Ritengo che siano venute a mancare le condizioni per mantenere l’incarico di Amministratore delegato di Carimonte Holding.

Nei giorni scorsi, avendo espresso nelle sedi istituzionali (e sottolineo: istituzionali) dubbi e critiche sulla decisione della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena di cedere una quota cospicua delle azioni di Unicredit da essa detenute, dapprima il presidente della Fondazione stessa, Andrea Landi, in seguito il presidente della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Marco Cammelli, hanno rilasciato alla stampa dichiarazioni contenenti giudizi fortemente negativi sul mio operato. Landi ha parlato di “disallineamento”, Cammelli di “sbandate dialettiche”.

È evidente che se due esponenti tanto autorevoli di Fondazioni importanti e prestigiose delegittimano a questo modo chi sta al vertice di una loro controllata, all’Amministratore delegato non resta che prenderne atto e lasciare il proprio incarico.

Una decisione, quella di dimettermi, che viene resa più leggera da due ragioni: la prima, deriva dall’avere accettato questo incarico con spirito di servizio verso il territorio e non per privilegi o prebende legati al ruolo; la seconda è nelle motivazioni che stanno all’origine del mio dissenso.

A suo tempo accettai questo incarico pensando di poter meglio contribuire allo sviluppo del territorio e, in particolare, di potere offrire sostegno alle tante piccole e medie imprese che fanno del modenese un’area tanto importante e dotata di eccellenze in tutti i comparti.

Si scrive e si parla spesso di queste realtà produttive: di quanto siano dotate di flessibilità, vivacità, innovazione e capacità di affrontare i momenti critici anche grazie allo spirito di sacrificio degli imprenditori e dei dipendenti.

Persone che ogni giorno si rimboccano le maniche e si confrontano con i problemi concreti per dare soluzioni concrete, molto lontane da quel millieu che abbiamo visto all’opera negli ultimi anni che vive di speculazione e di scommesse finanziarie, indifferente a quale sia il destino di uomini e donne in carne e ossa, delle loro famiglie, delle loro aspettative.

Ero convinto – e lo resto – che il sistema bancario e le Fondazioni, che sull’operosità e sulla capacità di risparmio di questi territori hanno fondato le loro ricchezze avessero il dovere, particolarmente in una fase difficile com’è questa, di sostenere le imprese, di dare loro credito, di finanziare l’innovazione, di aiutarle a superare i momenti critici. Accade, invece, il contrario.

Da qui il mio dissenso verso l’operazione di cessione di quote di un Istituto bancario come Unicredit che può svolgere un ruolo importante proprio nel favorire l’accesso al credito. Rinunciare a intervenire sulle decisioni di Unicredit, pesando meno, senza neppure dire dove verranno investite le risorse acquisite dalla vendita delle azioni, è del tutto in contrasto con le necessità del nostro territorio e fa venir meno le motivazioni della mia permanenza come Amministratore delegato: ad essere disallineati con le esigenze del modenese sono altri, non io.

Infine, ringrazio tutte le persone con le quali ho avuto il piacere e l’onore di lavorare per rafforzare il benessere del territorio e dei suoi abitanti: sono certo che continueranno a farlo e auguro loro successo.

Dino Piacentini