Sono in corso in Emilia-Romagna numerosi trasferimenti di detenuti e internati, sia per ridurre l’insopportabile sovraffollamento sia per far fronte ai problemi sorti per effetto del recente terremoto. “Il ripristino di numeri se non regolamentari, almeno meno drammatici rispetto all’esistente, è certamente un fatto positivo”, dichiara Desi Bruno, Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, che fa l’esempio della casa circondariale di Bologna, la cui capienza regolamentare è di 480 persone, il numero dei detenuti è sceso da circa 1.200 persone a 937, con indubbio miglioramento delle condizioni di vita.
Anche la casa circondariale di Ferrara dovrebbe risolvere di fatto residue preoccupazioni di sovraffollamento per effetto del trasferimento di un centinaio di detenuti in seguito ai recenti eventi sismici.
Tuttavia, la Garante sottolinea che “i trasferimenti devono però avvenire salvaguardando i legami familiari e il principio di territorialità della pena. Spesso gli spostamenti vanificano relazioni familiari faticosamente mantenute o recuperate, anche per il solo fatto che la povertà che connota la popolazione detenuta e le famiglie fa sì che anche un colloquio in carcere possa essere non un evento normale, ma frutto di sacrifici economici, difficili da replicare. È necessario, inoltre, che il trasferimento non vanifichi percorsi trattamentali in essere, compromettendo l’accesso a misure alternative al carcere o anche ad attività all’interno degli istituti. In questi casi l’osservazione dei detenuti trasferiti deve ricominciare da capo, con tutto ciò che comporta sul piano dei tempi e spesso anche della perdita di occasioni di lavoro, di attività formative, ecc. Dunque, va prestata la massima attenzione alla storia individuale delle persone, ai legami, al percorso effettuato e alle relazioni dentro il carcere , soprattutto dove sono le uniche possibili, come per molti stranieri e a quelle con l’esterno”.
Del resto, è l’articolo 42 dell’ordinamento penitenziario a prevedere che nel disporre i trasferimenti dei detenuti si debba privilegiare il criterio di vicinanza alle famiglie e che i trasferimenti possano essere disposti per motivi di sicurezza, giustizia, studi e familiari. L’art. 83 del DPR 30 giugno 200 n. 230 (regolamento penitenziario) prevede che nel caso di trasferimenti per motivi diversi da quelli di giustizia o sicurezza si deve tenere conto delle richieste espresse dai detenuti e dagli internati.
Desi Bruno testimonia di aver ricevuto alcune segnalazioni che “riferiscono di trasferimenti non conformi a questi criteri e di drammi personali a cui sarà difficile far fronte, se non adoperandosi per un rientro nei luoghi dove alcune relazioni ‘vitali’ erano in essere. Questo si può e si deve fare”.