La ricchezza del nostro territorio, così come l’identità e le tradizioni culturali e sociali reggiane prendono origine e forza da quella che per secoli, e fino a pochi decenni fa, è stata la vocazione principale della zona: il territorio agricolo. Obiettivo primario della Amministrazione comunale è la salvaguardia e valorizzazione del paesaggio: una configurazione complessa, diversamente caratterizzata, che esprime la sintesi tra elementi naturali e processo di trasformazione operato nei secoli dall’uomo.


Oggi il paesaggio è recepito come risorsa limitata ed indispensabile per lo sviluppo del territorio interessato, portatore di valori e interessi economici, turistici, di tutela ambientale e di qualità dell’abitare. Il patrimonio architettonico rurale costituisce un mosaico di tipologie, espressione di questo paesaggio. Le funzioni ad esse legate rischiano di essere sempre più marginalizzate, inadatte a rispondere ai moderni sistemi di produzione agricola e di conseguenza in progressiva e sempre più accentuata dismissione.

Il patrimonio in cifre. Per questo il Piano strutturale comunale (Psc) introduce nuove forme e nuove regole nella gestione di questo patrimonio – presentate di recente dall’assessore all’Urbanistica Ugo Ferrari e dalla dirigente Maria Sergio a enti tecnici e operatori economici nella Conferenza di pianificazione dedicata al tema – al fine di salvaguardarne i tratti che ancora caratterizzano il paesaggio extraurbano, su cui insistono 783 beni e complessi architettonici classificati come rurali, sul territorio comunale. Di questi 98 edifici – tra i quali anche architetture di certo rilievo – sono stati demoliti ed altri 226 rischiano di andare perduti causa l’abbandono, la scarsa o nulla manutenzione.
I beni di interesse storico architettonico e testimoniale complessivi (nel territorio rurale e nell’ambito urbano) che vengono in varie forme tutelati e valorizzati nel Psc ammontano a oltre 1.200 casi, mentre nella precedente programmazione, fino ad oggi, sono circa 300.
Risparmio del suolo. Si dispone quindi di un patrimonio di particolare rilievo non solo come testimonianza dei nostri caratteri identitari ma anche come volume edificato che può certamente concorrere a soddisfare in parte la domanda abitativa operando sull’esistente e senza nuove compromissioni di territorio.
Il Psc interviene cercando di invertire una tendenza che si è consolidata negli ultimi anni, un trend caratterizzato, più che da interventi votati al recupero storico del patrimonio agricolo dismesso, da riqualificazioni poco rispettose dei tratti originari degli edifici rurali e che, per ragioni speculative, hanno comportato abbattimenti, ampliamenti e forti ed improprie concentrazioni abitative.
Presidio del territorio e produzioni d’eccellenza. E’ altrettanto opportuno rivolgere attenzione ai fabbricati e complessi rurali ancora connessi alle aziende agricole. Una realtà di grande importanza per il presidio del territorio, con produzioni di eccellenza, portatori di capacità di innovazione, che deve essere salvaguardata nell’esercizio delle proprie attività, ma che deve essere chiamata ad uno sforzo di riqualificazione dei propri manufatti e strutture concorrendo a rafforzare i processi di tutela e qualità del paesaggio rurale.
Funzioni e tutela. L’indirizzo del nuovo Piano è di non incrementare il numero di unità immobiliari (fatte salve le esigenze abitative dell’impresa agricola) di non ampliare le volumetrie se non per reali esigenze delle aziende agricole.
– Il recupero degli edifici considerati beni di interesse storico-architettonico dovrà avvenire attraverso forme di restauro e conservazione evitando la demolizione e l’alterazione tipologica dei beni stessi. Qualora non vi siano più le condizioni per il recupero si prevede di intervenire nei casi di reali esigenze dell’impresa agricola.
– Nel caso di edifici rurali che non sono di interresse culturale, come capannoni o magazzini agricoli e le stalle di epoca recente, non si prevedono azioni di recupero se non per le funzioni alle quali sono stati originariamente destinati. Viceversa ne viene incentivata la demolizione.
Siepi e recinzioni. Stop anche a chiusure e frazionamenti delle aree esterne agli edifici con siepi e recinzioni non coerenti con il contesto intorno e via libera invece al recupero delle corti e alla loro valorizzazione in quanto spazio aperto unitario e patrimonio inconfondibile del paesaggio rurale.
Didattica e ricreazione. Il Psc favorirà inoltre il recupero, soprattutto per quanto riguarda il territorio a sud della città, del patrimonio rurale per utilizzi a vocazione ambientale, didattica e ricreativa, come agriturismi, fattorie didattiche, pubblici esercizi, parchi ricreativi pubblici e privati per attività all’aperto quali equitazione, pesca sportiva, attività ricreative e sportive in genere all’aria aperta, purché con necessitino di interventi di estesa artificializzazione del territorio.
Significato delle scelte. “Il recupero e il riuso degli edifici rurali – dice l’assessore Ugo Ferrari – costituisce di per sé un fenomeno positivo, perché fa sì che il patrimonio edilizio di interesse culturale e paesaggistico venga sottratto ad un destino di abbandono e degrado. È tuttavia necessario introdurre nuovi criteri che orientino le operazioni di recupero e ne contrastino alcuni effetti negativi, che si sono verificati in questi ultimi decenni. Penso all’utilizzo ‘intensivo’ delle volumetrie rurali da parte delle imprese, che frazionano gli stabili per realizzare un alto numero di piccoli alloggi, contribuendo così a sovraccaricare urbanisticamente il territorio e reti stradali concepite per mezzi agricoli. Spesso questi interventi comportano lo stravolgimento delle tipologie originarie, la frammentazione dello spazio originariamente aperto e unitario della corte”.
“La tendenza a creare residenze fuori da nuclei già urbanizzati – conclude Ferrari – determina inoltre un elevato consumo di territorio con ricadute negative per l’ambiente, la mobilità, il trasporto pubblico e le fognature in primo luogo”.