Tac, C14 e altro. Le analisi sulla mummia modenese hanno consentito di riconoscere sesso, età e datazione del piccolo corpo imbalsamato: si tratta di un bambino, un maschio di tre anni vissuto in Epoca Romana, fra I e II secolo d.C.. È intorno alla diagnostica e al restauro della piccola mummia che si articola “Storie d’Egitto”, progetto scientifico che parte dalle analisi più avanzate sui reperti che ne fanno parte per riscoprire la raccolta egiziana dei Musei civici con una mostra dal 16 febbraio. E il pubblico potrà assistere al restauro della mummia ai Musei da martedì 5 a venerdì 8 febbraio, e sabato e domenica 9 e 10 alla presentazione dei risultati al Teatro anatomico restaurato. Il progetto di diagnostica e restauro dei reperti della raccolta è stato curato da Daniela Picchi, responsabile sezione egiziana del Museo civico archeologico di Bologna.

La collezione egiziana dei Musei civici, consistente in un’ottantina di reperti, si costituisce alla fine dell’800, negli anni successivi alla fondazione del Museo. La storia della formazione della raccolta rappresenta un’interessante chiave di lettura museografica dell’epoca e delle modalità di acquisizione dei reperti attraverso acquisti, donazioni e scambi. Dalla frammentarietà delle acquisizioni emerge tuttavia che i direttori del Museo succedutisi nel XIX secolo non perseguirono convintamente l’idea di creare una sezione di egittologia.

Le prime donazioni, da parte di cittadini modenesi tra cui lo stesso fondatore e primo direttore Carlo Boni, risalgono al 1875. Fra gli altri donatori figurano modenesi illustri che contribuiscono in modo rilevante alla formazione di raccolte del Museo, come il Marchese Giuseppe Campori e l’astronomo Pietro Tacchini, il quale, recatosi in Egitto nel 1882 per osservare un’eclissi di sole, ricevette in dono una testa di mummia e tre piccoli coccodrilli imbalsamati che inviò poi al Museo di Modena. Dagli Atti del Museo risulta inoltre che Boni, attorno al 1880, aveva trattato l’acquisizione di alcuni oggetti con un noto mercante e antiquario francese, Charles Le Beuf. Nell’elenco di antichità offerte dal Le Beuf sono presenti, accanto a materiali etnologici e archeologici, reperti che in parte si riveleranno falsi.

La mummia e le altre parti umane (arti e teste) provengono dalla Regia Università di Modena, tuttavia la presenza di parte di questi reperti è accertata in città fin dal 1669, anno in cui risultano negli elenchi della “Ducal Galleria Estense”, a testimoniare che ben prima della formazione del Museo civico l’interesse collezionistico dei duchi d’Este comprese anche le antichità egiziane. La mummia di bambino, in particolare, attestata negli elenchi del 1751, compare insieme a “un corpo imbalsamato; dicesi d’una regina d’Egitto”, della quale, al momento non vi è alcuna traccia. Dopo gli ultimi doni degli eredi di Pietro Tacchini, nel 1906, la raccolta non è più incrementata

I reperti, distribuiti su un ampio arco cronologico, appartengono a categorie diverse, riconducibili alla regalità, al rituale funerario e alla devozionalità templare.

La collezione conta statuette “ushabti” di Nuovo Regno (XVIII-XX dinastia, 1539-1070 a.C) ed Epoca Tarda (XXVI-XXX dinastia, 664-332 a.C.), sei vasi canopi, tra cui un set a nome di Horsiesi (Epoca tarda), amuleti, bronzetti, terracotte. Di grande interesse, un grande scarabeo commemorativo del sovrano Amenhotep III (Nuovo regno, XVIII dinastia, 1388-1351 a.C.), che celebra la sposa Ty. Presenti, inoltre, una mummia egiziana di bambino con cartonnage e sarcofago antropoide moderni, alcune teste e arti umani, oltre a tre piccoli coccodrilli imbalsamati e ad alcune bende di lino provenienti dalle mummie reali scoperte a Deir el-Bahari nel 1881.

L’inaugurazione della mostra il 16 febbraio ai Musei civici sarà preceduta dal 5 all’8febbraio dal restauro della mummia eseguito da Cinzia Oliva, fra i massimi esperti italiani nel restauro di tessuti archeologici e mummie egiziane, davanti al pubblico ai Musei Civici, mentre nel weekend (9 e 10 febbraio) verranno presentati metodologie e risultati dell’intervento nel settecentesco Teatro Anatomico di via Berengario, in collaborazione col Polo Museale dell’Università UniMoRE.

La mostra, nel grande salone dell’Archeologia al terzo piano del Palazzo dei Musei, si caratterizzerà per un forte richiamo all’esposizione ottocentesca, inserito in un contesto contemporaneo con apparati multimediali. Per consentire a più scuole di fruire di mostra e percorso didattico, l’esposizione prosegue fino al 7 giugno 2020.

Il dialogo con il pubblico più giovane sarà garantito anche dal progetto social Instagram #mummiamo per aggregare immagini e contenuti legati all’immaginario collettivo sulla mummia, dai fumetti, alla cinematografia, alla letteratura.

In occasione del festivalfilosofia 2019, dedicato al tema “persona”, verrà restituita un’identità alla mummia con le nuove tecnologie digitali presentandone la ricostruzione del volto, effettuata dal noto designer 3D brasiliano Cicero Moraes, in collaborazione con il paleopatologo Francesco Galassi.

In autunno, tra le iniziative collegate, si svolgerà una rassegna cinematografica a tema, alla Sala Truffaut in collaborazione con Circuito Cinema. La mostra si visita gratuitamente fino al 7 giugno 2020. Info online (www.museicivici.modena.it).

Analisi diagnostiche, mummia e reperti

Il progetto “Storie d’Egitto”, con la mostra che inaugura sabato 16 febbraio a Palazzo dei Musei, coniuga discipline umanistiche e scientifiche, e prevede lo studio collezionistico e storico-archeologico, oltre un articolato programma di diagnostica e manutenzione conservativa dell’intero nucleo di antichità egiziane, nel rispetto del Codice etico Icom (International Council of Museums). Questo, in merito alla cura delle collezioni, prescrive che siano disponibili e trasmesse alle generazioni future nelle migliori condizioni possibili e con una documentazione adeguata che includa “l’identificazione e la descrizione completa di ciascun oggetto, gli elementi associati, la provenienza, lo stato di conservazione, il trattamento e la collocazione attuale”. In tal senso, il protocollo seguito per il progetto verrà ripetuto nei prossimi anni per riscoprire, valorizzare e preservare altre raccolte dei Musei civici conservate nei depositi e non esposte per mancanza di spazio o per altre motivazioni.

Nel progetto “Storie d’Egitto”, curato per i Civici da Cristiana Zanasi, sono stati coinvolti Marco Zecchi, docente di Egittologia all’Università di Bologna e Daniela Picchi, responsabile sezione egiziana del Museo civico archeologico di Bologna.

A Zecchi si deve la supervisione scientifica dello studio dei reperti, affidato a due giovani ricercatori, Beatrice De Faveri e Alessandro Galli. Daniela Picchi, invece, ha curato il programma di diagnostica e manutenzione conservativa coinvolgendo specialisti del settore. L’intera collezione è stata oggetto di indagini, preliminari agli interventi di pulitura e restauro eseguiti da Cinzia Oliva (reperti organici), Renaud Bernadet (reperti archeologici), Post Scriptum (il cartonnage).

La mummia modenese di bambino (si tratta di un maschio) ha richiesto la campagna diagnostica più articolata con indagine tomografica computerizzata (Tac e RX, esami possibili grazie alla disponibilità della Struttura di Radiologia dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, che ha effettuato le indagini richieste in orari straordinari, senza limitazioni al servizio pubblico; datazione al radiocarbonio (C14) di un frammento osseo e di alcuni campioni di bende che la avvolgono, così come analisi merceologiche dei filati del bendaggio a cura di TecnArt, Tecnologia e ricerca per l’arte; studio paleopatologico e antropologico a cura di Francesco Galassi, College of Humanities, Arts and Social Sciences della Flinders University, e Elena Varotto, del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania; analisi dei pigmenti presenti nei reperti archeologici e della policromia che caratterizza il cartonnage tramite indagini multispettrali a cura di Andrea Rossi, Di-Ar-Diagnostica per immagini per i Beni Culturali; identificazione della specie legnosa utilizzata per il sarcofago antropoide a cura di Nicola Macchioni, Lorena Sozzi, Simona Lazzeri, Cnr – Ivalsa di Sesto Fiorentino; analisi entomologiche su reperti organici contenuti nel sarcofago, a cura di Stefano Vanin della School of Applied Sciences, University of Huddersfield. Le analisi diagnostiche sulla mummia hanno consentito di riconoscere sesso, età e datazione del piccolo corpo imbalsamato: si tratta di un bambino di tre anni vissuto in Epoca Romana, fra I e II secolo d.C.

Sempre grazie alla disponibilità della Struttura di Radiologia del Policlinico di Modena sono stati sottoposti a Tac e RX anche i quattro arti umani (due braccia e due gambe) e le tre teste conservate nella raccolta, che visti gli eccellenti risultati conseguiti della determinazione della mummia, verranno a loro volta campionati per eseguire le datazioni radiocarboniche.

L’Università di Modena e Reggio Emilia è stata inoltre coinvolta per le analisi chimiche e sedimentologiche sui reperti lapidei della raccolta, effettuate da Stefano Lugli, Paolo Pallante, Cesare Andrea Papazzoni e Paolo Zannini del Dipartimento di Chimica e Scienza della Terra, e per quelle botaniche a cura di Giovanna Bosi, Dipartimento di Scienze della Vita UniMoRe.