“E’ stato chiarito che i sacchetti per alimenti biodegradabili, in cui mettere frutta e verdura al momento dell’acquisto, è possibile portarli anche da casa. Il negoziante, o nei supermercati il cassiere, saranno però tenuti a controllare la conformità del sacchetto a quanto prescritto dalla legge. Una soluzione, o meglio sarebbe dire una trovata che aggiunge altri problemi ai consumatori ed agli operatori.” E’ questo quanto si sente di esprimere Daniele Mariani, presidente di FIESA-Confesercenti Modena e di Assofrutterie Nazionale, innanzi al nuovo capitolo sulla “saga” sui sacchetti bio, redatto dal Consiglio di Stato. “Roba – aggiunge – da trasformarci in controllori o meglio gendarmi della sportina…”

Opportuno un passo indietro, sull’intera questione che da mesi ormai grava sull’intero settore nazionale dell’ortofrutta, per capire come si è arrivati a questo nuovo punto. Recependo una direttiva europea il Governo Gentiloni ha reso obbligatorio dal 1 gennaio 2018 l’utilizzo di sacchetti biodegradabili per il contenimento della frutta e della verdura sfuse al momento dell’acquisto negli esercizi commerciali. Di fronte alle proteste sollevatesi soprattutto dalle associazioni dei consumatori, il Ministro dell’Ambiente Galletti aveva confermato l’obbligo di pagamento dei sacchetti da parte dei consumatori, passando poi la palla al Ministero della Salute in merito all’ipotesi di potersi portare da casa le sportine, al fine di consentire qualche risparmio. Dal Ministero della Salute venne dato parere positivo, a patto che però: non venissero in seguito riutilizzati, per “il rischio di contaminazioni batteriche”, ma buttati. “Da notare – riprende Mariani – che si parla di rischio contaminazione per prodotti che dalla campagna ai banchi di vendita vengono maneggiati in ambienti non certo asettici, in particolare da quei produttori che fanno la vendita diretta…”

Di fronte a queste perplessità sollevate dai consumatori il Ministero si è pertanto rivolto, per un parere, al Consiglio di Stato che ha emanato il suo verdetto: “Si conferma che il consumatore può utilizzare sacchetti autonomamente reperiti, purché idonei a preservare l’integrità della merce e rispondenti alle caratteristiche di legge..“Quindi stiamo parlando di sportine non necessariamente biodegradabili (dato che sono ammessi e consentiti anche i sacchetti di plastica) – aggiunge Mariani – senza contare che nel parere viene specificato “che ciascun esercizio commerciale è tenuto alla verifica dell’idoneità e della conformità alla legge”. Con responsabilità inoltre, che possono andare anche sul penale. Riteniamo sia una cosa assurda e priva di alcun senso. Il negoziante non può fare il gendarme e mettersi a controllare la sportina portata da casa dal consumatore se è sporca o contaminata da chissà cosa o peggio ancora verificarne la composizione. Non può in altri termini assumersi alcuna responsabilità in merito. Di certo c’è che si stanno caricando i punti vendita e gli operatori soprattutto di oneri e responsabilità che non sono in più grado di sostenere”, conclude il presidente di FIESA Modena.