L’esecuzione delle 8 ordinanze di custodia cautelare in carcere delle 9 (uno dei destinatari è irreperibile e attivamente ricercato) emesse dal Tribunale di Bologna, consegue ad una attività investigativa promossa dalla Compagnia Carabinieri di Sassuolo, sotto la direzione ed il coordinamento della DDA di Bologna nelle persone del Procuratore Dott. Alfonso e del Sostituto dott. Cieri.L’indagine nasce nel luglio 2011 dalla denuncia di estorsione presentata alla Compagnia Carabinieri di Sassuolo da un imprenditore di origine campana, operante nel settore edile, residente in uno dei comuni del cosiddetto “comprensorio ceramico”. L’attività investigativa è stata condotta sia con metodi cosiddetti tradizionali, osservazioni e pedinamenti, sia attraverso l’utilizzo di mezzi tecnici di intercettazione.
Nel corso degli accertamenti, volti a suffragare la denuncia di estorsione sporta dall’imprenditore sassolese, si è rilevato che l’attività estorsiva attuata da due dei soggetti destinatari di ordinanza di custodia, non era diretta soltanto nei confronti del denunciante, ma portata in concorso con altri soggetti, tutti identificati e colpiti da misura restrittiva della libertà, e vedeva come vittime altre 4 persone, piccoli imprenditori o artigiani, residenti tutti nella bassa modenese, tranne uno dimorante nella provincia di Rovigo.
Gli obiettivi della compagine malavitosa sono stati scelti o per pregressa conoscenza diretta, come nel caso dell’imprenditore sassolese, ovvero apprendendo da operatori economici, con i quali i malviventi erano in rapporto di conoscenza o amicizia, che gli stessi vantavano nei confronti di altri soggetti, sempre imprenditori o artigiani, crediti che non riuscivano a riscuotere.
Per due delle estorsioni scoperte, si può dire che questi criminali abbiano agito anche all’insaputa degli stessi soggetti che potevano effettivamente vantare il credito. Il sodalizio, quindi, procacciata la notizia che un imprenditore doveva riscuotere da un terzo una certa somma di denaro, si presentava a quest’ultimo quale esattore, richiedendo il versamento nelle proprie mani delle somme dovute.
Per rendere più efficace l’azione intimidatrice, accanto alle minacce alla incolumità personale delle vittime e dei loro familiari, in talune occasioni portate esibendo armi in altre malmenando la vittima, gli estorsori proclamavano la propria appartenenza al clan camorrista dei “Casalesi”. Emerge infatti dagli atti dell’indagine che in più di un’occasione i malviventi si sono qualificati come emissari e reggenti del camorrista “Sandokan” nel Modenese, asserendo, inoltre, che parte dei soldi che richiedevano erano per i familiari degli amici in carcere a Caserta.
Le perquisizioni svolte presso i domicili dei prevenuti hanno portato all’acquisizione, agende e varia documentazione cartacea che sarà sottoposta a successivo vaglio, ed al rinvenimento nell’abitazione di uno dei destinatari dei provvedimenti di una pistola replica autentica di una Beretta 92/S, priva di tappo rosso, con 15 cartucce a salve.
In conclusione si può affermare che il suddetto sodalizio criminale nel suo complesso, si profila quale organizzazione criminale che intendeva imporre la forza di ammonimento del metodo mafioso, esibendo provenienza e appartenenza al clan dei “Casalesi” così da rendere maggiore il tenore della minaccia e maggiore la pressione alle vittime.
Agli arrestati, con precedenti specifici a carico tranne due, sono contestati, in concorso, i reati di estorsione e rapina, con l’aggravante dell’art. 7 D.L. 13 maggio 1991 n. 152., c.d. utilizzo del metodo “metodo mafioso”.