Gent.mi Elettori, nel concludere questa faticosa, ma entusiasmante, campagna elettorale mi rivolgo personalmente a ciascuno di voi per tentare di trarre le conclusioni del lavoro svolto e invitarvi a sostenere l’UDC domenica e lunedì prossimi.
Abbiamo giudicato negativamente la politica di questi ultimi 14 anni, assumendocene la nostra parte di responsabilità, in quanto, in nome di un bipolarismo immaturo ed inadeguato, ci siamo scontrati gli uni contro gli altri a prescindere da tutto, rifiutandoci di entrare nel merito dei problemi, senza alcuna preoccupazione per il bene del Paese che dicevamo di rappresentare: chi, come noi, ha fatto qualche tentativo per confrontarsi con l’altra parte è stato tacciato di tradimento ed inciucio.
Abbiamo invitato per mesi Veltroni e Berlusconi a dialogare sulle riforme e sulle regole del gioco, in particolare sulla legge elettorale: dopo tanto disprezzo e derisione questo dialogo era iniziato, pur tra alti e bassi. La caduta del Governo Prodi ha interrotto questo dialogo e siamo via via riprecipitati nello scontro frontale di questi ultimi giorni, identico a quello dell’ultimo decennio.
Siamo certi che occorra da subito uscire da questa spirale di odio politico, che crea le condizioni per rendere ingovernabile l’Italia, non tanto per un problema di numeri in Parlamento, ma soprattutto perché l’opposizione finisce per giocare allo sfascio e, con lo slogan “tanto peggio per il Governo oggi, tanto meglio per noi domani”, si riduce a cavalcare nell’opinione pubblica l’impopolarità dei necessari provvedimenti per rilanciare il nostro Paese.
Ecco perché l’UDC ha deciso di uscire da questo cortocircuito, per rilanciare una necessaria politica di riforme nella moderazione dei toni e degli atteggiamenti, per aiutare a pacificare un popolo che dovrà impegnarsi a fondo, insieme, per uscire dalla condizione di crisi in cui si ritrova.
Certo anche l’impossibilità, nel PD e nel PdL, di poter salvaguardare l’identità di un soggetto politico autonomo, di diretta ed esplicita ispirazione cristiana, ci ha convinti ad assumere una posizione nuova e coraggiosa, ma senz’altro non velleitaria: non ci siamo mai sottratti ad un confronto, anche aspro, in una coalizione di destra come di sinistra, a patto che non ci venga chiesta l’annessione e, quindi, l’annullamento della nostra identità e storia.
Non ci hanno poi convinto coloro che dicevano che sarebbero andati da soli, per poi trovarsi, da una parte, la Binetti e Bobba con la Bonino, Di Pietro e Veronesi, e, dall’altra, Giovanardi e Pisanu con Ciarrapico, Bossi e la Mussolini: pur apprezzando alcune significative personalità, presenti nei due schieramenti, il contesto di fondo, che purtroppo domina su tutto, resta quello descritto.
Veltroni è stato probabilmente bravo nel tentativo di far dimenticare Prodi, ma un po’ di memoria è senz’altro rimasta a ciascuno di noi: sotto il vestito nuovo è sempre la solita sinistra, statalista e corporativa, troppo spesso ancora succube del sindacato di riferimento, incapace di governare il cambiamento in atto con azioni efficaci ma a volte impopolari.
Per altro non ci può convincere Berlusconi, è troppo rischioso, e senza prospettive future, concentrare nelle capacità di un solo uomo la risposta ai problemi che abbiamo di fronte. “Per fortuna che Silvio c’è” è forse la forza ma senz’altro la debolezza di tutto lo schieramento, legato mani e piedi alle sorti di un uomo a cui l’Italia deve senz’altro molto, ma che non riesce a prospettare un progetto che non inizi e si concluda con se stesso.