghi e altri otto antifascisti: Ferruccio Battini, Romeo Benassi, Umberto Dodi, Dario Gaiti, Destino Giovannetti, Enrico Menozzi, Contardo Trentini ed Enrico Zambonini.
Il 77esimo anniversario dell’eccidio sarà ricordato sabato 30 gennaio, con un programma di iniziative promosse da Comune di Reggio Emilia, Provincia, associazioni partigiane Anpi, Alpi, Apc, Anppia, Comitato democratico costituzionale, Istituto “Alcide Cervi”, Istoreco e Ufficio scolastico di Reggio Emilia.
Le celebrazioni si apriranno alle ore 10 al Poligono di tiro di via Paterlini 17, dove si omaggeranno i caduti nel luogo dell’eccidio, con gli interventi del sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e del presidente Anpi Ermete Fiaccadori a nome delle Associazioni partigiane. A seguire, alle ore 11, nella basilica della Madonna della Ghiara il Vescovo monsignor Massimo Camisasca celebrerà una messa in suffragio dei caduti. Sarà presente il presidente del Consiglio comunale Matteo Iori.
Nel corso della giornata verrà deposta una corona presso la lapide in vicolo dei Servi, collocata sul retro dell’Ostello della Ghiara, nelle cui adiacenze sorgeva il luogo di detenzione fascista dove furono rinchiusi don Borghi e gli altri antifascisti prima dell’esecuzione.
A causa delle restrizioni anti Covid, la cerimonia al Poligono si terrà in assenza di pubblico ma sarà trasmessa in diretta sui canali youtube e facebook del Comune di Reggio Emilia. Per seguirla è necessario collegarsi ai seguenti link:
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Don Pasquino Borghi, nome di battaglia Albertario
Pasquino Borghi nasce a Bibbiano il 26 ottobre 1903 da una famiglia di contadini mezzadri.
Entra in seminario a 12 anni, dimostrando una spiccata tendenza alla vita ecclesiastica. Nel 1924 entra nell’Istituto Benedetto XII delle missioni africane in Verona. Nel 1930, ordinato sacerdote, parte per la missione comboniana di Torit, nel Sudan all’epoca anglo-egiziano. Nel 1937 viene fatto rientrare in Italia per motivi di salute e curato presso l’istituto missionario di Sulmona. Nel 1938 entra nella Certosa di Farneta (Lucca), ove emette i voti di certosino. Nel 1939 chiede la dispensa papale per ritornare alla vita sacerdotale “nel mondo”, anche per poter aiutare la madre rimasta vedova e in povertà.
Nominato cappellano nella chiesa di Canolo (Correggio), assume decisa posizione contro la guerra e la dittatura fascista. Dall’autunno 1943 è parroco a Coriano-Tapignola di Villa Minozzo.
Dopo l’8 settembre 1943, inizia un’intensa attività di aiuto ai soldati italiani sbandati, ai prigionieri alleati fuggiti dai campi di internamento e ai primi partigiani. Aderisce alla Resistenza con il nome di battaglia di Albertario.
Il 21 gennaio 1944 viene arrestato a Villa Minozzo da militi della Repubblica Sociale, mentre sta tenendo l’omelia della Messa. Un milite ha la sfrontatezza di schiaffeggiarlo, mentre una maestra in segno di spregio gli sputa sul viso. Inutili i tentativi per salvarlo: don Pasquino viene incarcerato a Scandiano e poi, nell’ultima notte, trasferito nel carcere dei Servi a Reggio Emilia. Subisce percosse, torture e umiliazioni, sopportate con rassegnazione cristiana e con una forza d’animo tale da infondere coraggio ai compagni di prigionia che insieme a lui subivano la medesima sorte. Il 30 gennaio 1944, per rappresaglia dopo l’uccisione di un milite fascista, senza alcun processo, viene fucilato insieme ad altri otto patrioti: Ferruccio Battini, Romeo Benassi, Umberto Dodi, Dario Gaiti, Destino Giovannetti, Enrico Menozzi, Contardo Trentini ed Enrico Zambonini. L’esecuzione ha luogo nello stesso Poligono di tiro dove un mese prima, il 28 dicembre 1943, erano stati fucilati i sette Fratelli Cervi e Quarto Camurri. Un distaccamento partigiano viene ben presto intitolato a Don Pasquino, una delle figure più importanti della Resistenza reggiana. Il 7 gennaio 1947, in occasione delle celebrazioni del 150° Anniversario della nascita del Primo Tricolore, il Capo dello Stato, Enrico De Nicola, consegna alla madre, Orsola Del Rio, la Medaglia d’oro al Valore militare alla memoria.