In qualità di Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale della Regione, Desi Bruno ha indirizzato una lettera al Prefetto di Modena, Benedetto Basile, per chiedere aggiornamenti in merito al subentro dell’associazione “Oasi” alla “Misericordia” nella gestione del CIE (Centro di Identificazione ed Espulsione per migranti) di Modena.

Ciò dovrebbe avvenire dall’1 luglio 2012, con fondate previsioni di “tagli” al personale attualmente in servizio. La Garante torna a esprimere forte preoccupazione “per il possibile peggioramento delle condizioni di vita delle persone trattenute, anche in ragione della perdita delle professionalità che in questi anni hanno comunque lavorato all’interno della struttura”. Segnala, inoltre, al Prefetto di Modena l’opportunità di attivare, analogamente al CIE di Bologna, “lo sportello informativo rivolto ai trattenuti, come ausilio ad una maggiore consapevolezza della normativa in materia di immigrazione e come contributo ad una permanenza meno conflittuale possibile”.

Nello scorso mese di marzo, la Garante ha effettuato una visita all’interno della struttura, riscontrando la seguente situazione.

Nel corso del 2011 si sono alternate 594 persone rinchiuse, quasi la metà (282) provenienti dalla Tunisia, quasi un quarto (142) dal Marocco. Di queste, 116 in passato hanno avuto il permesso di soggiorno, 32 provenivano dal carcere, 384 hanno ricevuto un decreto di espulsione, 36 hanno richiesto il permesso di soggiorno per motivi umanitari, 40 hanno chiesto asilo. Il tempo medio di permanenza è di 35 giorni, la media delle presenze giornaliere di 56 persone, tutti uomini, a fronte di una capienza massima di 60.

Era in corso la gara al massimo ribasso per rinnovare l’affidamento della gestione, con base d’asta di 30 euro a persona. Il timore, già espresso all’epoca “è che una cifra così contenuta possa far saltare qualcuno dei servizi indispensabili come quelli medico infermieristici, di assistenza psicologica e mediazione culturale attualmente assicurati con un peggioramento della qualità della vita per i trattenuti. Nella considerazione che si tratta di persone che vivono in uno stato di reclusione la cui dignità va tutelata, abbiamo invece chiesto un incremento dei servizi con l’entrata del volontariato per attività ricreative, culturali e di sostegno oltre ad uno sportello per le informazioni legali per le persone trattenute”.

Alla visita aveva fatto seguito una lettera di Desi Bruno al ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, nella quale venivano evidenziate le seguenti criticità: elevata incidenza sulla popolazione ospite di persone provenienti dal carcere; ricorrente presenza di stranieri presenti in Italia da molti anni, che hanno perso il permesso di soggiorno insieme al lavoro; notevole presenza di tossicodipendenti o affetti da patologie incompatibili con la detenzione. Ci sono persone che non vengono identificate perché il paese di provenienza non le riconosce, e restano al CIE per poi uscire e rientrare, in un girone infernale che le rende prive di qualunque riferimento. A ciò si aggiunge che la permanenza fino a 18 mesi ha aumentato la conflittualità, i gesti di autolesionismo, i danneggiamenti.