L’Italia punta a limitare il numero di persone colpite dal virus della cosiddetta ‘influenza suina’ AH1N1 ad un “massimo di 1 o 2 milioni di soggetti”. Lo ha detto il viceministro responsabile per la Salute, Ferruccio Fazio, a margine di una riunione con i colleghi dell’Unione europea a Lussemburgo.
“Il nostro target dovrebbe essere di 1-2 milioni. Non vogliamo arrivare a dieci milioni di italiani con l’influenza”, ha spiegato Fazio. Quanto alla campagna di vaccinazione, il viceministro ha sottolineato la necessità di definire “gruppi di priorità”. Anche perché, ha aggiunto, “vaccinare tutta la popolazione sarebbe un’impresa ardua e difficile”.
“La vaccinazione ha soprattutto lo scopo di gestire meglio un eventuale problema pandemico”, ha osservato ancora Fazio ribadendo che il vaccino “monovalente e in due dosi” dovrebbe essere pronto tra la fine di ottobre e la metà di novembre.Il viceministro, che sta affrontando il problema di una “strategia comune” Ue contro il virus AH1N1 nel corso di una colazione di lavoro con i ministri europei, ha quindi spiegato che il virus comporta rischi di “mortalità molto più bassi di una normale influenza stagionale”.
Il problema, ha proseguito, è soprattutto “concettuale. In quanto si tratta di un virus molto trasmissibile che potrebbe diventare aggressivo”. “La cosa più preoccupante è che una eventuale pandemia non è prevedibile”, ha avvertito ancora il ministro.A Lussemburgo, Fazio ha anche evocato il rischio di un “riassortimento” del virus. In pratica, l’eventuale passaggio da una specie all’altra, che rischia di moltiplicare il numero dei virus.
“Un virus suino che si combina ad esempio con un virus aviario – ha spiegato Fazio – comporta un accoppiamento: escono fuori 256 forme diverse di virus. Da questo concetto si può capire la variabilità che può emergere da un riassortimento e quindi quali possibilità che tra questi ce ne possa essere anche uno altamente aggressivo”.A chi chiedeva se ci fosse il rischio di un aumento dei contagi il prossimo autunno, Fazio si è mostrato molto prudente ma per fare un esempio ha ricordato che l’influenza spagnola comparsa dal 1918 al 1929, aveva avuto un secondo picco più “aggressivo” proprio ad ottobre, dopo un primo picco nel febbraio precedente.