«La Banca che vorremmo è di tipo cooperativo ad azionariato diffuso. Tale tipo di Banca è in grado di superare il conflitto di interessi e trovare un nuovo equilibrio equo fra chi chiede e chi presta denaro, ben sapendo che è da questo equilibrio che si gioca la tenuta della Banca stessa e la sua redditività nel tempo. La Banca che vorremmo è anche innovativa nella proposta di nuovi prodotti, nell’organizzazione dei soci, nella responsabilizzazione e nel coinvolgimento dei propri dipendenti, sul principio di reciproca responsabilità. In caso contrario non possiamo lamentarci della crescita del debito pubblico che per essere sanato ha bisogno di nuove tasse. Anteporre la felicità del tasso (di interesse) al tasso di felicità delle persone significa determinare le condizioni per un aumento delle tasse».
Sono questi alcuni punti affrontati dal presidente del Centro culturale Francesco Luigi Ferrari, Gianpietro Cavazza, nell’editoriale che apre l’inchiesta sul mondo bancario a Modena pubblicata sull’ultimo numero del periodico “Note Modenesi”.
In un passaggio, il presidente del Centro Ferrari si sofferma sull’attuale crisi del settore economicofinanziario, che non ha risparmiato la provincia di Modena. «Occorre dire con chiarezza quale tipo di Banca si vuole e cosa si è disposti a fare (o a riformare) per raggiungere tale risultato». I modenesi devono indirizzare i propri risparmi nella direzione giusta, devono «sapere come vengono utilizzati, verso quali investimenti sono indirizzati e per quale motivo raggiungono quel determinato tasso di interesse» anche per «evitare un banale conflitto di interessi che si annida in ciascuno di noi, tra il risparmiatore che vuole rendimenti crescenti nel tempo e il consumatore che vuole ugualmente benefici crescenti e costi decrescenti. In caso contrario si sostengono fenomeni speculativi come, ad esempio, il caso della bolla nel settore edile».
Per Cavazza, le banche devono tornare ad investire nell’economia reale: «sostenere l’economia delle imprese, quelle profit e non profit, e quella domestica delle famiglie. In atri termini si chiede di essere più banca commerciale che di investimento. Ciò non significa non aprirsi agli investitori istituzionali internazionali. Tutt’altro. Ma a quelli però che si caratterizzano per un elevato profilo di responsabilità sociale, ambientale ed etica».
«Quanto scritto – è la conclusione del presidente del Centro Ferrari – lo abbiamo pensato anche in riferimento alla Banca Popolare dell’Emilia Romagna che è tra le poche grandi aziende la cui Direzione Generale permane a Modena. Ciò riflette una responsabilità ulteriore, oserei dire di tipo educativo, verso le altre imprese e verso le istituzioni, quale esempio di governance moderna oltre che sostenibile»