Rocce, ghiaia, sabbie. L’attività estrattiva, una necessità per il territorio da gestire in modo sostenibile, è stata al centro della tre giorni del convegno europeo, che si è concluso oggi a Bologna. I lavori hanno segnato l’inizio del progetto europeo triennale “Sarma” (Sustainable aggregates resource management) che, con un budget di 2 milioni di euro, coinvolge 15 partner europei dell’area sud orientale (tra cui anche Regione Emilia-Romagna e Provincia di Parma, insieme a Slovenia, Grecia, Ungheria) e otto membri osservatori.
I servizi geologici, le università e centri di ricerca, gli enti e istituzioni pubbliche che si occupano di sviluppo e gestione delle attività di cava hanno lavorato e lavoreranno insieme per tre anni per arrivare, alla fine del progetto, alla redazione di alcune linee guida per chi legifera o si occupa della pianificazione in materia di attività estrattive. L’obiettivo è arrivare a una gestione integrata dell’attività estrattiva degli inerti (le sabbie e rocce prelevate dalle cave), resa necessaria dai costi, ma soprattutto dall’impatto ambientale di questa attività, condividendo le esperienze e le buone pratiche.
Marioluigi Bruschini, assessore alla Sicurezza territoriale, Difesa del suolo e della costa, ha ribadito “il forte impegno delle Regione per la riqualificazione delle cave, in accordo con chi estrae il materiale. Queste ‘ferite’ al paesaggio non solo vanno cicatrizzate: le cave devono essere recuperate e trasformate in opportunità. Non ci può essere attività ‘predatoria’ e basta”. Bruschini ha poi ricordato come all’interno della nuova legge sulla difesa del suolo e il riordino delle attività dei consorzi di bonifica a cui la giunta sta lavorando, in modo da presentarla all’assemblea legislativa entro la fine dell’anno, “si è deciso di inserire una parte relativa proprio all’attività di cava, sia per valorizzare il settore estrattivo, fondamentale per lo sviluppo, ma anche per garantire il recupero delle cave stesse”.
La legislazione e la pianificazione delle attività estrattive in Emilia-Romagna
L’attività estrattiva è disciplinata dalla legge regionale 18 luglio 1991 n. 17 che, attuando il principio del decentramento amministrativo, individua nelle Province il nodo centrale della pianificazione delle attività estrattive, mentre affida ai Comuni la gestione diretta e il controllo. Al centro della normativa è l’attenzione alle possibilità di recupero, fin dalla progettazione, della cava, privilegiando quello naturalistico, oltre agli usi pubblici e sociali. Il progetto di legge a cui la giunta sta lavorando, oltre a recepire gli aggiornamenti alle nuove normative in campo ambientale, dovrà ridurre i tempi tra pianificazione e realizzazione degli interventi, adeguare la durata delle autorizzazioni tenendo conto anche delle grandi realtà industriali che devono fare investimenti e aggiornare gli oneri di cava e coordinare ancora di più il decentramento delle competenze.
I numeri della cave in Emilia-Romagna
Nel 2007 sono risultate attive 298 cave. Le attività estrattive assumono importanza in Emilia-Romagna per la grande richiesta nell’ambito della attività edilizia, della realizzazione delle infrastrutture e dell’industria ceramica del comprensorio Sassuolo-Scandiano. La provincia con la più alta densità di cave è Parma, la più bassa Rimini. Forlì-Cesena ha una concentrazione di piccole cave di livello artigianale per l’estrazione e la lavorazione di pietra da taglio. Data la conformazione geomorfologica della regione e la distribuzione dei materiali estraibili, le province raggiungono teoricamente l’autosufficienza estrattiva, tranne quella di Ferrara e Rimini. Le risorse maggiormente sfruttate sono le ghiaie e le sabbie alluvionali (definiti inerti pregiati) che rappresentano quasi i 2/3 di tutto il materiale estratto dalle cave della regione. Seguono le argille per laterizi e per ceramiche.