Mercoledì 12 maggio, alle 17,30 nella Sala dello Stabat Mater dell’Archiginnasio, in Piazza Galvani 1, presentazione del volume di Francesco Guicciardini, Ricordiedizione diplomatica e critica della redazione C, a cura di Giovanni Palumbo (Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2009) Intervengono, col curatore: Gian Mario Anselmi, Pierre Jodogne, Emilio Pasquini, Tiziano Zanato.
L’edizione dei Ricordi che ora si pubblica, dopo quella fondamentale messa a punto da Raffaele Spongano nel 1951, mira a recuperare e a precisare una serie di informazioni preziose per gli studi non solo di filologia, ma anche di critica e di storia della lingua: l’edizione critica vera e propria della cosiddetta “redazione C” (quella del 1530) è preceduta nel volume dalla riproduzione fotografica del manoscritto autografo e dalla trascrizione diplomatica del testo.
L’opera è edita dalla Commissione per i testi di lingua, che, presieduta da Emilio Pasquini, con il patrocinio del Comune di Bologna, continua ancor oggi, nel solco tracciato da Giosue Carducci che a suo tempo la diresse, a salvaguardare il patrimonio della letteratura italiana pubblicandone le “Opere inedite e rare”.
I Ricordi sono oltre 400 pensieri di natura politica e morale, di varia lunghezza, composti da Francesco Guicciardini tra il 1525 e il 1530, destinati ad esser letti in famiglia e dai discendenti. In essi Guicciardini ribadisce il principio rinascimentale dell’autonomia della politica, totalmente separata dalla religione e dalla morale; sostiene che la storia è un prodotto degli uomini, non della Provvidenza, anche se la fortuna ha una parte rilevante nelle vicende umane. Gli uomini che fanno la storia sono quelli che hanno intelligenza, forza, astuzia, abilità, autorità. Il popolo non fa “storia”. La virtù che il politico deve possedere, a tale scopo, è la discrezione, che è la capacità di discernere con acume, sulla base dell’esperienza, i singoli fatti. In questo senso il Guicciardini si oppone al Machiavelli: non accetta il richiamo costante agli antichi, né apprezza lo sforzo di trarre delle leggi universali dalla storia. Il forte pessimismo intellettuale del Guicciardini si manifesta anche nella concezione dell’uomo: a suo giudizio la natura umana è fondamentalmente incline al male, almeno nel momento stesso in cui accetta di vivere in società.